LA GENETICA ILLUMINA PERIODI BUI DELL'EVOLUZIONE DELL'UOMO

Così dall'Africa conquistò il mondo LA GENETICA ILLUMINA PERIODI BUI DELL'EVOLUZIONE DELL'UOMO Così dall'Africa conquistò il mondo Migliaia di studi sui geni si sono dimostrati più sicuri e precisi di quelli possibili col solo Dna - Dalla loro analisi, si segue .'«homo sapiens sapiens» nelle sue migrazioni avvenute in 100 mila anni - Una grande rapidità di spostamenti Io portò a conquistare l'Artico Con tecniche avanzate andò a caccia di mammut - Le lingue che parlava erano le progenitrici di quelle che parliamo oggi STANFORD — L'uomo anatomicamente moderna- è questo il nome che usano i paleoantropologi per indicare noi e inostri antenati, i cui resti mostrano una evidente somiglianza con noi. Se si preferisce il latino, il nome è: Homo sapiens sapiens, che ci indica come una varietà della specie Homo sapiens cui apparteniamo sia noi sia i Neandertal, e altre varietà che potrebbero essersi formate nel corso dell'evoluzione. E' un nome carico di ironia, quando si pensa alla scarsa saggezza che dimostriamo in molte nostre azioni, e non riesco a prendere molto seriamente questa attribuzione di doppia sapienza I resti più antichi di un uomo sostanzialmente indistinguibile da noi, almeno a livello delle ossa del cranio che sono l'unica valida testimonianza, sono stati trovati in Africa, sia in Tanzania sia in due località vicine a Città del Capo. Queste ossa vengono da caverne note col nome di «Border caves», e da altre vicino alla foce del fiume Klasies. In base a lavoro recente abbiamo alcune date sicure, che parlano di un'età di 125 mila anni. Si tratta di un intervallo di tempo in cui il classico metodo di datazione col radiocarbonio non è informativo, ed occorre ricorrere ad altri metodi più moderni e diffìcili, alcuni dei quali sono poco sperimentati. Le stesse considerazioni valgono per il più antico ritrovamento di uomo moderno fuori dell'Africa, a Qafteh in Israele, con una data di 92 mila anni fa. L'ipotesi che l'uomo moderno abbia avuto origine in Africa si basa soprattutto su questi pochi dati, e non si può escludere che una nuova scoperta cambi la situazione. Saremo più sicuri quando te nostre conoscenze saranno più estese. Oggi la maggioranza dei paleoantropologi accetta l'origine africana dell'uomo moderno; esiste una minoranza dissenziente che però non ha presentato una chiara controipotesi biologicamente accettabile. Fra 90 e 40 mila anni fa non si trova nulla di ben datato. Solo dopo i quarantamila anni le datazioni col radiocarbonio cominciano ad essere informative e la situazione migliora. Che cosa è successo in questi cinquantamila anni di buio? L'archeologia dice ancora poco, ma la genetica ci informa di più. Lo studio del DNA mitocondriale ci ha detto che la data di separazione di africani e non-africani deve essere posteriore a duecentomila anni. I mitocondri sono una piccolissima parte del nostro corredo genetico (un duecentomillesimo), ed abbiamo imparato che è necessario rivolgersi a materiale più vasto. Sono stati studiati motti altri geni, e si è creato un vastissimo corpo di conoscenze (migliaia di pubblicazioni) di cui abbiamo cominciato dieci anni fa una paziente analisi statistica con due colleglli italiani: Paolo Menozzi di Parma ed Alberto Piazza di Torino. Compiuti su oltre cento geni, questi studi sono assai più sicuri e dettagliati di quelli possibili con il solo DNA mitocondriale, ma non ne dis¬ sentono in quelle parti in cui il confronto e possibile. La prima separazione che si osserva geneticamente è tra africani e non-africani, in accordo con archeologia e DNA mitocondriale. Ma l'analisi ci informa anche su eventi importanti del periodo buio dell'evoluzione umana Quando cominciai queste ricerche con altri collaboratori più di venticinque anni fa, i dati genetici erano molto pochi, e il margine di probabilità dette nostre conclusioni troppo piccolo. Oggi lavoriamo con sei volte più geni che allora, grazie a una esplosione di nuovi dati e metodi genetici avvenuta negli ultimi dieci o quindici anni. Dopo la prima migrazione dall'Africa all'Asia occidentale sembra aver avuto luogo un periodo di stasi, seguito da una nuova espansione cominciata circa 60 mila anni fa, che ha portato l'uomo moderno alle parti più lontane di quel gigantesco continente e nelle sue appendici più o meno dirette: l'Europa, l'America e l'Australia Uno dei primifenomeni che possiamo notare è la formazione di due grandi rami, uno diretto verso il Nord, l'altro verso il Sud-Est. n ramo meridionale sembra aver raggiunto prima le terre più lontane, come l'Australia e la Nuova Guinea, dove è arrivato — sono in accordo archeologia e genetica — più di 40 mila anni fa. Se ne trovano ancor oggi alcuni, seppur rari relitti su quella che fu la strada più probabile: