Shevardnadze: referendum sulla politica estera

Shevardnadze: referendum sulla politica estera Una proposta per sottoporre a controllo popolare le decisioni politiche più importanti Shevardnadze: referendum sulla politica estera DALLA REDAZIONE DI MOSCA MOSCA — Referendum sui «problemi fondamentali" della politica estera e "audizioni aperte» per i responsabili del ministero degli Esteri che saranno eletti in Parlamento. La proposta del ministro Eduard Shevardnadze, resa nota in un'intervista alle Izvestia, rilancia il dibattito sulle decisioni politiche in epoca di trasparenza e democratizzazione. E in un momento assai delicato, alla vigilia delle elezioni di domenica che daranno il via, con la creazione del nuovo «Congresso del popolo», alla riforma politica diGorbaciov. E' soltanto una proposta, perché l'istituto del referendum ancora non esiste, ma Shevardnadze la inserisce nel panorama di un articolato «controllo» delle decisioni: «La riforma permetterà di democratizzare il processo dì approvazione delle decisioni politiche importanti. Nessuna decisione dovrà essere esclusa dall'attenzione dei deputati», dice il ministro, che non è stato inserito nella lista del partito perché le sue funzioni sono incompatibili con quelle di parlamentare. «La formazione della decisioni spetta al capo del partito e dello Stato», precisa Shevardnadze, «l'iniziativa proviene dal politbjuro e dal Segretario Generale». Ma «la diplomazia non può esistere senza uno studio serio dell'opinione pubblica. La perestrojka ha creato una situazione tale che non si può più ignorare l'opinione pubblica, che comincia a giocare un ruolo sempre più importante nelle attività dello Stato». La «consultazione popolare» dovrebbe perciò anche essere filtrata, secondo il mi¬ nistro, da «studi scientifici seri-. Sarebbe quindi il nuovo Centro per l'opinione pubblica, affidato alla sociologa Tatiana Zaskavskaia, a condurre sondaggi in questo senso. Perché, insiste il ministro, «sono viziate le decisioni quando vengono approvate in segreto, in base alle risoluzioni e alla volontà di un circolo ristretto di capi che non tengono conto dell'opinione degli esperti». Per esempio? Per esempio l'Afghanistan: «La decisione di inviare truppe in quel Paese è stata presa dietro porte chiuse da pochi leader del Paese. Allora io e altri colleghi supplenti del politbjuro fummo messi davanti al fatto compiuto. Se non ci fossero state queste violazioni dell'etica del partito e dello Stato, se il problema fosse stato esaminato con la partecipazione di esperti, sarebbe stato possibile decidere che il problema afghano non aveva una soluzione militare». Una critica diretta e robusta ai meccanismi di potere dell'era Breznev, che amplifica e rilancia il testo della nuova Costituzione approvata lo scorso ottobre, secondo la quale sarà il nuovo Parlamento a decidere l'impiego di «contingenti limitati» dell'Armata Rossa al di fuori dei confini sovietici. Come dire che un nuovo Afghanistan avrà bisogno dell'avallo del Soviet Supremo. Nella lunga intervista, Shevardnadze accenna anche a difficoltà recenti: le decisioni che prepararono l'accordo sovietlco-amerìcano sull'eliminazione dei missili a medio raggio, rivela il ministro, «non sono state subito appoggiate da tutti gli specialisti», e «anche fra la popolazione ci soI no state reticenze».

Persone citate: Breznev, Eduard Shevardnadze, Shevardnadze, Tatiana Zaskavskaia

Luoghi citati: Afghanistan