La mia prima mostra fu in manicomio di Luciano Curino

La mia prima mostra fu in manicomio IL PITTORE CHEMIAKIN ESPONE IN URSS DOPO DICIOTTO ANNI DI ESILIO La mia prima mostra fu in manicomio TORINO — -Ho lasciato il mio Paese perché mi hanno chiesto di lasciarlo', dice con tono risentito il pittore e scultore Mihail Chemiakin. Diciotto anni fa a Leningrado venne convocato dal Kgb che gli disse: -Hai tre scelte: il manicomio o i lavori forzati oppure andartene dall'Unione Sovietica, vai dove vuoi ma non tornare più'. Fu così che se ne andò e per dieci anni visse a Parigi, da otto anni sta a New York. Molte cose sono cambiate nell'Unione Sovietica e Chemiakin è stato invitato a Mosca con una sua mostra antologica. Dal 24 marzo al 24 aprile alla Casa degli Artisti esporrà 160 opere (olii, disegni, litografie, bronzi) del periodo 1972-89. E' a Torino per curare il catalogo della mostra e lo incontriamo a casa di Ezio Oribaudo che gli è amico fin dal primo anno dell'esilio, e lo chiama Misca. L'artista ha 45 anni, cicatrici sul viso, veste come un soldato di un esercito immaginario: maglione nero, pantaloni da cavallo, stivali e bustina di pelle nera, giaccone mimetico, n padre era colonnello dei cosacchi e comandante sovietico nella Germania sconfitta. E' cresciuto con le truppe di occupazione in un mondo di macerie e gente stremata. Poi a Leningrado, ragazzo prodigio dell'Accademia delle Arti, ma espulso per il suo talento ribelle. Molti mestieri per vivere, anche facchino, spazzino, guardiano notturno al Museo dell'Ermitage, è stato in un monastero. Ha fatto tre mostre e subito sono arrivati gli uomini del Kgb a chiuderle. Dice Chemiakin: -Erano mandati dall'Unione Pittori e non capivano: "Ma perché dobbiamo chiudere questa mostra?". Ho poi saputo che alcuni di loro collezionavano miei quadri'. Cos'è che non piaceva all'Unione Pittori? -Non piacevo io. Non piaceva come vestivo, come vivevo, la mia religiosità. Non piacevano soprattutto la mia arte e mi accusavano di deviazionismo ideologico, e questo era considerato un crimine'. Non piaceva uno che non dice mai Unione Sovietica, dice Russia, che chiama Leningrado con il vecchio nome San Pietroburgo. "Ho avuto anche grossi problemi con mio padre Lo hanno mandato per un po' in un campo di lavoro, poi in una casa di cura che sapeva di manicomio politico. -Ci sono stato sei mesi. Avevo un pezzo di matita e ho disegnato i miei compagni di "cura". Mi hanno sequestrato i disegni e un giorno ho scoperto che erano esposti in una saletta E' stata la mia prima mostra, almeno quella che non è stata fatta chiudere-. Poi, l'esilio. Nostalgia della Russia? «Evtushenko mi ha dedicato una poesia che dice: "Dove siamo noi, lì c'è la Russia". E poi, a New York non mi sento straniero, ci vivono settecentomila russi, fra l'East Rivere l'Oceano è praticamente una città russa. Se qualche notte mi prende la nostalgia, ho la bottiglia e la musica'. Gli piace Vyososky, cantautore non conformista degli anni di Breznev, lo definisce "la coscienza della Russio>. Ma l'esule Chemiakin vive le ore dolorose del suo Paese, è stato generosissimo con i terremotati dell'Armenia, presiede il comitato per la liberazione dei prigionieri di guerra russi in Afghanistan. Che cosa gli piace della vita? «/I lavoro. La vita è lavoro-. Lavora quindici, sedici ore al giorno. Dipinge, scolpisce, insegna all'università, scrive poesie, pubblica libri d'arte e produce dischi di musica russa e gitana. Mostre nelle Americhe, in Europa, in Giappone. La critica lo considera "tra i talenti importanti di una generazione-. Le sue litografie si vendono per duemila dollari, certi quadri e certe sculture per 120 mila dollari. Comunque, non dà importanza al denaro. Della sua mostra a Mosca dice che è un avvenimento non solo artistico ma politico. Due anni di trattative, perché 'C'era gente tra i burocrati che non la voleva-. Incontri a New York con il ministro della Cultura Zacharov. Gorbaciov quando è andato in America I gli ha dato appuntamento. Chemiachin ha pensato che non poteva presentarsi con stivali e giaccone mimetico sicché, per la prima volta nella vita, ha comperato un normale vestito e ha imparato ad annodarsi la cravatta. -Ma il giorno dell'appuntamento Gorbaciov è dovuto partire per il terremoto in Armenia: Quando andrà a Mosca? •Dovrei partire il 23 marzo-. Dice "dovrei" perché non è ancora del tutto sicuro che ci andrà. Teme qualcosa? -Se uno è uscito da una gabbia tremenda, anche se gli dicono che adesso tutto è diverso, che il guardiano è cambiato e non ci sono più lucchetti, nei suoi ricordi c'è sempre la vecchia gabbia. Spero di superare questa barriera psicologica-. n giorno 22. a New York, dopo la cerimonia del giuramento avrà cittadinanza americana e l'indomani potrà partire con il passaporto degli Stati Uniti. Se a Mosca incontrerà Gorbaciov che cosa gli dirà? "Mi congratulerò per il coraggio della sua politica. E'un uomo che veramente capisce la situazione e pensa al destino della Russia, senza illusioni-. Della glasnost dice di avere una testimonianza. «Vedo pittori russi non conformisti, quelli che una volta finivano in casa di cura, che adesso organizzano mostre a New York, ci stanno tre mesi poi tornano in Russia, senza problemi. Per me che ho vissuto quegli anni questa è una cosa fantastica-. Luciano Curino Mihail Chemiakin: «Marionette III: Balaganchik» (particolare)