Così sconvolse la musicologia di Giorgio Pestelli

Così sconvolse la musicologia LA MORTE DI CARL DAHLHAUS, GRANDE STUDIOSO TEDESCO Così sconvolse la musicologia Lunedi 13 marzo, all'Ospedale Centrale di Berlino, è morto Cari Dahlhaus, uno dei massimi musicologi contemporanei, forse il più famoso, il più letto e tradotto in tutte le lingue: aveva solo sessantun anni, era da tempo ammalato ai reni, viveva sotto l'angoscia della dialisi. La sua esuberante attività, lungi dall'essere limitata dalla malattia, era ancora cresciuta negli ultimi anni; nella Festschrift che gli è stata dedicata per il suo sessantesimo compleanno, l'elenco dei suoi scrìtti occupa trentotto pagine, spaziando dal Rinascimento a oggi, ma con accento particolare su Otto e Novecento. Per l'osservatore straniero, specie dalla periferica Italia, l'apparizione di Dahlhaus ha segnato innanzi tutto il ritomo della Germania alla guida della critica e storiografia musicale; è un fatto che alla fine della seconda guerra mondiale, anche per l'esilio cui il nazismo costrinse illustri studiosi tedeschi, come Lowinski, Sachs, Alfred Einstein, Schrade, Geiringer, Wellesz e tanti altri, la musicologia parlava ormai la Ungila inglese. Dai primi Anni 70 la personalità di Dahlhaus ha riportato la leadership di questa giovane disciplina in terra tedesca: una valanga di suoi lavori sono stati tradotti in inglese, in francese e dal 1980 circa anche in italiano; ha rivitalizzato un ambiente sclerotizzato in una sistematicità formale e creato una schiera di allievi adoranti e agguerritissimi. . Nato ad Hannover nel 1928 aveva studiato musicologia a Gòltingen e Freiburg, qui allievo di Wilibald Gurlitt, uno dei grandi musicologi rimasto in Germania (ma sospeso dall'insegnamento dal ■1937 al '45); non era uomo dai binari prestabiliti, da specializzazione; e dopo la 'laurea sulle Messe di Josquin lavorò come consigliere per cinque anni al Deutsches Theater di Góttingen e dal 1960 al '62 fu anche redattore in un giornale, la Stuttgarter Zeitung; presso l'Istituto di ricerche musicali di Kiel preparò la sua abilitazione con uno studio sullo sviluppo della tonalità pubblicato nel 1966. L'anno successivo, dopo un breve passaggio all'Utiiversità ài Saarbriicken.fu nominato ordinario di Storia della musica alla Technische Universitàt di Berlino, dove insegnò fino all'ultimo. Ma bisognava stargli dietro, da Princeton ai corsi sulla musica contemporanea di Darmstadt, accanto ai Boulez, Stockhausen, Pousseur, Moderna, Nono e Berto; e oltre alla produzione saggistica ha agito con un'imponente attività di editor direttore del/'Archiv tur Musikwissenschaft richiamato a nuova vita, curatore dell'edizione crìtica delle Opere di Wagner (fulcro di una nuova considerazione del sommo compositore), dell'antologia Studi sulla musica d'mtrattenimento del XIX secolo, fondatore del Neues Handbuch der Musikwissenschaft in dodici volumi, che ricostituiva dalle basi il pilastro dallo stesso titolo curato da Ernst Bùcken negli Anni Trenta. n campo preso in considerazione da Dahlhaus è enorme e il sottotitolo del volume in suo onore L'opera musicale. Storia, Estetica, Teoria Io esprìme bene; ma la sua originalità consisteva nel fatto che quei tre settori erano costantemente intrecciati uno nell'altro. Non era cosa da poco: alla fine del secolo scorso, Philipp Spitta, in nome di un rigore scientifico impregnato di positivismo, aveva auspicato la separazione più netta fra ricerca storica e considerazione estetica. Dahlhaus sconvolse questo quadro mettendo in continua comunicazione storia, teorìa ed estetica, mostrando come un settore condizioni l'altro. Per Dahlhaus la musica è uno pseudoconcetto, che sempre va precisato come oggetto particolare, in una imprevedibile varietà di valori e funzioni, dal composi¬ tore al pubblico, dalla scienza all'artigianato. Di solito partiva dall'esame di luoghi comuni (Mussorgski dilettante, op. 33 di Haydn come ìjiìzìo dello stile classico), dalla presenza dei concetti che popolano i manuali (realismo, manierismo, classicismo, sperimentale); poi li smontava, raccontandone la genesi, indagandone il perché e il come, per rivoltare la questione ed estrarre nuovi significati. Talvolta, anche i suoi saggi più lunghi sembrano fatti di aforismi che sconcertano il lettore alla ricerca di sintesi tranquillizzanti. Tra i suoi libri più diffusi in italiano, Fondamenti di storiografia musicale (1980, Discanto), n realismo musicale e Analisi musicale e giudizio estetico (entrambi 1987, Il Mulino). Con tutta l'attrezzatura teorica e filosofica, la sua scrittura procede per illuminazioni, avanza e ritorna, rifiutando la semplificazione di fenomeni sempre complessi. Nel settore contemporaneo ha denunciato come le analisi sempre più riflettano le intenzioni del compositore dimenticando per strada l'ascoltatore; proprio da questa impostazione derivano alcune delle sue intuizioni più pregnanti, la definizione di una -drammaturgia musicale(non formulata, ma implicita nel testo) e la distinzione delle strutture temporali nel teatro d'opera tempo degli eventi I tempo degli affetti, azione scorrevole I azione frenata. Sotto l'edificio della vecchia storiografia musicale, costruito nel rapporto fra evoluzione e autori incasellati per sanzionare lo stato di fatto, Dahlhaus ha messo la dinamite; la sua scientificità è consistita nel rimettere ogni volta in discussione i prìncipi su cui si fondava il suo lavoro critico; e la sua opera sterminata resta una miniera di temi e spunti su cui molln generazioni potranno riflettere. Giorgio Pestelli

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