Papandreu il Carnevale è finito

Papandreu, il Carnevale è finito Il premier greco sempre più in difficoltà mentre inizia la Quaresima ortodossa Papandreu, il Carnevale è finito Si allarga Io scandalo Koskotas, il finanziere fallito per 300 miliardi di lire - Emergono prove delle protezioni politiche - Fu approvata una legge per nascondere il «buco»? - Nuova Democrazia presenta una mozione di censura in Parlamento ATENE — Per le stradine della plaka impazza l'ultima sera del carnevale ortodosso mentre a poca distanza, nell'edificio neoclassico del Parlamento greco che sovrasta Piazza Syntagma, si sta avviando il dibattito sull'ultima mozione di censura presentata dai deputati di Nuova democrazia contro Papandreu e il suo governo. Sperano i moderati di destra di ottenere in tal modo la caduta del loro avversario socialista con tre mesi di anticipo sul termine costituzionale delle prossime elezioni? No, no di certo: il Pasok, il partito del premier più pittoresco e più contestato degli ultimi cinquant'anni della storia greca, rimane tuttora saldo nel conto numerico dei 157 seggi occupati sui 300 di cui dispone l'assemblea di Atene. E allora? "Allora — spiega un esponente neodemocratico — si tratta di sfruttare lo scalpore suscitato dalle recenti rivelazioni apparse sulla stampa internazionale per logorare ulteriormente l'immagine del primo ministro-. L'immagine di Andrea Papandreu, a dir la verità, ha subito non pochi colpi in quest'ultimo anno. E' partito con un enigmatico voltafaccia nei rapporti con l'alleatanemlca Turchia; ha proseguito con la vicenda sentimentale con la giunonica ex hostess Dimitra Liani detta Mimi; poi nell'autunno scorso (di ritorno da Londra, dove si era sottoposto a una grave operazione al cuore) è finito nel mare di guai sollevato dal dissesto della banca di Creta. L'affaire Koskotas — la storia del giovane yuppie che agli inizi di novembre fuggì in modo rocambolesco dalla Grecia dopo aver lasciato un buco di 300 miliardi di lire nei depositi del piccolo istituto di credito da lui acquistato appena quattro anni prima — la dice lunga sulla situazione interna della Grecia. Un Paese il cui bilancio statale assorbe i due terzi della stima ufficiale del prodotto interno lordo. Detto in parole povere, due greci su tre devono fare i conti con lo Stato, e in pratica con il partito al potere, per ritagliarsi una fetta di reddito personale. Non è strano quindi che, allo scoppio dello scandalo, tutti gli sguardi siano voltati verso Papandreu e i maggiorenti del partito socialista da lui egemonizzato. «Com'è possibile — era la domanda ricorrente — che un venticinquenne insignificante come Jorgos Koskotas, rientrato in Grecia nel 1979 dopo dieci anni di permanenza negli Stati Uniti, abbia potuto nei nove anni successivi imperversare nella vita finanziaria del Paese e non grazie a connivenze politiche?» Rimangono tuttora avvolte nel mistero, infatti, le fonti a cui Koskotas attinse per tramutarsi da impiegato subalterno a editore di successo e quindi a banchiere d'assalto. E resta tuttora sconcertante la carriera del faccendiere, impegnato a estendersi in tutti i campi che offrissero una presa sull'opinione pubblica, dalle società di calcio all'editoria soprattutto, dove egli finì per controllare un impero formato da 3 quotidiani e 4 periodici. Un grosso inciampo, che tuttavia segna l'inizio della sua fine, nel 1987: recatosi a Washington nelle sue nuove vesti di finanziere, egli fu arrestato dagli agenti del Tesoro americano con ben 64 capi d'accusa che andavano dall'Imbroglio nei confronti di enti statali fino a gravi infrazioni amministrative. Quest'episodio cruciale segnò una svolta decisiva nel clima politico di Atene. Koskotas riuscì a disimpegnarsi dalla stretta della giustizia americana grazie al versamento di un'enorme cauzione. Ma, rientrato in Grecia, dovette affrontare invece l'abbraccio ostile dell'interesse degli editori rivali. I giornali più diffusi cominciarono a esigere un'ispezione nella sua banca, mentre il governo nicchiava col pretesto del segreto bancario. I tre più importanti complessi editoriali, tradizionalmente fiancheggiatori dei socialisti, si rivoltarono allora contro Papandreu. La ferocia dei titoli e delle inchieste è man mano aumentata fino a raggiungere la frenesia odierna. Intanto dal carcere di Boston, dove egli è rinchiuso in attesa che i giudici federali si pronuncino sulla sua estradizione, Koskotas ha ultimamente alzato U tiro. Dopo l'intervista a Time, in cui sosteneva di avere passato sottomano almeno tre miliardi di dracme (30 miliardi di lire) per avere la protezione del capo del governo, egli ha fatto pervenire alle radio locali importanti registrazioni. In una di esse Cathy, la moglie del faccendiere, parla al telefono con con l'ex consulente legale della banca, Jannls Manzuranis, uomo di fiducia del Pasok nonché ex segretario del Consiglio ministeriale, il quale ammette di avere avuto in custodia, presso una banca di Ginevra, una somma di due milioni di dollari destinati all'ex vicepresidente del Consiglio e oggi ministro della Residenza Agamemnon Kutsojorgas. La signora Koskotas chiede la restituzione della somma perché una legge, proposta e fatta passare nell'estate scorsa dal numero due di Papandreu, non ha impedito l'intrusione degli ispettori della Banca di Grecia negli affari di suo marito. Un'altra conferma delle protezioni politiche di cui ha goduto Koskotas emerge dalla relazione ufficiale del commissario della Banca di Grecia che gestisce il dissesto. Risulta che nel giugno scorso, nel momento di maggiore crisi di liquidità, l'ex banchiere d'assalto depositò nelle sue casse 20 miliardi di dracme (200 miliardi di lire) appartenenti a enti statali. Intanto questa telenovela pare aver contribuito ad accentuare il totale distacco della popolazione dalla vita politica. Si sono abbassate le tirature dei giornali, nonostante i titoli cubitali, mentre sono aumentate le fughe dalla città ad ogni occasione, come in questo ponte di fine Carnevale che include il primo giorno di Quaresima, tradizionalmente trascorso dai greci in campagna. E chi è rimasto ad Atene partecipa con fervore ai balli e al passeggio nei vicoli del vecchio centro. Le maschere che sono andate a ruba quest'anno sono quelle riproducenti le fattezze di Andreas (Papandreu), di Mimi (Liani) e di Menios (Kutsojorgas). Minas Minassian Dimitrìa Liani, compagna del primo ministro greco Papandreu, in una recente immagine