«La Rivoluzione tradì l'Urss» di Emanuele Novazio

«La Rivoluzione tradì l'Urss» Sulle Izvestija un pamphlet che critica la svolta autoritaria del '18 «La Rivoluzione tradì l'Urss» Lo scrittore Vassìliev: la via parlamentare lasciò il posto alla dittatura - «Cominciò l'eliminazione insensata degli eterodossi e della nostra stessa cultura» - «Giudizi sbagliati su Kerensky» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — Più che una requisitoria, della quale non ha l'intonazione e neppure le ambizioni, è la ricerca del «peccato originale della Rivoluzione», la «caduta» che ha intaccato la moralità di quello straordinario evento; e insieme il desiderio di ricostruirne la portata e il ruolo, un'incursione dolorosa nella memoria del Paese, la dissacrante riflessione sui suoi miti più saldi e resistenti: perché, avverte lo scrittore Boris Vassiliev all'inizio del lungo pamphlet pubblicato dalle Izvestija, -per troppo tempo siamo rimasti separati dalla nostra storia'. Il lento cammino verso quella debolezza originaria ha una meta e un riferimento soprattutto: lo scioglimento forzato dell'Assemblea Costituente, il 5 gennaio del '18. Bastò una battuta dal marinaio Zeleznjakov («La guardia è stanca') e "la via parlamentare allo sviluppo democratico del Paese lasciò il posto per molti anni a varie forme di dittatura, da quella dello Stato, il comunismo di guerra, a quella personale, lo stalinismo'. E' un giudizio che molti storici condivido¬ no di certo, in Occidente, ma che ancora non era comparso in Urss, e che Vassiliev argomenta a lungo: «// 5 gennaio del '18 segna l'inizio della separazione della Russia e l'inizio della futura guerra civile, è la frontiera tra la legge e i tribunali speciali, tra l'accordo e lo scontro. Il problema non è tanto se si poteva agire in altro modo, il problema è cfte. nel momento in cui si doveva decidere l'ordinamento politico nazionale è stata usata laforza». Fu la svolta, perché con la forza "Si interruppe la tendenza umanistica dello sviluppo iniziata con la rivoluzione incruenta e volta all'arricchimento spirituale e materiale'. Con la forza, cominciò una progressiva corruzione etica, "l'eliminazione amorale e insensata degli eterodossi, e con loro l'eliminazione della nostra stessa cultura: se possiamo contare le perdite di vite umane e quelle materiali, non potremo mai analizzare il vuoto lasciato negli animi', scrive Vassiliev: "Siamo usciti dalla guerra civile non soltanto con perdite umane, materiali e culturali enormi, ma con una moralità rovinata. La misericordia, la pietà, l'umanità, l'amore per il prossimo diventarono concelti estranei ai vincitori e alla loro etica, la fraseologia di un'intellighentzia già allora illuminata'. E' un ripensamento generale sull'uragano della Rivoluzione, che sembra lasciare a Lenin il solo merito della Nep e il tentativo di costruire lo Stato moderno, ma che rivede giudizi abituali e collettivi. Per esempio, sul governo provvisorio di Kerensky: «Lo esaminiamo partendo da un'idea sbagliata, che cioè i governi sono assicurati dalla forza e non dal diritto. Ma il diritto della forza nega alla radice una società basata sul diritto, e il governo provvisorio si è rifiutato di seguire questa strada'. Per esempio, sul partito come istituzione e fondamento dello Stato socialista: "La guerra civile non ha abbassato soltanto il potenziale morale del Paese, ma ha cambiato anche i rapporti di forza nell'unico partito al potere, che da avanguardia della Rivoluzione è diventato organizzazione di massa. Durante la guerra civile una metà degli operai qualificati che costituivano la base del partito furono mobilitati nell'esercito, molti morirono, molti abbandonarono le fabbriche e tornarono nei villaggi. Dopo la guerra civile, nella classe operaia affluì la nuova massa chiamata "operaia" ma composta, in realtà, dei frantumi del lumpenproletariato e della piccola borghesia'. Per esempio, su Plekahnov, «il maestro di Lenin e primo marxista russo»: aveva ragione lui, scrive Vassiliev, quando sosteneva che, «con un proletariato di qualità così modesta, la causa del proletariato russo si sarebbe trasformata in una dittatura. Stalin ha confermato le sue previsioni'. Da allora il "degrado inorale del Paese» è continuato: con le deportazioni di massa, con le persecuzioni degli intellettuali, con le campagne contro gli ebrei. E' arrivato fino ad oggi, attraverso il fallimento di Krusciov e le miserie brezneviane: "Nulla passa senza lasciare traccia', è il triste giudizio di Vassiliev. Emanuele Novazio

Luoghi citati: Mosca, Russia, Urss