Nolte nella tempesta

Nolte nella tempesta DUE LIBRI E LA DISPUTA SU HITLER Nolte nella tempesta La cultura accademica tedesca conserva in generale la sua tradizionale gravità. Ma è altresì un tratto caratteristico di quella cultura accendersi periodicamente in grandi controversie, che hanno pochi riscontri altrove per acutezza e radicalità. Bisogna però dire, a merito di coloro che conducono queste controversie, che il loro oggetto è di tono alto (anche se gli argomenti e i modi non sempre lo sono), in quanto toccano problemi cruciali della storia tedesca ed europea. All'inizio degli Anni 60 dopo la pubblicazione di Assalto al potere mondiale. La Germania nella guerra 1914-1918. il libro in cui Fritz Fischer affrontava le responsabilità tedesche per lo scoppio del conflitto e le mire espansionistiche dell'impero, la storiografia conobbe una profonda spaccatura. Ora si trova in una nuova tempesta, che riguarda il passato nazista. Nell'epicentro vi è Ernst Nolte, storico dei fascismi, autore di libri assai discussi. A fare da esca, questa volta, è stato un articolo da lui pubblicato nel 1986, al quale si è affiancato nel 1987 un libro. L'articolo, dal titolo Un /bissato che non mole passare, ha dato luogo a una polemica a molte voci, assai aspra, della quale si può avere documentazione nella raccolta Germania: un passato che non passa. pubblicata da Einaudi. Il libro, Nazionalsocialismo e bolscevismo. La guerra civile europea 1917-1945, è appena apparso presso la Sansoni. Entrambe le edizioni italiane dei volumi sono state curate da uno studioso esperto e probo come G. E. Rusconi. Occorre preliminarmente richiamare nelle linee generali le posizioni espresse da Nolte. Egli parte dalla convinzione che, affinché il passato nazista possa -passare" (che non vuol dire in alcun modo «essere dimenticato»), si rende necessario considerare in chiave di storia comparata la natura della politica che ha condotto il nazismo a commettere i suoi crimini contro l'umanità e contro gli ebrei in specie. Per Nolte sono, a questo proposito, da stabilirsi due punti fermi: il primo è che il genocidio perpetrato dai nazisti rappresenta il culmine delle mostruosità contemporanee, tale da conferire a esso un carattere estremo di «unicità»; il secondo è che, però, diventa una distorsione qualsiasi atteggiamento porti a considerare questa «unicità» come incommensurabile. Egli cioè considera la violenza nazista quale un capitolo della violenza messa più ampiamente in atto, nel mondo. Chiudere in sé il caso nazista significa «demonizzarlo» e far perciò pesare una sorta di indelebile colpa collettiva, indiscriminata, sul popolo tedesco. Nolte vuole cercare le origini dello spirito nazista. E le trova — siamo all'altro nodo decisivo della sua tesi — in quello bolscevico. Lo sterminio condotto in nome della purezza razziale ha avuto come antecedente il genocidio attuato dai bolscevichi contro i nemici di classe in nome della rigenerazione sociale. Nell'articolo che diede fuoco alle polveri, Nolte scrisse testualmente: «L'Arcipelago Gulag non precedette Auschwitz?». Ma lo storico è andato oltre: ha persino affermato che il nazismo ebbe un carattere di risposta alla minaccia asiatica del bolscevismo. * * Per queste sue posizioni, Nolte è stato accusato — voglio qui solo menzionare ad esempio il filosofo Habermas — di voler cancellare nei tedeschi quel senso di colpa che pure costituisce la burnus dove solo può coltivarsi la debole pianticella della sua etica nazionale. Ora nel libro Nazionalsocialismo e bolscevismo, Nolte ha fornito le sue «tesi» di un ampio supporto storiografico. Vede la storia europea fra due guerre mondiali dominata dal contrasto tra bolscevismo e fascismo-nazismo. Il,che le ha conferito il carattere di un'implacabile «guerra civile», la quale ha avuto come protagonisti due «Stati ideologici»: l'Urss e la Germania hitleriana. L'analisi dà luogo a una storia parallela delle parti: nemici mortali, ma