America: due anime e una Colt di Furio Colombo

America, due anime e una Colt PAURA E POLEMICHE DAVANTI AL BOOM DELLE ARMI PERSONALI America, due anime e una Colt Centinaia di migliaia di pistole e mitra circolano per Washington, Detroit e altre città, facendo decine di vittime ogni giorno Gruppi di professionisti, sindacati, associazioni chiedono la loro messa al bando - Ma un'altra parte del Paese difende il vecchio diritto di girare armati - E la popolare «lobby» delle armi, pur composta da chi teme i criminali, finisce col favorirli NEW YORK — «Una bambina di undici anni è stata uccisa, ieri pomeriggio, la zia ferita gravemente, mentre camminavano in Fico Boulevard. Sono state prese nel fuoco incrociato di gruppi rivali. Una dozzina di prolettili hanno perforato porte e finestre nella casa di Jose e Maria Vidal, ieri sera verso le otto. "Per fortuna, ha detto il signor Vidal, eravamo tutti seduti a guardare la televisione. Se uno di noi fosse stato in piedi sarebbe stato falciato". «In Florence Avenue, all'angolo con Figueroa Street, un ragazzo di sedici anni è stato ucciso mentre si avvicinava a un'automobile accostatasi alla stazione di servizio in cui lavorava. La polizia ritiene sia stato abbattuto da una banda avversaria. «Una sparatoria ha avuto luogo verso le 11,15 all'angolo della San Pedro Street. Ronald Ranci, ventotto anni, è morto subito. Sergio Outierrez, 26 armi, è stato portato in fin di vita all'ospedale. Uno degli autori della sparatoria, un ragazzo di quindici anni, è stato arrestato. Oli altri due giovani che hanno fatto fuoco, Luis Chavez di 21 anni, e Jose Lon, di diciotto, sono stati uccisi qualche ora più tardi in due diversi conflitti a fuoco avvenuti nella stessa zona». Queste sono le prime righe della 'Cronaca cittadina' del Los Angeles Times del 27 febbraio, un giorno preso a caso. Il servizio continua sotto la voce 'Gangs» alle pagine 6 e 9 della stessa edizione, per un totale di dodici fra morti e feriti. La cronaca cittadina non solo non è diversa, ma è molto peggiore a Washington, forse oggi la più sanguinosa capitale del mondo, persino se si include nella graduatoria Mexico City. Il 14 febbraio il Washington Post ha spostato la cronaca cittadina in prima pagina. Quel giorno si sono contati tredici morti. Le statistiche d'altra parte si inseguono. Dopo Washington e Los Angeles, gli esperti indicano Detroit che ha anche il maggior numero di morti e feriti sotto i sedici anni. Questo non significa che chi vive a Los Angeles, a Washington, a Detroit (ma Chicago, New York e tutti i grandi centri americani non sono a molta distanza, nella classifica delle morti violente) si senta circondato dall'emergenza. Le città americane funzionano bene, hanno polizie efficienti, e si estende il ricorso alle polizie private intorno a uffici e centri residenziali. Inoltre, da un punto di vista estetico, una città come Wa- shington, che ha superato il 3 marzo i 101 morti dall'inizio dell'anno (un terzo in più che nell'SS), vive la sua esperienza in modo meno drammatico di Catania, che alla stessa data aveva contato 21 cadaveri dal 1° gennaio. La ragione è nella «specializzazione» dei quartieri. Finora la morte è poco esportata al di fuori del limite di certe zone in cui si concentrano povertà, disoccupazione giovanile, malavita e droga. La paura però non conosce confini e non solo per puro contagio psicologico, ma anche perché non occorre grande immaginazione per prevedere che un simile potenziale di fuoco non resterà per sempre confinato in zone-ghetto. Ed è una paura più diffusa, già ora, nelle città "nuove-, come Los Angeles, dove tutto il traffico avviene in automobile e dove già adesso la polizia è impegnata, la notte, a inseguire le auto -sospette'. Sempre più spesso sconfinano nelle parti della città che dovrebbero essere estranee al conflitto fra bande ma che potrebbero offrire buone prede alle rapine o un migliore mercato per vendere droga. Tom Bradley, sindaco di Los Angeles, nato in un ghetto ed ex poliziotto, ha individuato la causa immediata del pericolo. Sono le armi automaliche, soprattutto gli A 47 cinesi, gli Uzi israeliani, e le decine di modelli in uso presso i corpi militari americani, che, chissà come, hanno inondato il mercato. Ci sono centinaia di migliaia di queste armi nelle strade di Los Angeles e d'ogni altra città americana. Se non c'è un negozio nella zona, si possono acquistare per corrispondenza. Il primo febbraio, Bradley ha convocato il Consiglio comunale e ha fatto votare un'ordinanza, in luogo della legge statale e federale che non era riuscito a ottenere. Essa prescrive il bando immediato delle armi automatiche in tutta la zona municipale controllata dal sindaco: un bando simbolico, perché Los Angeles è solo in modesta par- o a te la città propriamente detta. Il resto è un vastissimo aggregato urbano grande come la Valle Padana, con 34 milioni di abitanti. Ma sebbene il gesto fosse solo simbolico, Bradley s'è visto citare in giudizio dalla Colt, che produce la popolare pistola dei western e che adesso ha sul mercato una gamma di armi automatiche. Ha presentato ai giudici questa motivazione: "L'ordinanza del sindaco getta un'ombra di discredito su aziende serie che sono utili al Paese. Facendo comparire il loro nome accanto a quello dei criminali si reca un grave danno d'immagine». Il processo non c'è stato perché la Colt ha subito raggiunto l'obiettivo: sia la Contea