Egregio scrittore scriva lei il suo epitaffio

Egregio scrittore, scriva lei il suo epitaffio L'idea di un giornalista francese che ha messo insieme un singolare dizionario Egregio scrittore, scriva lei il suo epitaffio PARIGI — Se la stessa idea fosse venuta a qualcuno nei secoli passati, oggi avremmo a disposizione documenti di grande interesse. L'idea è quella di Jerome Garcin, giornalista di professione, che ha deciso di mettere insieme un dizionario di letteratura francese contemporanea in cui ogni scrittore redigesse la voce relativa a se stesso (Le Dictionnaire, ed. Frangois Bourin, p. 452, F. 150). E' stata la lettura di un breve testo di Michel Tournier, «Necrologio di uno scrittore' in cui egli sintetizzava la propria vicenda esistenziale e creativa e fissava la propria morte al 2022, a suggerirgli il duplice vantaggio di un'operazione del genere: avrebbe opposto al relativismo dei giudizi l'assolutezza dell'autoritratto, e insieme avrebbe fornito uno strumento di consultazione almeno tanto piacevole a leggersi quanto utile come fonte di dati. Garcin confessa di non aver osato chiedere agli scrittori schede biografiche redatte come il testo di Tournier in forma di necrologio. Gli unici imperativi erano di scrivere in terza persona, azere concici, e prenderà sul Sfr/a la richiesi!. Ma noti cw:a fatto i conti con la tendenza naturale che hanno gli scrittori a vedersi già morti nella loro ansia di immortalità; così molti, come Tournier, hanno fissato una data per il loro decesso e completato il racconto dì quello che hanno fatto finora con quello del glorioso avvenire che li separa da quel giorno. Non pochi, grazie a questo espediente, si sono autoinsigniti in un prossimo futuro del premio Goncourt finora non ricevuto: Bernard Henri-Levy. ad esempio, particolarmente scottato per l'esclusione di quest'anno. Alcuni si sono ottimisticamente visti ultracentenari (Frangois Weyergans, Claire Gallois, Jacques Duquesne), altri più numerosi hanno ritenuto giusto scomparire tra i 70 e gli 80 anni (Michel Polac, Henry Coulongp.s), qualcuno più giovane ha scelto un'età prematura intorno ai 50/55 anni (JeanJacques Brochier, che soccomberà ad una polmonite contratta cacciando la volpe in Sologne). Uno solo ha dato il proprio trapasso come già avvenuto: Frédéric Dard, il creatore dell'esportatissimo Commissario San Antonio, che afferma di essere morto nel 1983, quando un irresponsabile rapi la sua figlia più piccola (poi felicemente ritrovata). Sono comunque state molto numerose le adesioni all'iniziativa. In 250 circa hanno risposto alla richiesta di Garcin. Dei pochi rifiuti, alcuni particolarmente grossi si spiegano con una scelta di principio sempre rispettata, quella di non mettersi mai in mostra: è il caso di Beckett, Blanchot, Gracq. Mentre il rifiuto di Marguerite Duras che solitamente non lesina le proprie presenze (Garcin dice che la scrittrice ha declinato l'invito con atteggiamento sdegnoso e infastidito) è stato punito con l'unica deroga alla regola di autoscrittura del dizionario: al posto della voce che la riguarda c'è quella della cugina Marguerite Duratile, autrice tra le altre cose del romanzo Virginia Qr di cui è detto: «In questo breve ma impressionante racconto, la lingua francese Implode definitivamente». La Duratile, «contenta del suo disboscamento selvaggio della sintassi», è definita «scrittrice della noia», che ••persevera nello stile roccioso, povero e ridondante insieme, che entusiasma o esaspera». Il redattore della voce in questione nonché del romanzo Virginia Q. effettivamente uscito nell'8S con la firma di M. Duratile (ed. Balland, p. 138, F. 60), è Patrick Rambaud, il quale per conto suo si vede morto novantenne nel 2027, ma prima, nel 1992, vincitore del Goncourt con un libro su Venezia intitolato Le Llon et la I/Ier. Tra i necrologi, alcuni sono veri e propri epitaffi. Ad esempio quello di Frangoise Sagan: «Fece la sua apparizione nel 1954 con un piccolo romanzo, Bonjour Tristesse, che fu uno scandalo mondiale. La sua scomparsa, dopo una