Una partita all'ultimo voto di Paolo Mieli

Una partita all'ultimo voto Una partita all'ultimo voto Ieri, nel giorno inaugurale del diciottesimo congresso comunista, è ricominciato il grande duello tra pei e psi. In leggero anticipo anche rispetto alle previsioni più pessimistiche. Nel decimo capitolo della sua relazione, quello che ha per titolo «I comunisti lavorano seriamente per l'unità tra socialisti e comunisti. L'obiettivo ravvicinato deve essere quello dell'alternativa». Achille Occhetto s'è rivolto a Bettino Craxi in maniera tale da provocare una brusca reazione. E anche un risentimento destinato a durare. Formalmente si è trattato di un appello, com'è detto appunto nel titolo, «unitario». Il pei, giura Occhetto, questa volta fa sul serio, si batte davvero per la ricomposizione della sinistra e non medita patteggiamenti sottobanco con la de. Peccato però, aggiunge, che i socialisti non perdano occasione per crear dissidi e divisione, abbiano comportamenti incerti e contraddittori, restino avviluppati in un groviglio di recriminazioni e ritorsioni, siano innervositi dalla gelosia per il rapporto tra Occhetto e Gorbaciov, stiano edificando con Arnaldo Forlani la loro vera «casa comu ne», vogliano annettersi tut to il resto della sinistra e at tentino all'autonomia del pei. Se si aggiunge che tutti questi rimbrotti (e anche qualche altro) sono stati accolti con entusiastici applausi da una platea non altrettanto pronta a batter le mani per quei, pochi, passaggi che contenevano qualche riconoscimento per Craxi, si può avere una miglior percezione del clima in cui è caduto l'appello unitario di cui sopra. Si dirà che Occhetto era in qualche modo obbligato a pronunciare quelle parole d'orgoglio. E anche le altre in cui ha difeso, senza concessione alcuna, passato e nome del suo partito, con espliciti richiami alla stagione di Enrico Berlinguer. Era costretto perche, a tre mesi dalle elezioni europee, dove va ad ogni costo motivare rinfrancare, quasi eccitare la base comunista per essere ben sicuro di averla distolta dalla crisi di sfiducia che nel giro di un quadriennio (tra il 1984 e il 1988) ha provocato l'allontanamento dal partito di circa un terzo degli elettori. Si dirà anche che era legittimo e prevedibile che Oc¬ chetto, al suo debutto nei panni di segretario ad un congresso del pei, cercasse un'investitura per acclamazione. E che a tal fine, parlando del psi così come in altri passaggi del suo discorso, chiamasse gli applausi difendendo con voce vibrante i contenuti del «nuovo corso» ed esortando i suoi ad esser fieri dell'identità ritrovata. Ma era altrettanto prevedibile che tutto ciò avrebbe provocato le ire di Craxi. Tanto più che, dopo aver proclamato il proprio come unico partito autenticamente alternativista, Occhetto ha rivolto al segretario socialista una sfida personale che Craxi ha immediatamente raccolto: ci conteremo alle prossime elezioni e allora si vedrà chi di noi due è nel giusto. Parole che significano soltanto una cosa: Occhetto pensa di ottenere, nelle prossime elezioni di giugno, quantomeno un risultato a metà strada tra quello del 1984, il 33,4 per cento, e quello delle ultime politiche, il 26,6 del 1987. Ritiene cioè di poter iniziare la risalita ri¬ spetto al «colpo severo» di due anni fa, quando il pei fu scosso da un terremoto per molti versi imprevisto. Craxi è altrettanto sicuro di veder crescere il proprio partito fino alle soglie del 20 per cento, giovandosi di una nuova emorragia di voti comunisti. E pensa altresì che questo flusso elettorale da una casa della sinistra all'altra abbia a ripetersi nei due successivi turni elettorali: le amministrative del '90 e le politiche. Tutto ciò non è importante sotto il profilo delle previsioni. Ma sotto quello delle intenzioni. In realtà, sfidandosi l'un l'altro, i due segretari hanno solo parlato apertamente di questa contesa. Ma anche il fatto di averne parlato pubblicamente e in modo così duro non è senza significato. Altro che riunificazione da realizzarsi di qui al 1992! Adesso è chiaro anche per il militante più periferico d'entrambi i partiti a che cosa dovranno esser dedicati i prossimi tre anni: a una guerra senza quartiere per rubarsi voti e contendersi la guida dell'alternativa. Poi si vedrà. Paolo Mieli