animati da un comune veleno, costituito per gli uni dalla supremazia razziale e per gli altri dal dominio di classe. Tanto che l'Hitler sconfitto prese ad ammirare sempre più incondizionatamente il suo vincitore: Stalin. Certo, ribadisce Nolte, resta il fatto che il genocidio commesso dai nazisti ebbe una qualità «unica», nel senso che, mentre per Stalin la politica di violenza fu un mezzo, per Hitler diventò un fine: «Hitler fece dello sterminio un principio». Va inoltre ricordato che l'autore prende posizione contro le tesi di quei «revisioinisti» che tendono a negare o minimizzare la portata dello sterminio degli ebrei. Le tesi di Nolte hanno suscitato contro di lui, dicevo, molte accuse. La più grave delle quali è ch'egli avrebbe inteso relativizzare e quindi sminuire la portata del genocidio nazista, in primo luogo per favorirne l'oblio in Germania. Personalmente ritengo queste accuse, quali che siano le intenzioni, sbagliate e ingiuste. Nolte non sminuisce la portata del genocidio nazista. Quel che invece lo caratterizza è il tipo di spiegazione che dà delle sue origini e del suo signiticato. E' qui che a mio avviso va specialmente portata l'attenzione. Chi vede nell'idea noltiana che la violenza nazista debba essere paragonata a quella staliniana una operazione riduzionistica, diretta contro gli ebrei, e di «destra», ignora alcuni assai significativi dati di fatto. Il primo è che ad avvalorare l'analogia di fondo tra sterminio di razza e sterminio di classe è stata l'ebrea antifascista tedesca Hannah Arendt. Il secondo è che, a sostenere che il rapporto tra fascismo-nazismo e stalinismo fosse da considerarsi nei termini di una conflittualità basata su un robusto comun denominatore, sono stati anzitutto esponenti di sinistra, e cioè socialisti antistaliniani come Kautsky, Hilferding, Serge, Korsch, ecc. nel periodo fra le due guerre mondiali, e non i corifei della «guerra fredda». A non tener conto, o a ignorare, questi dati, si finisce per confondere le acque. Trovo davvero singolare cheNolte non menzioni la Arendt, se non in maniera affatto marginale. L'obiezione di fonde che a Nolte deve essere rivolta, a mio giudizio, non riguarda il suo modo di considerare l'«unicità» dell'Olocausto e neppure il fatto che egli connetta Io spirito di violenza nazista con quello bolscevico culminato nello stalinismo, bensì l'essenza della sua interpretazione storiografica. Nel suo libro, Nolte stabilisce tra le due parti una relazione in base alla quale è stato il bolscevismo ad attivare la violenza nazista. Ora è il bolscevismo a essere «demonizzato». L'operazione che vuole evitare nei confronti del nazismo, egli l'applica verso il bolscevismo. E in ciò sta la sua stortura. Metodologicamente, ia Arendt era stata ben superiore. Aveva compreso che non servivano contrapposizioni semplici e rigide: bisognava cercare le radici delle violenze totalitarie ampiamente e in profondità nella storia secolare d'Europa, in particolare in una molteplicità di fattori maturati fra Otto e Novecento. Nolte non capisce, ritengo, che lo spirito di sterminio di classe bolscevico non era sorto dal nulla, per partenogenesi ideologica: aveva legami profondissimi, al pari dello spirito nazista, con la tragedia della guerra mondiale, nel corso della quale i nazionalismi imperialistici in lotta avevano mandato allo sterminio intere generazioni in nome dei propri interessi e dei propri mitiMoloch. Non a caso, molti fra i contemporanei, di fronte al fascismo e al nazismo, al terrore rosso e a quello bianco, capirono che occorreva guardare all'insieme dei rapporti politici e sociali esplosi nel grande macello che abituò al consumo industriale di corpi e anime. Qui il problema trova la sua dimensione. Isolare nazismo e bolscevismo e farli giocare l'uno contro l'altro come in un ring, finisce per essere una banalizzazione e un'operazione troppo riduttiva o ideologica. Massimo L. Salvador!

Luoghi citati: Europa, Germania, Urss