E prima di prendere la Bastiglia è già Terrore...

E prima di prendere la Bastiglia è già Terrore... IL BICENTENARIO IN LIBRERIA: «BRUCIATO » L'INTERO PERCORSO DELLA RIVOLUZIONE E prima di prendere la Bastiglia è già Terrore... PARIGI — I piovaschi d'una primavera che esita a sbocciare fanno sgocciolare gli »alberi della libertà» che, ammonticchiati presso VHótel de Ville, stanno per essere interrati: annunceranno fra poco per le strade il bicentenario della Rivoluzione. Oltre l'inevitabile prezzo pagato al folclore rievocativo, c'è una preoccupazione. Si voleva, in quest'anno, celebrare il 1789 in cui l'avventura rivoluzionaria ebbe inizio. Si sarebbe poi andati avanti anno per anno con un crescendo che doveva annotare cronologicamente i fatti accaduti due secoli addietro, ripercorrendo una «galleria» storica traboccante di eventi e di personaggi. Non si è fatto tuttavia in tempo ad appuntare i riflettori sulla Bastiglia, e sul significato della sua caduta, che dallo scrigno storico è venuto fuori tutto, d'un colpo, come un'esplosione. Cosi c'è già stato il rifacimento del processo a re Luigi, in tv, con la sua assoluzione, e •Chère Marie-Antoinette», biografia della sfortunata sovrana, è stato quasi un best-seller. Si sono già vissuti, in gran parte, i giorni del Terrore e nel 1993, è presumibile, resterà ben poco da dire. E' una Rivoluzione condensata e riletta in pochi giorni, come se una diabolica macchina del tempo avesse già raccontato tutto. Così surriscaldata, la lanterna magica rischia di prendere fuoco. Lo avvertono pure le librerie. Il •Dictionnaire critique» della Rivoluzione era appena stato stampato da Flammarion. che Tulard pubblicava da Fayard il •Dictionnaire Napoleone, e Girault de Coursac ci ha già dato con le edizioni de La Talbe Ronde una buona •Enquète sur le procès du Rai Louis XV/». Un simpatico modo di appagare i bibliofili è stata la ristampa completa in facsìmile di quel •Journal» di Jacques-René Hébert, il celebre le Pére Duchesne, considerato con buona ragione -iZ più importante, il più raro e il più violento dei giornali rivoluzionari-. Chi si aspettava di centellinare il Bicentenario, ora annaspa fra gli scaffali, costretto a una scelta che avrebbe forse volentieri demandato agli editori. Comunque si voglia rispondere all'interrogativo di Francois Furet sull'interpretazione della Rivoluzione — considerarla come il prodotto conclusivo dell'Ancien Regime oppure come inizio del nuovo arco storico di cui non siamo figli — Guy Chaussinand-Nogaret, che aveva diligentemente cominciato ad annunciarci -La Bastine est prise» — titolo del suo libro — è stato quasi travolto. Gli argini si sono rotti presto. Non rimane che prenderne atto e assaporare il ponderoso volume di Jean-Paul Bertaud •En France àu temps de la Revolution», che copre, co- me riflesso spicciolo della vita quotidiana francese, il periodo dal 1789 al 1795. Edita da Hachette, l'opera di Bertaud, docente di storia moderna all'Ateneo di Parigi, può stupire per la cronaca che offre. Nel fervore dei dibattiti, nelle sale, nei caffè, nelle redazioni dei giornali di allora, il vortice rivoluzionario si scontra con chi vorrebbe frenarlo. C'è il sangue del Terrore, ci sono i selciati di Parigi percorsi dalle carrette che portano gente a essere decapitata. Ma non ovunque è così. L'autore è stupito non trovando, appena qualche chilometro lontano da Parigi, alla data del 14 luglio 1789, alcun cenno nei registri municipali di borgata sulla presa della Bastiglia, e così pure è silenzio, carta bianca senza traccia di penna, nelle settimane successive, in quei giorni che 'fecero la Francia». Protagonista del lungo resoconto cronistico di Bertaud è quasi sempre la folla, con il suo gran vociare tumultuoso, la rabica, trattenuta o che esplode, che invoca pane, prezzi equi oppure la morte per qualcuno, che la grida questa morte, con odio furioso. E allo scenario della Bastiglia quasi subito si sovrappone il Terrore con un'aneddotica non troppo dissimile dagli accenti con cui Hector Fleischmann aveva lontanamente rievocato gli episodi più sconvolgenti della foga sanguinaria. Si rivive l'orrore