A.A.A. Scrittori nuovi cercansi di Nico Orengo

A.A.A. Scrittori nuovi cercansi Un grande ricambio nel mondo editoriale: si apre la caccia ai talenti sconosciuti A.A.A. Scrittori nuovi cercansi MILANO. Si chiama Lara Cardella. Ha diciannove anni. A Licata, dove vive, ha letto sul mensile Cento Cose un bando di concorso lanciato dagli Oscar Mondadori per un «romanzo giovane». In due mesi ha scritto Volevo i pantaloni e l'ha spedito a Segrete, n racconto è arrivato insieme ad altri trecento, Ferruccio Parazzoli, editor degli Oscar (nello scorso anno, 310 novità, 620 ristampe, 8 milioni di copie), l'ha giudicato il migliore. Lo pubblicherà in aprile, con una prima tiratura di 20.000 copie a 12.000 lire in una nuova sezione: «Oscar Originate». La caccia all'esordiente, al nuovo scrittore, continua. Nell'88 su 120 romanzi italiani 35 sono stati di esordienti. In questo primo semestre dell'89, su 91 libri annunciati 33 sono «opere prime». E' un fenomeno dovuto in gran parte al ricambio generazionale , alla necessità di allevare nuovi narratori, ma anche alla richiesta del mercato che vuole e brucia novità. Ferruccio Parazzoli che, con il libro della Cardella prova l'esperimento dell'opera prima, direttamente in Oscar, parla di una «Paperback generation», un pubblico nuovo, nato da non più di 5 anni, che si è abituato a leggere in «economico». E non solo perché costa meno, ma perché il giovane è un lettore «forte» che legge più libri l'anno. Parazzoli sente la necessità di fornire «linee di prodotto» per «quest'altro pubblico». Giovani scrittori compresi. Forse la ricerca, l'alveo naturale, in cui si sono trovati e sono maturati i nuovi narratori in questi anni sono state le redazioni delle «piccole» e «nuove case editrici». E per molti motivi: costi di rischio editoriale minore, più velocità di risposta, minor distacco d'età. Dice Paolo Repetti, di Theoria: 'Noi non abbiamo voluto cavalcare "la tigre dell'esordiente". Crediamo ad una casa editrice con un suo catalogo che duri. Abbiamo incontrato Marco Lodoli. Ci ha convinto non come "giovane", ma come scrittore. Ci ha costretti ad aprire una collana. Da allora cerchiamo scrittori. Non "esordienti". Il rischio è però per le "piccole case editrici, di fare gli etemi "talent scout". La grande casa dopo il primo libro, offre al nuovo autore anticipi, tirature maggiori e se lo porta via. 'Woi — continua Repetti — non vogliamo fare un libro e basta. Il rapporto di questo tipo non ci interessa. Ci è accaduto con Lodoli, ma non con altri autori: come Sandro Veronesi, Giampiero Comolli, Sandra Petrignani. Con loro si lavora bene, capiscono la nostra realtà. Si tratta di crescere insieme'. Dalle stanze di una grande casa editrice, la Rizzoli, gli fa eco Gian Andrea Piccioli: •Ritengo che fra i compiti dell'editoria maggiore ci sia quello di trovare nuovi talenti. Anche noi dobbiamo cercare autori nuovi, farli crescere. Di fatto succede poi che questa investigazione la si lasci fare ai piccoli editori. Quando ci si accorge della scoperta la si fa propria. In generale la grande editoria ha meno coraggio e soprattutto un problema di costi. Ma oggi non può non dedicare tempo e spazio al settore degli esordienti. Noi abbiamo scout all'estero e in Italia e raccogliamo il tam-tam di voci che ci segnala opere e autori. E poi, oggi, ci sono anche molte più agenzie letterarie in grado di fare e proporre". •Tutti vogliamo autori giovani, nuovi — dice Piero Gelli — dell'Einaudi —, ma il vero problema è il "mercatospettacolo". E' il rischio che corre l'editoria oggi. Una volta gli scrittori si tiravano su. Adesso si vogliono fare o trasformare in casi. E così li si bruciq. Spesso poi gli scrittori òhe han fatto un primo buon libro, penso a De Carlo, a Lodoli, volano altrove per una manciata di dollari in più, ma perdono in immagine e in quelle cure redazionali che l'editore originario gli aveva dedicato-. La Marsilio di Cesare De Michelis, da sempre pubblica opere di esordienti. Nell'88 ha varato un «Progetto Giovani» proprio per individuare «nuove scritture». L'ultima scoperta, che sarà in libreria fra poche settimane, sì chiama Susanna Tamaro, è una pronipote di Svevo, fa documentari scientifici per la Rai e ha scritto La testa fra le nuvole. "Il progetto giovani — spiega De Michelis — ha cominciato a portarci libri nuovi nell'87. E' stata una intuizione. Volevamo dei testi che ci dessero la coscienza di una nuova generazione. E infatti nei romanzi che pubblichiamo si percepisce un rapporto diverso con la tradizione letteraria, linguistica, esistenziale. E' una generazione più sincronica che diacronica. Mescolano gerghi, fumetti, tivù e cinema. •I nuovi scrittori sono meno "nobili" dei precedenti, hanno meno rapporti con la tradizione. Sono caratterizzati da una