Firenze, in mostra la memoria

Firenze, in mostra la memoria INCONTRO CON OLIVER SACKS, MEDICO E SCRITTORE Firenze, in mostra la memoria FIRENZE — Per tre giorni Firenze è stata la «capitale della scienza» ospitando, nelle sale di Palazzo Vecchio, studiosi di gran nome venuti per discutere «la cultura della memoria» e presentare, collegata al convegno, la mostra dal titolo assai suggestivo «La fabbrica del pensiero», che resterà aperta al Forte di Belvedere fino al 26 giugno. Un'impresa che ha richiesto tre anni di lavoro e che ha l'ambizione di ridurre il divario fra le conoscenze scientifiche sul cervello e quel poco che tutti noi sappiamo sul suo funzionamento. Una mostra dedicata ai giovani affinché si crei quelVhumus — come ha detto Pietro Corsi, che ne è l'ideatore e il coordinatore — che, al di là del lavoro di laboratorio, è la vera molla del progresso e che rende feconda la ricerca scientifica. Per ottenere questo, si è tentato di dire in modo semplice cose estremamente complesse, in una terminologia comprensibile a tutti, partendo dalla dimostrazione dei metodi mnemonici del mondo classico e medioevale, per giungere, attraverso il perìodo di maggior splendo re dell'«Arte della memoria» legato a un sistema di classificazione del sapere di tipo enciclopedico, alla nascita dei metodi moderni di ricerca e alle conclusioni più avanzate come il «Darwin IH», uno straordinario strumento presente nelle sale del Belvedere. Tutto questo gra zie anche all'impegno dell'I stituto di Storia della Scien za e del suo direttore, Paolo Galluzzi. Se la mostra è divulgativa, il convegno che l'ha precedu ta è stato un vero e proprio torneo fra cavalieri del sape re: da un lato gli umanisti - quali l'epistemologo Paolo Rossi, la storica Lina Bolzoni, Umberto Eco in veste di semiologo — intenti a ricercare origini e legami fra segni e metodologie; dall'altro gli analisti, quali Oliver Sacks, autore di scritti su casi clinici da lui trattati, avvincenti come romanzi gialli, e teorici quali Gerald Edelman, Premio Nobel 1972 per la medicina e creatore del cosiddetto darwinismo neuronale. Proprio rincontro fra questi due uomini di scienza, il Sacks medico-letterato, uso a studiare casi individuali e anche a raccontarli, e l'austero Edelman rivolto alla teorizzazione, ha creato la scintilla che forse accenderà un nuovo fuoco e riporterà la scienza più vicina all'uomo. E' lo stesso Sacks a confermarmelo: -E' stato eccitante trovare nella teoria di Edelman la risposta alle proprie osservazioni di analista nel senso che per capire il siste- ma nervoso bisogna capire la sua individualità: non esistono specie, esistono individui'. Edelman dimostra come ogni singolo cervello sia diverso perché l'atto stesso della memorizzazione implica mutamenti nella strutturazione dei circuiti dei neuroni, e Sacks. con le sue analisi ad ammalati di encefalite letargica, e con la conseguente somministrazione di L. Dopa, una sostanza che egli definisce una sorta di «macchina del tempo», ha ottenuto la prova che l'elemento chimico fa scattare un meccanismo, ma quando questo è scattato prevale l'individuo, nel senso che ciascuno reagisce in modo diverso, essendo la chiave del funzionamento cerebrale all'interno di ciascuno di noi. Sacks ha «risvegliato» da trentennale sonno uomini e donne (il suo libro sull'argomento, pubblicato da Adelphi, s'intitola appunto Risvegli) e ha constatato che se i loro coipi erano vecchi, il loro essere era giovane «congelato» al momento dell'insorgere della malattia. Il loro, dopo la cura, era come un ritorno dal passato, carico di nostalgia: come la «Bella addormentata» della favola, rientravano in un mondo sconosciuto che non aveva alcuna relazione con la loro vita. -Senza passato, dice Sacks, non si ha presente né futuro, ma solo flash di coscienza-. Porta due esempi: quello di Franco Magnani, nato a Pontito, nelle colline pistoiesi nel 1934, e quello di Steven, un ragazzino autistico di dieci anni che vive a Londra. Franco Magnani visse l'adolescenza nel paese nativo: la guerra, la morte del padre, la fuga, il ritorno dopo l'occupazione tedesca. In seguito lasciò Pontito per non tornarvi mai più. Viaggiò per il mondo come cuoco di bordo. Approdò a San Francisco, dove adesso vive e lavora. Ma con la decisione del non-ritorno venne la crisi, mentale e fisica: sognava il paese di notte e di giorno e sentiva di poterne tracciare i contorni. Nel 1965 cominciò a dipingere la casa, la chiesa, le stradine del borgo medioevale dov'era nato. Senza averlo più visto, neppure in fotografia, riuscì ogni volta a ricostruirlo, dilatato, perché gli occhi erano quelli del bambino, fissato fuori del tempo come un De Chirico, eppur reale: frutto, dice Sacks, dell'arte della memoria, di un potere d'immaginazione messo al servizio della ricreazione dell'infanzia, che era stato l'unico momento reale della sua vita. Ora Sacks è andato a Pontito per incontrare, come lui dice, -la realtà del sogno di un uomo-. E ha trovato una Pontito uguale e diversa. La Pontito, appunto, della memoria, che non ha rapporto con la realtà ma con le emozioni del passato. Opposto il caso di Steven: un bambino che non ha interazione con gli altri, non conosce quadri né libri. Ma gli basta guardare per breve tempo un edificio e. dopo dieci minuti, lo riproduce come fosse un telefax, con l'esatto numero dei piani, anche se, come nel caso di un grattacielo di New York, sono 86, e lui non sa contarli. Steven non ha passato, non ha memoria: i suoi sono flash e per questo non ha alcun interesse per i suoi disegni. Per Magnani, invece, i quadri rappresentano la sua identità culturale. Come ha detto Paolo Rossi, l'amnesia è il vero terrore dell'uomo perché non ricordare significa perdersi. Lela Gatteschi

Luoghi citati: Adelphi, Firenze, Londra, New York, San Francisco