dei momenti in cui, per ordine della Convenzione nazionale, si procedette all'inìzio di ottobre de) '93 all'abbattimento dei monumenti funebri legati al passato, soprattutto a Saint-Denis; le tombe reali vennero scoperchiate, le salme rimosse, e nel cuore della notte quel gran trafficare fra le ossa dei re defunti, tratti dalle bare e spogliati di quanto potevano avere addosso di prezioso. Il cronista annota che il Re Sole apparve •nero come l'inchiostro ma ben conservato»; venne gettato da una parte. Gli operai, stanchi della nottata fra i morti, andavano a mangiare qualche cosa in una bettola vicina. La Quaresima rivoluzionaria — scrive Bertaud — era fatta -con il silenzio delle campane e con i patrioti innalzati al posto dei santi». Nella drammatica divisione del clero, fra preti che riconoscevano il nuovo ordine e preti che lo contrastavano o, semplicemente, non lo accettavano, religiosi che si sposavano, l'immagine del Cristo veniva scalzata da quella della Dea Ragione. Né mancò la richiesta di abolire il latino, •che rimane ancora un mezzo dei preti reazionari, amici degli aristocratici, per nascondere al popolo il senso più vero del messaggio divino». Si proclamava la grande Quaresima del silenzio per far •tacere i rintocchi delle campane che rendono il nostro popolo il più chiassoso d'Europa e, quindi, il più vano». Ma non tacciono le proteste di un clero che si dice in buona parte nell'impossibilità di esercitare il proprio ministero. Nel maggio del 1791, qua e là i vecchi preti non vogliono più dir messa, non si battezza, la gente di campagna considera la chiesa profanata e la evita. Non si fanno neppure funerali e qualche feretro e abbando nato perla strada. Incidenti a Marsiglia, nella chiesa dedicata al Bon-Pasteur. Si vorrebbe il vecchio curato d'un tempo a celebrare la messa e non il -prete rivoluzionario». Arrivano i -patrioti» e fanno a pugni con gli -aristocratici». E il matrimonio, in qualche caso anche imposto, di non pochi preti, è causa per la Chiesa di un accorato dolore che, per una curiosa espressione di Vovelle, è detto lagrime di San Pietro, a significare che è il Principe degli Apostoli in persona che piange per lo spezzarsi d'un celibato considerato indissolubile per sua stessa natura. Così si giunge — annota Bertaud — al culto della Dea Ragione e alla celebrazione, il 10 novembre 1793, in Notre-Dame della funzione a cui presiede la dea, impersonata da una ballerina, agghindata di bianco, con manto rosso: durante il rito, ella libera dalle catene un giovane mascherato da schiavo negro a simboleggiare la raggiunta libertà. Notre-Dame è oggi uno dei punti focali nelle celebrazioni del Bicentenario. I turisti ascoltano i ciceroni narrare dei tempi del Terrore e della spogliazione della cattedrale. Si volgono intorno incu¬ riositi, osservano i moderni confessionali trasparenti come fossero di cristallo, per cui sono visibili chi confessa e chi e confessato. E il prete tiene accanto a sé un telefono, curiosamente, come se. nel caso d'un dubbio per assolvere, potesse ottenere il consenso di qualcuno più in alto. La gente sente parlare del santo curato d'Ars, che dialogava e combatteva quasi ogni notte con il diavolo e che irraggiò santità negli anni stessi della Rivoluzione. • Qui sedette la Dea Ragione...», continua il cicerone, e muove la mano per indicare tutt'intorno, sotto la grande navata, presso quel pulpito da cui predicarono Ravignan, Monsabrè. Lacordaire e, molti anni dopo, il cardinale Eugenio Pacelli, futuro Pio XII, che tornava a Roma da Lisieux. Le radici della Francia racchiudono, da sempre, la forza di coesione e di amalgama che tutto ha superato, anche le ore più buie, sublimandolo. Dalle pieghe più fosche della sua storia — Jean-Paul Bertaud lo evidenzia — scaturisce l'unione sacra per la quale in nessun'altra nazione d'Europa si ritrovano come in Francia così tanti tricolori della patria a fianco degli altari. E' il riflesso d'una lunga sciarada rossastra ma gloriosa che il Bicentenario propone in meditazione. Renzo Rossotti Parigi, 28 luglio 1794: Robespierre viene ghigliottinato e la sua testa mostrata al popolo