esperienza riduttiva, minimalista, però si pongono problemi esistenziali, metafisici. Io trovo questi nuovi autori ad alto contenuto morale. Noi abbiamo letto 700 manoscritti in tre anni e ne abbiamo pubblicati sei. Oggi il problema di una casa editrice è quello di leggere molto per capire cosa ha in comune questa nuova generazione. Direi che è lo stesso problema del pubblico dei lettori: per avvertire il gusto del nuovo deve leggere più autori giovani: Anche alla Feltrinelli, Sandro D'Alessandro insiste suir«afleua«ten<o dei giovani autori- e non sulla «caccia». Dice: "Pubblicare è solo un episodio. Gli editori che hanno forza e capacita devono lavorare insieme ai giovani, leggere, discutere, far riscrivere-. E aggiunge che il rischio più grosso è quello di "enfatizzare' il lavoro dello scrittore. Cita un nome, come segno di misura e autocontrollo: Paola Capriolo, l'autrice dei racconti La grande Eulalia è ora del romanzo II nocchiero. In casa Bollati Boringhieri, -la narrativa ci siamo trovati a farla senza cercarla", dice Armando Marchi. Però i nomi degli esordienti formano un drappello di tutto rispetto: Ermanno Cavazzoni, Enzo Filosa, Gianpaolo Proni, con il romanzo fra poco in libreria, Il caso del computer Asia e Aurelio Grimaldi che ad aprile uscirà con Le buttane. -Ne faremo due l'anno, non di più — dice Marchi —, non è certo con i giovani aviari italiani che si regge una casa editrice. Noi puntiamo sull'originalità di scrittura e la riscossa della trama. Il problema rimane comunque quello di aiutare a crescere gli esordienti, pubblicare il grande successo affermato non è difficile, basta pagarlo-. Raffaele Crovi considera la propria casa editrice Camunia come una "agenzia di promozione della creatività italiana: Dice Crovi: «Se incontro un talento, non importa l'età, lo pubblico. So che è un rischio. Il successo è sempre un miracolo, un imprevisto. Non me ne preoccupo. Ma con i miei autori non sono possessivo. Non mi scandalizzo se passano ad altri editori. Il mio catalogo è aperto ai talenti sotto i trenta e sopra i sessanta. Io accolgo quei creativi che hanno manifestato altrove, pubblicità, cinema, televisione, giornalismo, la loro creatività. Sono scrittori "diversi' che possono dare alla letteratura tono e provocazioni. Penso ad Olmi, Giovanna Berlinguer, Milani. Cisco, Zucconi, Rella, Prodi. Oggi sempre di più la letteratura scopre che i linguaggi non strettamente umanistici sono i più vivi. Se dovessi dire di aver visto molte novità negli scrittori sotto i trenta, mentirei. Mi aveva colpito il primo De Carlo, poi ha fatto merchandising. Tondelli ha avuto sbandamenti. Oggi ci sono novità interessanti: Nigro, che fa il romanzo antropologico, Sandro Veronesi, Mario Fortunato. Io ho due nomi, uno che seguo da anni: Tiziano Sciavi. E un altro, di cui sentirete parlare: Andrea Vitali, medico condotto di Bellano. Uno scrittore fra Chiara e Buzzati. Lo pubblicherò-. Una nuova importanza, nella scelta di nuovi autori, sembrano averla oggi i premi per inediti. Tutti gli attri¬ buiscono una funzione d'appoggio, di filtro, di laboratorio. Dal «Premio L'Espresso», è uscito, quest'anno, màuri màuri di Maurizio Maggiora, spezzino, pubblicato dagli Editori Riuniti. Dal «Premio Calvino», l'anno passato era uscita Pia Fontana e quest'anno: Pierangelo Selva con Giocattoli smarriti e Gabriella Contardi con La ballata delle cose che affondano. La rivista "L'Indice" — spiega Franco Marenco — aveva intitolato il premio a Calvino per rendere omaggio ad un grande scrittore, anche ad uno che si era sempre battuto per gli scrittori giovani, un autore che ha fatto scuola. In questi anni ci siamo accorti della fame esistente di pubblicare. Ogni anno riceviamo 4-500 manoscritti. Il valore medio e basso. Ma poi ci sono vere "punte". E solitamente queste sono persone che non hanno nulla a che vedere con la letteratura, gente marginale. I generi più praticati sono: il vecchio romanzo realistico, il fiabesco, il fantastico, l'apologo e il rifacimento storico. Il nostro è un premio che attraverso la segnazione dei vincitori spera di attirare l'attenzione dell'editoria-. Rivolta agli autori esordienti è anche una iniziativa di Manlio Cancogni: una nuova rivista. Si chiamerà -Pagine nuove- e uscirà a maggio, dall'editore Giardini. Cancogni vuol affiancare a pagine di scrittori noti. Soldati Duranti, Garbo li, prove di scrittura di giovani poeti, narratori, saggisti. E' un invito a riconsiderare la rivista come palestra e luogo centrale dell'apprendistato letterario e trampolino verso l'editoria. Nelle dichiarazioni, ma anche nei l'atti, non si può dire che oggi manchino le possibilità, per uno scrittore inedito, di trovare la via della pubblicazione Nico Orengo

Luoghi citati: Asia, Bellano, Italia, Licata, Milano