vita e un'opera tanto piacevoli quanto raffazzonate, fu uno scandalo solo per lei». O quelli di Pierre Oster: ' «Periit maturus», e Angelo Rinaldi: «E' stato sempre in casa a lavorare. E non dimentica niente di quello che non ha vissuto». Tra coloro che hanno preferito mantenersi vivi, toccante è la voce di Michel Leiris: «Un malato che si rende conto che il calmante finora efficace non serve più contro la sua sofferenza. Uno che credendo di scappare si porta dietro nella fuga il fuoco degli abiti. Un vecchio piccolo signore vestito sobriamente ma con attenzione, senza barba né baffi e con la testa rasata, che non riesce più a trovare nella scrittura un sistema per non restare pietrificato dallo sguardo della medusa che vive in lui». Succinta quella di Georges Simenon, uno dei pochi che non sono riusciti a parlare di loro stessi in terza persona e hanno usato la prima. Dice: «Non penso a me come a un grande romanziere ma come a un uomo che ha scritto molti romanzi. Quando a settant'anni mi sono accorto che non potevo più scriverne, mi sono messo a dettare 1 miei pensieri. Poi, con grande sforzo, ho scritto le mie memorie. Dopo di che non ho più né dettato né scritto. Sono andato al municipio di Losanna e al posto di "romanziere" mi sono fatto mettere sul documenti "senza professione"». Milan Kundera ha impostato la propria scheda sui soprusi politici che ha dovu-* to subire, ma l'ha conclusa dicendo: «Si considera non scrittore ma romanziere: perché in tutto quello che fa, la sola cosa di cui gli importi è il romanzo, li romanzo e niente altro». Hector Bianciottifa un omaggio all'Italia, suo paese d'origine: «Nel giugno scorso è stato fatto cittadino onorario di Cumiana, piccola città del Piemonte in cui nacque suo padre nel 1884. Questo fatto, insignificante per tutti tranne che per lui, gli ha dato una sorta di pace: l'essenziale di quello che doveva avvenire attraverso di lui è già alle sue spalle. Adesso può finalmente considerare la scrittura come un'attività gradevole, anzi forse come una forma di felicità». Claude Mauriac, figlio di Frangois, che «non ha creduto di dover rinunciare né alla vocazione perché la sentiva naturale, né al nome che portava perché era il suo», conclude la voce dicendo: «Ha fatto quello che ha potuto e non poteva fare meglio». Tahar Ben Jelloun, vero Goncourt dello scorso anno, rivela alcuni fatti aneddotici come ad esempio il tentativo di fondare un sindacato degli scrittori in lotta contro l'emicrania. Il più disinvolto è l'ispiratore del dizionario, Michel Tournier, che rispetto al primo necrologio ha anticipato la propria morte al 2000 e non ha avuto difficoltà a da¬ re una descrizione dettagliata del proprio funerale: «Un vasto e sontuoso corteo accompagnerà il feretro al Pantheon al suono dell'allegretto della settima sinfonia di Beethoven», e della propria dimora eterna: «Le sue ceneri sono deposte nel suo giardino, in una tomba scolpita che rappresenta un volto mascherato da un libro aperto». Garcin afferma di non essere intervenuto in nessun caso, né quando gli autori in preda a delirio narcisitico hanno perso il controllo (record le 10 pagine di Edmonde Charle-Roux), né quando, raramente, ai dati irrefutabili hanno aggiunto qualche coloritura fantasmagorica. La scommessa che gli pare riuscita di questo primo dizionario l'ha convinto a farne altri tre, dedicati a storici e filosofi, mondo dello spettacolo e mondo dell'arte, di prossima uscita. A coloro che hanno aderito all'iniziativa sarà forse risparmiata, in ricompensa, la spiacevole avventura capitata a Frangois Mauriac, quando Le Figaro gli chiese il coccodrillo (cioè l'articolo in morte) per uno scrittore il cui decesso era ormai imminente: consegnatolo al giornale, ritenne di dover apportare una correzione e per un disguido redazionale si trovò tra le mani non il coccodrillo che lui aveva scritto, ma quello preparato per la morte di... Frangois Mauriac. Gabriella Bosco Disegno di Stoppa Si

Luoghi citati: Cumiana, Frangois Mauriac, Italia, Parigi, Piemonte, Venezia