Le portatrici di unghie infinite di Furio Colombo

Le portatrici di unghie infinite L'ULTIMA FOLLIA DELLA MODA SPONTANEA IN AMERICA Le portatrici di unghie infinite Sono unghie colorate, scolpite, applicate con una colla che resiste anni • Sopravanzano di due, tre centimetri i polpastrelli e impediscono alle dita lavori normali - Alle Olimpiadi di Seul le esibiva l'atleta Florence Griffith Joyner • Sono diventate un fenomeno che si estende con furore tra donne bianche e nere ■ «Forse è come il tatuaggio in certi gruppi, per gli uomini: un segno d'identità destinato a lasciare un segno nella vita» NEW YORK — Un giorno a Los Angeles ho avuto bisogno di un ufficio postale. E' uno dei servizi efficienti però ormai sconosciuti alla maggior parte degli americani. Funziona bene, la posta arriva in tempo e non vedi mai nessuno. Poiché i francobolli lì vende anche il giornalaio, raramente c'è bisogno di mettersi in coda davanti a uno sportello. Quel giorno il servizio era lento, e quando è arrivato il mio turno ho capito perché. L'impiegata non era in grado di staccare ì francobolli con le sue mani. Ascoltava la richiesta, diceva la somma da pagare, che portava dalla sua parte con il palmo della mano. E poi, col dorso dell'altra mano, spingeva avanti il foglio perforato dal quale ciascuno doveva staccare per conto suo i francobolli desiderati. Non era una questione di handicap. Era una strana e sorprendente questione di moda. L'impiegata (ben pettinata, con una sua aria sicura, il grembiule rosa dell'uniforme appena appoggiato sopra un pullover firmato), aveva alle dita di ciascuna mano unghie lunghissime, colorate, contorte, scolpite, unghie che non esistono in natura e che a lei sono state applicate, dopo che le avrà scelte in un catalogo, con un collante che resiste per anni. Quelle unghie (nel mio caso erano rosa, con ricami neri e dorati e due sbalzi di 'scultura' che le appesantivano verso la punta finissima) sopravanzano di due, tre centimetri il polpastrello, e dunque impediscono alle dita di aderire a una superficie. Per questo non poteva lavorare sui francobolli. Avrei voluto domandarle come fa a vestirsi, come fa ad afferrare un panino, come fa a sopportare il disagio di un corpo estraneo applicato alia mano che sì impiglia in ogni oggetto a tessuto, deviando i gesti (penso soprattutto a quelli istintivi) e le intenzioni. Non è il caso, in un ufficio postale. Ma lo stupore resta. Tanto più che questa storia delle unghie, benché sia misteriosa, non è isolata. 1 lettori ricorderanno le Olimpiadi di Seul e le immagini di trionfo di Florence Griffith Joyner. La favolosa atleta si avvicinava alla telecamera e dovevi per forza notare qualcosa di insolito nelle sue inani. Da vicino l'immagine era chiarissimaunghie lunghe, scolpite, colorate (in giallo, nel caso della Griffith) che rendono la mano inagibile. La mano di un'atleta, possibile? Uso, per questa pagina, una recente fotografia che mostra in modo chiaro di che cosa sto parlando. Perché ne parlo? Perché questo fenomeno esplode in America, un Paese votato alla praticità e a tutto ciò che rende la vita facile e spedita, un Paese in cui le donne che lavorano, anche le executives, vanno in ufficio con le scarpe da tennis, gli impiegati con le scarpe da jogging, e l'addetta delle pulizie che compare verso le sette di sera in ufficio ha già i capelli in ordine e il vestitino buono sotto la tuta, in modo da poter andare a pranzo in un posto decente subito dopo il lavoro. Le civiltà aristocratiche basate sul privilegio hanno spesso usato il rituale delle unghie lunghissime, per indicare l'estraneità di qualcuno ad ogni attività pratica e di lavoro. Per questa ragione l'unghia impraticabile era di rigore peri mandarini cinesi (che non compivano alcun gesto utile per tutta la vita, ogni cosa era demandata a varie gerarchie di servi). Ma mai per le donne, per le quali evidentemente si immaginava un più stretto rapporto con le cose di tutti i giorni. A Seul avevo notato che non solo la Griffith, ma anche l'altra Joyner, la altrettanto prodigiosa cognata, portava e mostrava con orgoglio lo stesso tipo di unghie. E molti ricordano la notizia della sua esclusione dalla staffetta femminile. Oli organizzatori hanno ritenuto che sarebbe stato un pericolo per gli altri corridori... Ma i figli, le persone care, o un cane, un gatto, il bambina di un altro, come lo tocchi? E chi accudisce, nell'America contemporanea, alla vita delle due Joyner? Eppure quella che sembra¬ vssrotcpm va una stranezza d'artista è subito apparsa una moda destinata a estendersi con furore. Per esempio all'uscita di ogni aeroporto ci sono agenti (quasi sempre donne) incaricate di controllare che i passeggeri non se ne vadano col bagaglio di un altro. Tu mostri il tuo scontrino e lei controlla sulla valigia. Ma sempre più spesso la piccola operazione non può essere eseguita direttamente da chi controlla. Con le unghie scolpite di un violento verde smeraldo o di un arancione che può essere visto di notte sull'autostrada, lei ti indica quello che devi fare, constata e saluta. Ho detto che è una moda che divampa, ma come, fra chi? C'è una questione di gruppo etnico, di classe sociale? Benché molte portatrici di unghie