Ben Jelloun: il caso Rushdie fa crescere il razzismo antimusulmano

Ben Jelloun: il caso Rushdie fa crescere il razzismo antimusulmano Incontro con lo scrittore marocchino in Italia per le conferenze dell'Ari Ben Jelloun: il caso Rushdie fa crescere il razzismo antimusulmano TORINO — Tutti gli occhi sono puntati su Salman Rushdie, l'«infedele» che si è scontrato frontalmente con la religione islamica. C'è un suo collega scrittore, sempre di cultura musulmana e sensibilità e lingua europee, che critica con poesia e senza clamore 1 tabù e le miserie del suo mondo d'origine, Tahar Ben Jelloun. Molti lo ricorderanno per aver creato l'umanissimo e fantastico personaggio di Ahmed, l'uomo-donna dei romanzi Creatura di sabbia e Notte fatale (entrambi pubblicati da Einaudi). Lo scrittore marocchino (a Parigi dal '71) è a Torino per la conferenza all'Alfieri dei «Venerdì letterari» promossi dall'Associazione culturale italiana. Prima tappa a cui seguirà un breve tour a Firenze, Milano, Roma, Bari, n titolo del suo intervento, in questa stagione di crociate e fronteggiamentl ideologici tra Primo e Terzo mondo, non poteva essere più puntuale: «Cosa può la letteratura contro il razzismo?». — Monsieur Ben Jelloun, come risponde oggi a questa «pericolosa» domanda che lei stesso si è scelto? Seduto su un divano nel salone di un albergo, lo scrittore, nato 44 anni fa a Fès, occhi e capelli scuri, pizzo brizzolato e una camicia gialla, risponde con voce soft e affabile: «Devo precisare che questo tema l'avevo scelto quasi per caso un anno fa. Poi, con tut¬ to quello che è successo e con il fatto che scrivere è tornato a essere un atto pericoloso, mi sono accorto che avevo scelto giusto». «Ma la domanda va riformulatà così: cosa può la letteratura contro l'intolleranza e il fanatismo, politico come religioso? La mìa risposta, anche se so che può sembrare paradossale, allora è: la letteratura non può fare molto perché come mezzo non è efficace. Ma l'assenza di letteratura è ancora peggio. Purtroppo non basta descrivere su carta un atto di razzismo. Ma non se ne può fare a meno». A questo punto lo scrittore prende un foglio di carta e traccia con lentezza un nome, una data, una croce. Vuole ricordare il caso di Al Hallay, un poeta mistico del mondo arabo che nel 922 fu giustiziato con la crocifissione (e dopo tremende torture) perché aveva scritto: «Io sono la verità». «Era coraggioso e fu ucciso. Forse oggi non potrebbe essere ripubblicato. D'altronde anche Voltaire, Rousseau e il secolo dei Lumi tornano a essere d'attualità». All'Incontro è presente anche Egl Volterrani, curatore dei due romanzi di Ben Jelloun pubblicati da Einaudi. Dalla borsa estrae una copia dei Versi satanici. Ben Jelloun afferra il volume, lo nasconde sotto il divano e ride, rivolgendo al salone occhiate preoccupatissime. — Nel contenzioso Rushdie-lslam, il razzismo da che parte è? •Credo che sia Rushdie jad aver creato il razzismo, in questo caso. Ha provocato (forse involontariamente) una muraglia immensa, fatta di milioni di credenti. E' stato blasfemo e io credo abbia sbagliato in questo perché non è un atto rivoluzionario: — Quindi non lo approva... •Il risultato comunque è che ora c'è un grande aumento del razzismo antimusulmano. In Francia è avvertibile. L'altra settimana una panettiera venticinquenne ha ucciso un algerino a colpi di fucile perché voleva un croissant. Si è subito creato un comitato a favore della panettiera. Sarà difficile recuperare, ora». — I suoi romanzi in bilico tra i due mondi non le hanno mai creato problemi alla Rushdie? •Non così gravi. C'è qualche piccola protesta. Contestano il fatto che io scriva di sesso. Pochi giorni fa è uscito un articolo su un quotidiano marocchino; evidentemente voleva attaccare me. Diceva, sprezzante: se volete avere successo dovete scrivere nella lingua dei colonizzatori». DI Ben Jelloun, le romane Edizioni Lavoro hanno pubblicato recentemente Mohu il folle Molta il saggio, scritto una decina di anni fa. — Cosa significa per lei questo libro? •Mi sono accorto che tra tutti i miei lavori (sono una decina, ndr) è il più amato dalla gente del Maghreb. Se mi conoscono è soprattutto per questo, perché ho dato voce a un personaggio per loro molto importante: il folle che dice la verità. Ma è anche un pamphlet contro tutte le ingiustizie che loro hanno subito in questi anni». Contemporaneo e analogo al caso Rushdie ce n'è un altro, riguarda il Marocco e un libro che Ben Jelloun conosce perfettamente, avendolo tradotto in francese. E' Il pane nudo di Mohamed Choukri, pubblicato in Italia da Theoria. — Perché lo hanno vietato nel suo paese? •Bisogna dire che il divieto è arrivato dopo che quasi tutti l'avevano già letto. E' stato un grande successo, soprattutto tra i giovani. Alcuni docenti volevano addirittura metterlo nei programmi scola¬ stici e allora un gruppo di genitori ha cominciato a protestare ed è finita che il libro è stato messo al bando. In questo caso la condanna riguardava soprattutto le scene di sesso, omosessualità, prostituzione e l'odio manifestato nei confronti del padre. L'hanno vietato per soddisfare l'ipocrisia, che teme la descrizione di una realtà terribile più della realtà stessa». Ben Jelloun ammette che gli è difficile ambientare un romanzo in Europa. Ci sta provando da anni; vuole raccontare la storia di una bambina di undici anni che arriva a Parigi senza sapere nulla di quanto l'aspetta. Il romanzo, già pronto per essere pubblicato 11 prossimo anno («spero in una edizione contemporanea in molti Paesi, come gli scrittori importanti», scherza Ben Jelloun) riporta ancora una volta al Marocco. Con 11 suggestivo titolo Giorno di silenzio a Tangeri è la storia di un vecchio ammalato, costretto a vivere in una stanza, con il tremendo desiderio di uscire. «E' un racconto sul naufragio del tempo». — Ben Jelloun, pensa che scrivere possa avvicinare i popoli di due mondi diversi? •Sì, la letteratura, più di qualunque altra cosa, ha un potere: solo lei può offrire a tutti una parte dell'anima di un popolo». Michele Neri Ben Jelloun (Foto La Stampa - Piero Goletti)