della zona sia l'assemblea dello Stato e il suo governatore hanno prontamente dato assicurazioni che non avrebbero sostenuto il sindaco. Bande, trafficanti, sicari e banditi avranno tiralo un respiro di sollievo. Se catturati potranno essere imputati di tutto, ma non di portare in giro armi automatiche, perché i tribunali statali federali non riconoscono le ordinanze municipali. Allora intere delegazioni di cittadini, di comunità religiose, avvocati, assistenti sociali, insegnanti, commercianti, sindacati, associazioni si sono rivolti sia ai parlamenti locali che al Congresso di Washington. Non hanno trovalo alcuna udienza e questo dovrebbe stupire perché le varie delegazioni contro le armi automatiche sono quasi sempre sostemde dalla polizia e dagli esperti di criminalità. E' parere di tutti che il numero di morti e feriti sia direttamente proporzionale al numero di armi in circolazione, e che un puro e semplice blocco delle armi arginerebbe il dilagare del crimine e le sue conseguenze indirette. Eppure quando i giornalisti hanno posto la domanda direttamente a Bush, una mattina di marzo, davanti alla Casa Bianca, il presidente è parso infastidito e dopo qualche esitazione ha risposto che il problema dev'essere affrontato dalle autorità locali, esattamente quelle che rifiutano di farlo, oppure, come Bradley, vengono esautorate da pressioni più forti. La posizione di Bush sulle armi automatiche è imbarazzante. Ma non è impopolare. Come spiegarlo? Su questo maledetto terreno, l'America ha due anime. Una vuole libertà tutelata dalla legge e delegata alle istituzioni, città, polizia. Stato. E' l'America implacabile con chi guida troppo veloce o in stato di ubriachezza, con chi viola i diritti degli altri (perciò favorisce le limitazioni più drastiche contro i fumatori). L'altra è l'America che vuol libertà tutelata dalla legge, ma ritiene che il miglior custode di questa libertà sia l'individuo stesso, che dunque ha «il diritto di portare armi». Questo diritto è sancito da un emendamento della Costituzione. Non sono molti coloro che vogliono riflettere sul fatto che la Costituzione era stata scrìtta per fissare le regole di vita in un Paese semicolonizzato e semiselvaggio. Naturalmente esiste una lobby potente in difesa delle armi, la celebre 'National Rifle Association" cui si attribuisce un potere di influenza che si fa sentire con forza durante le elezioni. Ma persino questa lobby è nata prima che le armi semiautomatiche e automatiche cominciassero a essere disponibili nelle mani dei giovanissimi. Prima che esplodesse il mercato della droga quotidiana, prima che le gang spostassero la loro età media dai venticinque ai quindici anni. E' possibile immaginare una campagna di opinione pubblica a sostegno delle armi automatiche nell'America urbana di oggi? La causa intentata dalla Colt contro il sindaco di Los Angeles, che non ha provocato alcun genere di indignazione popolare e ha piuttosto isolato il sindaco, dimostra che questo fatto può accadere, ed accade. Vi sono sociologi che fanno notare un rapporto fra la grande popolarità della pena di morte e questo cieco sostegno per la libertà di circolazione delle armi' due dati della cultura della semplificazione, un espediente illusorio ma efficace per liberarsi di problemi che altrimenti sarebbe troppo complicato persino discutere. Ma il vessillo -pena di morte' unisce un grande segmento di opinione con alcune chiese, con la polizia, con una parte degli esperti e dei giudici. Invece la popolarissima lobby delle armi, pur essendo radicata nell'opinione che sostiene la legge e l'ordine, è contro la polizia. Pur essendo composta di tutti coloro che temono ì criminali, li favorisce in modo vistoso. Pur essendo radicata fra cittadini impegnati nella battaglia contro il crimine, ha nei criminali un esercito di grandi e silenziosi alleati. Deputati, senatori, personale politico di vertice, e, come si vede, il presidente degli Stati Uniti, si schierano con questa parte della popolazione, benché la contraddizione fra il loro impegno anti-droga e anti-crimine e la libera circolazione delle armi sia clamorosamente evidente agli occhi di tutti. C'è una differenza fra democratici e repubblicani, fra liberals e conservatori su questo punto? C'è a parole (e non sempre). Non c'e quasi mai nei fatti, e i democratici, a ogni livello della vita del Paese, corrono in forze a sostenere leggi liberiste sulla circolazione delle armi, ogni volta che si deve decidere, persino se, per farlo, devono violare consegne e parole d'ordine del loro partito. A volte ci vuole una sanguinosa esperienza nella propria vita per cambiare parere. Una delle voci-guida, nel movimento anti-armi americano, è la signora Brady, moglie di quel Jim Brady, addetto stampa di Reagan, che nell'attentato di John Hinkley è stato ferito alla spina dorsale ed è diventato paraplegico. Però non è mai nato in America il Ralph Nader del movimento contro le armi automatiche. L'uomo che ha fatto tremare la General Motors con le sue indagini sull'insicurezza delle automobili non ha scelto per ora di affrontare questa estrema frontiera della cultura americana e della sua tradizione. 1 giornali sono costretti a portare in prima pagina la cronaca cittadina. Ma la lobby dei cittadini contro le armi non si è ancora messa in marcia. Furio Colombo Due esempi della pubblicità di armi su una rivista specializzata, riportati dal «Los Angeles Times»