infinite, con cui sono venuto a contatto, fossero nere, ho dovuto scartare l'ipotesi del gruppo etnico. Molte altre donne nere non mostrano di subire alcun fascino per questa moda, e molte signore bianche sì sono abbandonate a questo nuovo e strano uso dell'unghia lunga, eh" impedisce ogni gesto utile. Le due cognate Joyner, che vivono in belle case, con belle automobili, e mettono insieme più di un milione di dollari ciascuna l'anno solo con i proventi della pubblicità, ci dicono che non si tratta del cattivo gusto di ceti sociali isolati. Un'atleta, anche prima di diventare celebre, vive in un solido mondo intermedio, che non ha troppi ornamenti ma neppure disagi, dove tutto è pratico, bene organizzato e uguale per tutti, ad un livello piuttosto alto. E'la vita delle case semplici, con la cucina grande, il bar ci centro, divani bassi per gli amici, grandi televisori e videoregistratore accalori, i bambini che fanno.tutto da ■sé, ma in belle camere col proprio bagno... Le unghie di dimensioni e di colori incredibili sono nate qui. Non c'entrano i media (non ho mai visto una mano come quella della Griffith Joyner e dei suoi milioni di colleghe americane in televisione), non c'entrano giornali e riviste. Sulle unghie impossibili non ho trovato fino- ra neppure un articolo o una rubrìca. Però ci sono i negozi. «Nails», c'è scritto grande, al neon, e non solo in periferìa, ma anche vicino ai palazzi degli uffici, davanti al grande magazzino Bloomingdale's, sacrario delle donne eleganti d'America, persino in Park Avenue. In vetrina non c'è nulla, o il vetro opaco o un gran vaso di fiorì. Chi ci va evidentemente sa benissimo quello che fa. Non ci sono immagini o manifesti, o la solita fotografia invitante, come dai parrucchieri. La signora in camice bianco che sta dietro al banco (ma senza quel tipo di unghie, che altrimenti le impe¬ direbbero di essere utile) non ha niente da spiegare. Dice, sema espressione, che è un negozio come tutti gli altri. «Che cosa vendiamo? Vendiamo unghie. Unghie per le signore». E resta ferma, irritata non dalla domanda, ma dalla sua inutilità, come chiedere a un cameriere che cosa si fa in un bar. Cinema e teatro non hanno raccolto il fenomeno, sembrano non averlo notato. Ma se vi guardate intorno per strada il fenomeno cresce. Si tratta di una fortissima sottomoda, che dilaga fra donne che sono già abbastanza autonome per pagarsi lo strano regalo (è inimmaginabile che qualcuna dica a un uo¬ mo: «Mi regali le unghie?») e che anzi lo usano come affermazione di se stesse, come conferma di identità, un modo per dire in casa: «Queste cose, caro, te le fai da solo». E', mi pare di capire, una moda che coinvolge le donne sopra i venticinque anni (non ho mai visto adolescenti con queste unghie), probabilmente già parte di una coppia, che hanno un lavoro stabile, a prova di unghie, oppure che non hanno bisogno di un lavoro pur non essendo parte della -classe agiata" (dove non si trovano tracce della nuova usanza). L'America è un Paese (forse l'unico) in cui il dilagare spontaneo di mode che nes¬ suno ha sanzionato o proposto non è un fenomeno nuovo e anzi tende a ripetersi continuamente. Ho citato l'usanza ormai generale d'andare al lavoro con gli sneakers, un'abitudine spontanea, di massa, che cinema e tv unpo' prendono in giro, e che nessun designer ha mai proposto, anche perché si riduce il consumo delle costose scarpine col tacco. Però la moda spontanea e priva di riferimenti ufficiali non è soltanto intorno all'utile e al pratico, e in questo le unghie sono un esempio clamoroso, ma non l'unico. Lo stesso potrebbe dirsi per le T-shirt e le canottiere a rete che uomini e ragazzi indossano d'estate in mezza America, incuranti del sarcasmo del cinema, delle situation comedies, del fatto che risultino scomode in aereo o nello svolgimento di un'attività pratica (senza tasche, senza appigli). Oppure per l'insieme -camicettasciarpina» che l'intero esercito femminile americano in dosso, dalla maestra di piano alla moglie dell'ambasciatore Usa a Beirut, quando si tratta di vestire in modo formale. Nessuno ha mai incluso questo completino nel repertorio -moda; eppure è una vera e propria uniforme. Tutto però, l'utile e l'inutile, sembra segnare una voglia di contributo personale, di risposta diretta della gente che mostra di vivere in modo indipendente dalle istruzioni che i mezzi di comunicazione di massa diramano continuamente. E' una delle facce simpatiche di un Paese che si lascia guidare e orientare fino a un certo punto e che ogni tanto si impunta e impone una propria usanza. Ma le unghie, con questa nuova e incredibile caratteristica, di rendere impossibili i gesti pratici, il funzionamento quotidiano? Mi dice Bryant Gumbel, presentatore nero di un popolarissimo spettacolo della Nbc-Tv: «Forse è come il tatuaggio in certi gruppi, in certi periodi, per gli uomini; un segno di identità destinato a lasciare un segno nella vita». Per ora è l'unica risposta che sono riuscito a trovare. Furio Colombo New York. L'atleta Florence Griffith Joyner a una conferenza stampa («The New York Times»

Persone citate: Bryant Gumbel, Florence Griffith, Griffith

Luoghi citati: America, Beirut, Los Angeles, New York, Usa