Con Mover e Thielemans questo è jazz all'americana

Con Mover e Thielemans questo è jazz all'americana UEurofestival di Ivrea alla seconda serata Con Mover e Thielemans questo è jazz all'americana Folto il pubblico, applausi anche per il «Banjo Clan» IVREA — Un vecchio leone ogni sera. Dopo il concerto, venerdì del venerabile Grappelli, il festival di Ivrea ha tirato fuori dalla storia del jazz europeo il suo secondo grande personaggio, Jean Thielemans. E gli appassionati, sempre più numerosi nel corso di questo lungo weekend Jazz, sono naturalmente venuti in molti a sentirlo. Ancora una volta l'Auditorium La Serra si è rivelato un'arena troppo piccola per contenerli tutti e parecchi sono rimasti fuori. Oltre che in difficoltà finanziarie (quest'anno è stato salvato anche grazie all'aiuto della Cassa di Risparmio di Torino), il festival si dibatte anche in annosi problemi di sede, forse risolti per la prossima edizione dalla riapertura del Teatro Giacosa. Per quelli che sono riusciti a entrare, comunque, sabato sera è stato un bello spettacolo in crescendo, cominciato con l'onesto dixieland rivisitato dal Banjo Clan, quintetto genovese tutto a corde. Per passare poi all'impegnato modernjazz del secondo giuppo, che doveva segnare la rentrée del celebre trio italiano Tommasi/Tommaso/Mondini. La rinuncia di Amedeo Tommasi ha fatto recuperare in fretta il pianista Moris Rusca per un trio, che s'è fatto molto apprezzare nel dedalo di citazione parkeriane districate dal sapiente ed esuberante sax di Bob Mover. Last but not least Mai più saggio il vecchio detto inglese, il culmine della serata arriva con lui, Jean «Toots» Thielemans. Sembra non invecchiare mal questo giovane sessantaseienne: Intatta la sua armonica, intatti i suoi sorrisi e la sua verve che hanno conquistato e continuano a conquistare il pubblico una generazione dopo l'altra. La partecipazione a Doc deve proprio averlo divertito se ormai si presenta da sé, anche in pubblico, come «il grande amico del popolo italiano». E se qualcuno dei suoi amici accenna alla trasmissione, lui attacca con entusiasmo bambino il ritornello «mezzanotte o'clock...». Sarà per questo nuovo gruppo, con cui si esibisce in concerto per la prima volta, sarà per la formazione insolita, al basso Michel Hatzigeorgiu, alle tastiere Michel Herr, alla batteria Bruno Castellucci che probabilmente, messi tutti insieme assommano a poco più della sua età, ma come sale sul palco si capisce che Toots Thielemans sta vivendo una seconda (terza, quarta?) giovinezza. E che questa seconda giovinezza deve molto al rock. Ma anche se è disponibile a nuove avventure musicali con i suoi giovani compagni — spiega chiaramente al pubblico — i suoi maestri rimangono Louis Armstrong, Duke Ellington, Charlie Parker. E ai grandi dei vecchi tempi incontrati da giovane al Blue Note di Chicago è prontissimo a pagare i suoi debiti con tamii pezzi in omaggio, ricordo, dedica. Quindi ecco, dopo Ido itfor your love e Velas, Sophisticated Lady che dovrebbero rassicurare i jazzofili più tradizionalisti, già allarmati. Ma alle spalle di Thielemans c'è sempre la presenza inquietante di quel basso elettrico che interviene sempre più prepotente (lo zazzeruto Hatzigeorgiu è uno che sa il fatto suo), mentre continuano i tributi: a Jaco Pastorius («uno dei più mostruosi musicisti con cui ho lavorato», dice Toots), a Wayne Shorter («tra i suoi pezzi quello che preferisco è 77ie Beauty and the Beast, perché mi fa piangere quando lo suono) (mi piace piangere quando suono»), a Django Reinhardt. Per la sua composizione originale più famosa, Bluesette («my social security number», la chiama lui, «la mia pensione», stropicciandosi eloquente tre dita della mano per via dei diritti d'autore) esige il concorso del pubblico. Tutti devono fischiettarla insieme a lui. Resta da omaggiare un ultimo «mostro», Stevie Wonder, per poi chiudere, quasi a farsi perdonare, con «un jazz più ortodosso». E con che cosa, se non «Round Midnight»? Subito dopo il concerto affiorerà lo scontento dei puristi più intransigenti. Ci sarà chi parla di cattivi compagni di strada, scaricando sulla scatenata band la responsabilità dì questo «traviamento» rock. Chi rinnoverà vecchie accuse di «commercializzazione». Chi giurerà che la prima cosa che farà tornato a casa sarà risentirsi in pace i dischi del buon, vecchio, Toots. d'una volta. Ma intanto la platea è tutta con lui. E l'abituale compostezza del pubblico jazz si frantuma, per'l'ennesima volta delia serata, in applausi e urla da vero Paiarock. Giuliana Martinat

Luoghi citati: Chicago, Ivrea, Torino