Biella re Mida adesso abita qui di Valeria Sacchi

Bielle, re Micia adesso abita qui Dalle filature al meccanotessile alle banche, tutto nella valle va a gonfie vele Bielle, re Micia adesso abita qui Grandi investimenti in tecnologie avanzate - «Su misura» per tutto il mondo in venti giorni - Metodi nuovi e antiche dinastie - La città si è trasformata in un grande mercato dove ogni cosa va a ruba MILANO — Nella roccaforte tra le valli, in silenzio come d'abitudine, i biellesi stanno perfezionando la seconda rivoluzione industriale degli ultimi vent'anni. A cavallo tra Sessanta e Settanta, con la crisi mondiale del tessile, Biella tenne duro nella sua vocazione laniera, puntando su una altissima specializzazione che risultò vincente, e attuando un decentramente produttivo, con largo uso di terziarizzazione. Oggi, si ripercorre la strada inversa: riacquista importanza una dimensione che consenta l'utilizzo a pieno delle tecnologie per una produzione di qualità, si torna alla verticalizzazione, a gruppi medi e grandi che producono «in casa». «72 decentramento non è più funzionale alla razionalizzazione dell'impresa' osserva Angelo Pavia, proprietario del Lanincio Belila, tradizionale produttore di maglieria intima (marca Liabel), 144 miliardi tutti sul mercato nazionale 'Oggi il meglio non è più il piccolo. Per noi la diversificazione, iniziata circa Ire anni or sono, si chiama maglieria esterna, 30 miliardi di giro d'affari con tendenza a crescere'. •E' vero» conferma Angelo Zegna: 'Una volta c'era la verticalità, poi è stata la volta del frazionamento e delle specializzazioni per sottosegmenti. Adesso stiamo ricostituendo la verticalizzazione. Negli ultimi quindici anni la Zegna ha fatto una scelta di sviluppo a valle del tessuto nell'abbigliamento da uomo. Per tappe: prima il prodotto finito con immagine stilistica, poi la distribuzione e la struttura internazionale. Ormai siamo in grado di consegnare ai clienti, in tutto il mondo, abiti su misura in venti giorni, comprese camicie e cravatte'. Nella nicchia alta del mercato uomo, Zegna è leader mondiale nei capi venduti: 250.000 all'anno, con un fatturato (depurato) di 300 miliardi, 2500 dipendenti, tre centri produttivi (Biella, Chiasso, la Spagna). Il ritomo alla verticalizzazione va di pari passo con le nuove tecnologie, come spiega Ermanno Strobino, padrone della Tinval, presidente della Cassa di Risparmio e di «Biella Spa». Dice 'Siamo nati nel 47 come tintori per conto terzi. Da due anni ci siamo verticalizzali diventando produttori di filati, perché con impianti propri la programmazione è agevolta. Questo è reso possibile da una tecnologia che consente flessibilità e richiede poca mano d'opera». La verticaliz¬ zazione, insomma, è anche figlia delle nuove macchine. Qualcuno però è rimasto fedele al ciclo integrale della tessitura laniera, come il gruppo Botto, 230 miliardi di giro d'affari, 1500 dipendenti. 'Due anni fa abbiamo comperato la Cascami Seta» spiega Giuseppe Botto: 'Era un'occasione. Ma la seta è una fibra di lusso, e si trattava di un segmento di prodotto simile alla nostra mentalità qualitativa. Un investimento di 20 miliardi che va bene. Anche questa diversificazione rientra comunque in una strategia omogenea». Nonostante esportino direttamente il 30% del loro fatturato (che sale al 50% con le quote indirette) e rappresentino oltre un terzo dell'export laniero italiano, sono ancora pochi (non più di dieci) i gruppi biellesi che producono fuori Italia. C'è Zegna naturalmente (forte in Giappone con una propria rete), e c'è Nino Cerniti che anni fa fece la scelta clamorosa di Parigi. C'è Bertand, uno dei pochissimi veramente articolati, poiché alle attività tessili (oltre l'80% dei 400 e passa miliardi di fatturato di gruppo, e un nuovo stabilimento nel North Carolina) affianca una importante attività immobiliare. Ma la componente internazionale è destinata a rafforzarsi, come conferma il direttore dell'Unione Industriali Alberto Brocca. E' di questi giorni l'accordo tra una società di Stato tunisina e la Tinval per uno stabilimento in joint-venture. Internazionale è certamente il settore meccano tessile, il secondo polo di Biella con 350 miliardi di fatturato, di cui 200 all'export, e 2500 addetti, il gruppo Roj Electrotex (macchine per l'automazione della tessitura con leadership nei preparatori di trama, 51 miliardi di fatturato, una esporazione quintuplicata in Giappone negli ultimi tre anni) sta studiando una joint-venture per macchine di accessoristica con la giapponese Kasuga. Un'altra caratteristica di Biella è che l'industria è in mano alle famiglie, si autofln anzi a e non ha bisogno della Borsa. Delle grandi dinastie locali, solo i Rivetti hanno chiuso, ma anche nel loro caso (erano il gruppo più grosso, con 5000 dipendenti) non è intervenuto lo Stato: la questione è stata risolta all'interno dell'Unione Industriali, ognuno si è assunto il salvataggio di una fetta. Di tradizione familiare anche la Banca Sella, condotta oggi da Maurizio Sella, pronipote di Quintino che, insieme alla Cassa di Risparmio, si spartisce il 65-70% del finanziamento all'economia biellese. Spiega il direttore centrale della Sella, Enzo Panico: 'Il fatto di essere a Biella ci ha facilitato nel concepire una visione moderna di banca-impresa, con i rischi connessi naturalmente'. Rischi che non sembrano comunque alti: le sofferenze dell'istituto (oltre mille miliardi di raccolta diretta, 5300 con l'indiretta, 500 miliardi di gestioni patrimoniali, 630 di impieghi) sono basse: il 3,7% sul 5-6% del sistema. Un'ultima annotazione: sulla scia del successo di Aiazzone (un caso scoppiato 10 anni fa come «un bruscolo in un occhio»), Biella è diventata un centro commerciale. Sabato e domenica arrivano folle di compratori, a Natale non si circola più, si vendono perfino i gioielli che non sono una specialità locale. Una organizzazione offre tour in pullman che abbinano percorsi turistici a tappe negli spacci lanieri. Valeria Sacchi L'industriale tessile Aldo Zegna