Una corsa con il marchio «Doc»
Una corsa con il marchio «Doc » Una corsa con il marchio «Doc » Così per sport di G. P. Ormezzano L'anno scorso il Fondriest ingenuo battuto dal Fignon astuto sul traguardo della Milano-Sanremo aveva creato, in Italia almeno, una certa sensazione. Abituati a essere sempre i più furbi, e più che mai nello sport, ci eravamo come crogiolati nella scoperta di poter anche essere sciocchini. Per la verità sul momento si era temuto che il francese fosse tornato grande, e che dunque il nostro Fondriest fosse stato molto semplicemente sconfitto da uno più forte, sema errori di tattica o di cambio di velocità. Il seguito della stagione però ci aveva come confortati: Fignon non era di nuovo il grande Fignon, dunque a Sanremo su Fondriest aveva vinto anche per l'aiuto datogli dal-giovinotto ingenuo. E quando Fondriest, con un po'di fortuna, era diventalo campione del mondo, avevamo pensato che molto semplicemente potesse trattarsi di una restituzione, e con gli interessi, di qualcosa toltogli più di cinque mesi prima. Per dire di come e quanto la Milano-Sanremo è importante. Ha una luce che dura, serve per avviare altri discorsi senza chiudere il suo. Condiziona molto, statisticamente e non solo, la stagione. E' sempre evocabile, sovente evocata. E' continuamente citata. Tatua chi l'ha vinta, ed anche chi l'ha perduta in un cerio modo: unica corsa ciclistica, forse, dove arrivare secondo conti qualcosa. E' enormemente seguita anche dalla gente che non sa di ciclismo: c'è chi, interessandosi alla Sanremo, si mette a posto la coscienza, nei riguardi della bicicletta, per tutto l'anno. Il giornalista ormai deve specificare che va al Oiro d'Italia ciclistico, perché ce n'è anche uno automobilistico, uno aereo, uno dei cantanti, uno delle indossatrici, uno dei venditqri di callifughi. Se dice che va alla Sanremo anche il suo pizzicagnolo capisce. Il rischio è che, pagando questo tributo di attenzione al ciclismo, si pensi di avere esaurito una specie di dovere. Si dice che un certo tipo di fascino classico è immortale, nello sport. Mica vero. Si pensi a cosa era il Kandahar per il mondo dello sci, con quel distintivo di diamante dato a chi aveva vinto cinque volte: in pochissimo tempo la Coppa del Mondo lo ha spazzato via. Abbiamo persino una certa curiosità dì sapere cosa potrebbe spegnere la Sanremo. Esiste, ma nessuno va a cercarlo, quasi fosse un mostro da non svegliare. I ciclofili poi temono che possa trattarsi di un mostro non ciclistico, un mostro di altro sport: la Coppa del Mondo ha spento il Kandahar, adesso gara per cittadini, ma ha pur sempre proposto altro sci. Il ciclismo teme che i suoi spazi spariscano, non che vengano occupati da altro ciclismo. Forse ci vorrebbe una proclamazione di sponsor a vita, per la Sanremo: potrebbe essere la stessa città ligure. A Roubaix la corsa è stata praticamente ceduta ad una grande organizzazione di vendite per corrispondenza, è diventata una specie dì fondazione. Il giorno che, per motivi di automobilismo trionfante o di ciclismo morente la Sanremo del ciclismo non ci fosse più, riusciremmo (riusciremo?) a essere persino più tristi del giorno in cui sparisse, di Sanremo, il festival.
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