Guerra dei prezzi, vittima il latte fresco
Guerra dei prezzi, vittima il latte fresco Scontro fra produttori e centrali pubbliche che minacciano di non commercializzarlo Guerra dei prezzi, vittima il latte fresco ROMA — La massaia: -Un litro di latte fresco, per favore-. Il negoziante: -Che pretese signora... Lo sa che 7ion esiste più?-. Il dialogo è immaginario, ma potrebbe diventare reale fra qualche mese, colpa della guerra del latte fra le centrali e i produttori. Un conflitto la cui causa risale all'autunno scorso, quando il mercato è impazzito: ridotte le scorte Cee dopo i provvedimenti per contenere la spesa agricola, diminuita la disponibilità all'esportazione della Germania (principale nòstro -alleato» poiché l'Italia copre solo il 52% del fabbisogno nazionale) le richieste dei produttori locali hanno fatto un balzo in avanti. I prezzi andavano rivisti e cosi è stato. Effetto probabile: -Le centrali pubbliche, che lavorano il 16% del latte alimentare, andranno incontro a disavanzi abissali e saranno costrette a considerare seriamente la possibilità di abbandonare la produzio¬ ne del latte fresco-. Maria Virginia Molinari. segretario generale della Fiamclaf (la federazione che raccoglie le municipalizzate del settore), formula la minaccia dopo aver raccontato una lunga storia. Il prezzo. Oggi un litro di latte fresco pastorizzato e omogeneizzato costa a Roma (e a Torino) 1225 lire. Tra un paio di settimane subirà un aumento di 95 lire. Questa l'indicazione data dal Cip (Comitato interministeriale prezzi) ai comitati provinciali nella riunione del 23 febbraio. L'adeguamento accoglie per intero le richieste dei produttori (70 lire, dal 12 al 15 per cento in più sulle attuale 610 lire circa), ma ritocca del 4 per cento appena (25 lire» la quota destinata alle centrali per i costi di raccolta, lavorazione, distribuzione e per il margine concesso ai rivenditori. -Cosi non va-. E' la posizione della Fiamclaf. che conte¬ sta il ministro all'Agricoltura Mannino, il Cip e l'Unalat, la neonata associazione che raccoglie il 90 per cento dei produttori. "Quel 4% è offensivo, considerali il lasso d'inflazione e i nostri costi che sono saliti in media del 9%; ed e illegittimo perché prescinde da ogni analisi di mercato. Aggravare i bilanci delle centrali significa portarle verso la chiusura e comunque continuare ad indebolire il consumo del latte fresco. La centrale del latte di Roma ha previsto per l'S9 un deficit di due miliardi, se passa l'orientamento del Cip il disavanzo sarà di almeno sei miliardi. Difficile pensare che il Comune sia pronto ad annullare il "rosso" a cuor leggero-. Ma che cosa voleva la Fiamclav? - Un adeguamento del prezzo di 150 lire il litro, con beneficio da dividere in parti uguali tra le centrali pubbliche e i produttori. Non bisogna dimenticare che dal 1984 il latte fresco vive in un regime di blocco o semiblocco del prezzo al consumo, non accogliere la nostra richiesta significa far risparmiare alle famiglie non più di 10 mila lire l'anno. Non ci sembra un apporto fondamentale nella lotta all'inflazione-, aggiunge il presidente Antonio Salvini. Cosi la Fiamclav. che ha chiesto al governo di rivedere il provvedimento del Cip. ha impugnato la normativa sul prezzo del latte alla Corte di giustizia della Cee, in attesa di fare la stessa cosa con i Tar quando l'aumento sarà varato dai comitati provinciali per i prezzi. E già avverte di non poter mantenere gli impegni su prezzi e quantità firmati con i produttori, i quali hanno pero raggiunto un altro patto con le centrali private impegnate soprattutto nella produzione di latte a lunga conservazione. -Per noi va bene-. E' la replica degli allevatori. Ettore Sorta. dell'Unalat, dice: -Per anni l'aumento del prezzo alla stalla e stato di molto inferiore all'incalzare dell'inflazione. Questa volta ci hanno ascoltati. Il latte fresco scomparirà dagli scaffali di negozi e grandi magazzini? Non credo, questa polemica, semmai, dovrebbe accelerare i tempi dell'approvazione in Parlamento della nuova legge che rivedrà i requisiti di qualità del prodotto-. Latte fresco addio? A Giovanni Gariglio. direttore generale della Centrale di Torino (azienda privata), l'eco della guerra romana è arrivata. Ora dice preoccupato che la delibera del Cip, cosi com'è, comporterà -problemi enormi-, ammette che gli adeguamenti riconosciuti alle centrali -sono insufficienti-, ma è perplesso sul rischio di -estinzione- del latte fresco: -Non credo che il governo l'oglia costringere le centrali alla chiusura-. Dario Cresto-Dina
Persone citate: Antonio Salvini, Dario Cresto, Giovanni Gariglio, Mannino, Maria Virginia Molinari
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