Riecco Galgani (e la guerra)

Riecco Galgani (e la guerra) Quasi scontata reiezione del presidente uscente Riecco Galgani (e la guerra) Pescante lascia l'incarico di commissario dopo fa capo a Pietrangeli, non si dà per vinta e aver redatto il nuovo statuto - L'opposizione, che minaccia ricorsi sulla validità delle votazioni TENNIS \LNO STBO INVIATO MONTECATINI — Tempo di elezioni federali nell'ambito dello sport italiano travagliato da mille problemi, n tennis oggi esce dalla gestione commissariale del segretario del Coni, Mario Pescante, e torna ad un effettivo consiglio, secondo i nuovi termini statutari approntati proprio durante questo periodo di transizione, per porre un freno a vecchie e anacronistiche norme, ora eliminate in parte. Mario Pescante ha cercato di pacificare le virulente diatribe fra le due cordate per la presidenza, ma senza successo. Così oggi difficilmente il successo sfuggirà a quella dei dirigenti uscenti, legati da una sorta di patto d'onore e di amicizia, nel nome della continuità con Paolo Galgani responsabile ormai dal 1976. L'opposizione che ha cercato sino all'ultimo di evitare le elezioni, e che già minaccia ricorsi sulla validità di queste in programma oggi, fa capo nominalmente al prestigio di Nicola Pietrangeli ma unisce in cordata una serie di personaggi che poco hanno a che spartire fra di loro, da industriali di calibro come Patrucco e Mal gara a dirìgenti di piccolo cabotaggio federa¬ le come Sergio Rossi, Tutte, pedine usate dal «Richelieu» Paolo Francia, giornalista bolognese, direttore de n Piccolo di Trieste, che divide la passione per il tennis (è stato a lungo vice-presidente di Galgani prima di rompere clamorosamente) con quella per 11 basket (è presidente della Knorr) e il tifo per il Torino-calcio. Ma il vero problema del tennis più che nella sconcertante lotta per il potere, è rappresentato dalla stragrande forza elettorale dei comitati regionali, espressione dei piccoli circoli, nei confronti dell'attività di vertice: Inevitabile lo scontro fra gli interessi di chi bada all'attività agonistica di primo piano, alla creazione del tanto atteso campione, all'uniformità dell'insegnamento, alla necessità di portare i giovani al tennis per farne dei giocatori e quelli quasi esclusivamente speculativi che hanno la maggior parte dei club. Tutto questo in attesa che lo sport italiano si tolga definitivamente dal parastato. Fare il dirigente federale non deve essere un lusso da rie chi, ma una professione a tempo pieno con adeguato stipendio, senza falsi morali smi. Rino Cacioppo

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