Il fantasma abita ancora all'Opera di Alberto Ongaro

Il fantasma abita ancora all'Opera Rileggiamo il romanzo di Gaston Leroux che ha ispirato tanti film e un musical Il fantasma abita ancora all'Opera «A"« i bisogna compatire chi non ebbe 'modo di ascoltare Christine Daaé nel ruolo di Giulietta, chi non conobbe la sua grazia innocente, chi non provò una scossa agli accenti della sua voce angelica e non senti la propria anima volare con l'anima di lei sopra le tombe degli amanti di Verona- "Seigneur! Seigneur! Pardonnez moi"». Così Gaston Leroux nelle pagine iniziali de H Fantasma dell'Opera. Beh, noi non siamo stati così fortunati da ascoltare il canto di Christine ma abbiamo sentito parlare di lei fin dalla tenera infanzia quando, quella che allora si chiamava donna di servizio e che ora, in tempi democratici, si è guadagnata il titolo di Colf, ci raccontava, tanto per rallegrarci le serate e farci dormir tranquilli, la versione conladina del famoso romanzo che lei non avevamai letto (né visto nelle sue numerose versioni cinematografiche) ma la cui storia aveva sentito ripetere molte volte, con infinite varianti, nelle cucine o nelle stalle del suo paese durante i 'filò» delle campagne venete dove, oltre a leggende e racconti prodotti in loco o arrivati dai paesi vicini, trovavano spazio anche racconti, leggende o pure invenzioni provenienti da altrove purché fossero pieni di terrore e di abomina. Perché nel terzo decennio del secolo la storia inventa¬ ta da Gaston Leroux, avvocato giornalista scriiiore commediografo e giocatore dì azzardo, aveva girato il mondo e raggiunto i luoghi più lontani dove aveva trovato benevola accoglienza come quelle barzellette o quelle fiabe che si ritrovano in Europa come in America, in Occidente come in Oriente. Sarà forse perché ne abbiamo sentito parlare (fino a conoscerne a memoria l'intera trama con tutte le sue possibili varianti) che non abbiamo mai letto il libro e lo leggiamo ora per la prima volta con un po' di trepidazione proustiana per tutte le cose che fa tornare alla memoria ma con l'animo merio indifeso contro i brividi. Funziona ancora? Pare proprio di sì. A parte qualche arbitrio II Fantasma dell'Opera dal punto di vista del romanzo popolare è un meccanismo che non perde colpi. Forse è anche qualcosa di più. Un teatro visto come una grande cavità misteriosa piena di voci, di sussurri, Menzì, ombre, maschere, costumi, specchiere, lampadari e sotterranei, palchi, passaggi segreti, botole, soffitte, gallerìe dove si ha sempre l'impressione che possa accadere da un momento all'altro qualcosa di terrìbile e che per dì più si sa abitato da un fantasma cui gli amministratori hanno addirittura riservato un palco, non è una trovata da poco. Né sono da buttar via le ingegnose trappole che il fantasma dispone qua e là per affermare il suo dominio su quel territorio misterioso né la tragedia di cui si serve per favorire la carriera della sua protetta, appunto quella Christine Daaé del cui canto angelico Gaston Leroux parla con così commossi accenti. Ma chi è il fantasma dell'Opera? Il suo nome è Erik ed è un uomo dall'aspetto mostruoso, un musicista che non può presentarsi in pubblico per l'intollerabile bruttezza del suo volto e l'orrore che ispira la sua figura disgustosa e che finisce per vivere clandestino e con una maschera che gli copre il viso, nei sotterranei dell'Opera di Parigi, il teatro che avrebbe consacralo il suo trionfo se un aspetto meno orrendo gli avesse consentito dì affrontarne la platea. Ecco come lo descrive Gaston Leroux: 'Avete mai visto i teschi disseccati dai secoli?... Ma quei teschi erano immobili, il loro muto orrore non viveva! Immaginate, se potete, la maschera della morte che di colpo si anima, prende vita.-. Tuttavia Erik è un grande musicista e ha la più bella voce del mondo, una voce che seduce, avviluppa, incanta con il suo timbro ipnotico ed è proprio con la sola voce, sema malfarsi vedere, che riesce ad affascinare la giovane cantante Christine Daaé di cui è innamorato 'fino al delitto- e alla quale dà segrete lezioni per aiutarla ad avere quel successo che a lui è stato negato. Ma è inutile andare avanti a raccontare la trama E'nelle librerie da qualche giorno la nuova edizione della Salani, duecentosettanta pagine di brividi per ventiquattromila lire. Basterà dire che il personaggio di Erik deve qualcosa al Quasimodo disperato e innamorato che si aggira fra le guglie di Notre Dame (Nostra Signora di Parigi) e al Gwynplaine, dal viso fissato in un riso perenne, dell'Uomo che ride, entrambi di Victor Hugo, deve qualcosa insomma a tutti i mostri della letteratura, Frankenstein compreso, che, forse perché impauriscono e inteneriscono il pubblico, hanno sempre reso bene a chi li ha inventati. Era inevitabile che un personaggio come quello del fantasma dell'Opera dovesse interessare il cinema. Infatti ne sono state ricavate cinque versioni. La prima, forse la migliore, risale al 1925 ed è quella interpretata da Lon Chaney e Mary Philbin e diretta da Rupert Julian, un regista neozelandese di un certo nome, lo stesso Julian che nel 1923 aveva sostituito Erik von Stroheim nella regia- di »Merry-goround» dopo che Stroheim aveva litigato con i produttori del film. Segue nel '43 la versione di Arthur Lubin con Claude Rains nella parte del fantasma e Susanna Foster in quella di Christine. Il film ebbe un tale successo che la Universa!, la casa hollywoodiana che lo aveva prodotto, lo lasciò in circolazione per molti anni ricavandone sempre grossi incassi. Vent'anni dopo, nel '63, è Herbert Lom che si misura con il personaggio del fantasma per la regia di Terence Fischer. E nel '74 tocca a Brian De Palma riprendere in mano il vecchio romanzo e adattarlo a tempi più recenti. Ultimi arrivano la televisione, con Maximilian Schell, e il teatro: trasformato in un musical da Andrew Lloyd Webber, l'autore di 'Evita-, 'Cats», e 'Starlight Express-, il fantasma dell'Opera ha trionfato negli ultimi due anni nei palcoscenici di Londra e di New York. Nessuna indicazione sul futuro cinematografico o televisivo de II Fantasma dell'Opera, ma a giudicare dal suo passato così opulento è difficile credere che il fantasma sia arrivato al suo definitivo tramonto. Un'ultima osservazione a proposito del romanzo. Sebbene Gaslon Leroux faccia di tutto per convincere il lettore che il fantasma dell'Opera è esistito realmente, a guardarla bene, la storia ha spesso l'aria di essere raccontata con il tono enfatico, gonfio e volutamente esclamativo di chi non crede a una parola di quello che sta scrìvendo. E forse è proprio questo effetto di distacco, di lontananza fra l'autore e la materia raccontata che la rende interessante anche adesso. Il Fantasma dell'Opera offre infatti una doppia lettura. Adesso, oltre che come appetitoso thriller, lo si può anche leggere come parodia de n Fantasma dell'Opera. Alberto Ongaro Una scena dal musical «Il fantasma dell'Opera»

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