ì Radar nell'India del Sud, i negritos nelle isole Andamane, detta Malaysia, dette Filippine. Il ramo settentrionale si è suddiviso una prima volta, tra 50 e 45 mila anni fa, originando da una parte un gruppo che si è diretto verso Nord e poi verso Ovest, entrando in Europa fra 35 e 40 mila anni fa, ove sostituì i Neandertaliani.fino allora gli unici abitanti; dall'altra un gruppo diretto verso Nord-Est, che verso quarantamila anni fa si è nuovamente diviso generando sia le popolazioni della Mongolia e della Manciuria (poi giunte in Corea e Giappone), sia quelle che oggi abitano la Siberia. Dall'estremo Nord orientale della Siberia, attraverso l'area che oggi corrisponde allo Stretto di Bering, si sparsero in America, entrandovi in date diverse ed a varie riprese. Le tre migrazioni più sicure in America sono note anche da dati archeologici e linguistici. La prima diede origine agli Indiani d'America, che appena vi furono giunti dalla Siberia vi si sparsero con estrema rapidità. Vi è notevole discussione fra archeologi se vi fu o meno un primo passaggio verso l'America circa 35 mila anni fa; i dati genetici mostrano che ciò non è impossibile, ma la migrazione numericamente più importante dev'essere stata quella sulla cui esistenza sono tutti d'accordo, intorno a 15 mila anni fa. Gli Indiani della costa occidentale del Canada, che parlano lingue di un'altra famiglia, arrivarono pressappoco allo stesso tempo degli Eschimesi circa diecimila anni fa e sempre dalla Siberia, ma forse indipendentemente. Malgrado la somiglianza fra gente del Nord-Est e del Sud-Est dell'Asia si deve quindi concludere che ebbero origini separate. Certo vi furono contatti, mescolamenti e migrazioni nei tempi successivi. Ai tempi di cui parliamo il livello del mare era più basso, perché l'acqua degli oceani era trattenuta ai Poli in forma di ghiaccio. Intorno a quindicimila anni fa l'America era connessa all'Asia da una lista di terra abbastanza larga, la Beringia, che occupava l'attuale Stretto di Bering. Dalla Siberia all'Alaska si andava con una camminata continua. Il clima era rigido ma non mancavano animali, e le migrazioni furono facilitate. 72 passaggio dall'Asia all'Australia era invece ostacolato da tratti di mare che, pur se assai più limitati per numero ed estensione di quanto siano oggi, richiedevano l'uso di mezzi di galleggiamento se non proprio imbarcazioni, per quanto primitive: zattere o canoe, che evidentemente l'uomo sapeva costruire, anche se non ne sono rimaste tracce. Come era l'uomo moderno che in questi centomila anni ha popolato il mondo? Doveva essere più intraprendente dei suoi antenati. Per riuscire a espandersi talora con grande rapidità su interi continenti, doveva avere tecniche più avanzate, che gli hanno permesso di occupare nuove nicchie ecologiche come l'Artico, di andare a caccia dei più grossi mammiferi, come i mammut, e di attraversare tratti di mare alla ricerca di nuovi territori. Certamente aveva un linguaggio tanto sviluppato quanto il nostro, e le lingue che allora parlava sono le progenitrici di quelle che parliamo ancor oggi. Ma viveva pur sempre, cosi come i suoi antenati, di caccia, pesca e raccolta. La produzione di cibo attraverso lo sfruttamento di piante e animali comincia motto più tardi, negli ultimi diecimila anni, e segna l'inizio di una nuova era per l'umanità. Fino a quel momento il numero di uomini viventi sulla Terra era molto modesto. Le stime variano da poco più di un milione a poco più di dieci milioni. Per dare un esempio più preciso: l'archeologo J. D. Clark, ora a Berkeley, ha stimato che la popolazione d'Inghilterra poco prima dell'arrivo dell'agricoltura doveva aggirarsi fra i4egli 8000 individui. Il suo conto è basato soprattutto sui resti di cervi di cui si cibavano e non può essere molto lontano dal vero, come mostra il fatto che in Tasmania, un'isola a Sud dell'Australia, vivevano al momento detta scoperta circa 2000 aborigeni su un'area pari a metà di quella dell'Inghilterra. I Tasmaniani vivevano di caccia e raccolta, in un clima non dissimile da quello inglese. Oggi non ne sopravvive nessuno: morirono tutti fucilati dai coloni o decimati dalle malattie infettive importate dagli Europei. Ammettendo la stessa densità di popolazione, in Italia sarebbero vissuti in quell'epoca forse dieci o quindicimila individui. Ma com'era la vita quotidiana dei nostri antenati? L'archeologia ci dice che cosa mangiavano, come cacciavano o pescavano, che ornamenti portavano, quanti individui, più o meno vivevano in un accampamento, e quanto si spostavano. Per imparare di più gli archeologi non possono che rivolgersi allo studio dei cacciatori-raccoglitori moderni, uno studio pieno di affascinanti scoperte. Luca Cavalli-Sforza

Persone citate: Alberto Piazza, Luca Cavalli-sforza, Paolo Menozzi