Il Kosovo non si piega

Il Kosovo non si piega Dopo i gravi scontri di Urosevac ancora incidenti Il Kosovo non si piega Lacrimogeni per disperdere i dimostranti - A Pec serrata dei negozianti Sciopero del silenzio degli studenti -1 minatori non si presentano al lavoro NOSTRO SERVIZIO ZAGABRIA — Numerosi feriti, tra cui 11 poliziotti, e 55 persone arrestate sono il bilancio delle manifestazioni di giovedì a Urosevac, nel Kosovo, dove alcune migliaia di albanesi sono scesi nelle strade per protestare contro gli emendamenti alla Costituzione serba approvati dall'Assemblea. Presi a sassate, i poliziotti hanno usato il manganello e i lacrimogeni. Sembra che dalla folla siano partiti alcuni colpi di arma da fuoco. Ieri mattina a Urosevac sembrava ritornata la calma. Tutte le vie d'accesso alla città sono state bloccate dalle forze dell'ordine. Nelle prime ore del pomeriggio però alcune centinaia di studenti albanesi, radunatisi nel centro, hanno ripreso a manifestare. A colpi di manganello e con l'uso dei lacrimogeni, le forze dell'ordine hanno ricacciato i manifestanti verso la periferia. Negli scontri è stalo ferito un poliziotto mentre 11 persone sono state arrestate. A Pec. altra località del Kosovo, alcune centinaia di commercianti hanno chiuso per protesta ì negozi. Dopo aver sigillato le serrande, la polizia ha denunciato i proprietari. Una calma apparente è ritornata invece a Pristina, capitale delle regione autonoma del Kosovo, dove fnovedi avevano manifestato gli studenti universitari. Il loro tentativo di scendere in strada era stato immediatamente bloccato dalle forze dell'ordine. Gli studenti sono però rimasti nell'Università continuando la protesta in silenzio. Stesso comportamento hanno adottato gli studenti di numerose scuole medie. In mattinata il comitato regionale per l'Istruzione ha lanciato un appello agli studenti annunciando che contro quelli che continueranno a boicottare le lezioni verranno adottate tutte le misure previste dalla legge: dalla sospensione agli esami a fine anno. Con il silenzio hanno scioperato anche i lavoratori albanesi di numerose fabbriche, mentre molti dei mina¬ tori del complesso della Tropea continuano a non presentarsi al lavoro, anche se nei loro confronti è stata adottata la misura del cosiddetto obbligo di lavoro che tra l'altro prevede il licenziamento. Molti hanno già ricevuto l'ingiunzione di presentarsi in tribunale. Il cambiamento della Costituzione della Repubblica della Serbia è da mesi al centro della protesta degli alba- nesi del Kosovo che in esso vedono una minaccia all'autonomia della regione. Appellandosi alla Costituzione del 1974, approvata da Tito, che assicurava alle regioni del Kosovo e della Vojvodina la massima indipendenza, gli albanesi sostengono che 1 nuovi emendamenti limiteranno i loro diritti civili, impediranno loro di conservare la loro lingua e la loro cultura, relegandoli al ruolo di cittadini di second'ordine. Dal canto loro i dirigenti serbi richiedono da anni una nuova Costituzione che garantisca alla Repubblica di avere il controllo di fatto su tutto il suo territorio. Sino a ieri, per esempio, gli organi giudiziari del Kosovo erano del tutto indipendenti da quelli della Serbia. Anche la polizia del Kosovo operava autonomamente. I nuovi emendamenti fanno del serbo-croato la lingua ufficiale anche nel Kosovo, mantenendo però, in accordo con la Costituzione jugoslava, il bilinguismo nelle regioni in cui convivono diverse nazionalità. Anche se alla fine hanno approvato tutti gli emendamenti (10 voti contrari e 2 astenuti), numerosi delegati albanesi avevano protestato in particolare contro il 47° emendamento che regola la procedura per i futuri cambiamenti della Costituzione della Serbia. Esso prevede infatti che l'Assemblea della Serbia avrà tutti i poteri decisionali. Gli albanesi del Kosovo pensano che in questo modo, in un prossimo futuro, la Serbia potrà fare quello che vuole, senza tener conto della popolazione maggioritaria del Kosovo, ovvero degli stessi albanesi. Ingrìd Badurìna