Libertà e privilegio di A. Galante Garrone

Libertà e privilegio La sentenza sull'ora di religione Libertà e privilegio Attendiamo di leggere lu sentenza della Corte Costituzionale, prima di definirla «storica»; ma fin da òggi possiamo affermare che il suo rilievo è certamente grande, per il definitivo capovolgimento della recente sentenza del Consiglio di Stato che essa comporta. Senza addentrarci, per ora, in tutti i risvolli giuridici della grossa questione, dobbiamo partire da un punto fondamentale e indiscutibile. La religione cattolica non è più la religione dello Stalo. Il quale, dunque, non è più uno Stato «confessionale». Ciò discende non solo dalla nostra Coslituzione in vigore dal 1948, ma anche dal n. 1 del Protocollo Addizionale del Concordato del IW4. Si sono addotte, in senso contrario, alcune frasi del nuovo Concordalo, come quella sull'impegno della Repubblica italiana e della Santa Sede a collaborare «per la promozione dell'uomo». Queste, e altre simili, sono locuzioni generiche che di per sé non possono scalfire la categoricità delle norme costituzionali e del citalo riconoscimento pattizio. Si è anche invocata la formula neoconcordataria che «i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano». Oueslo è indubbio: ma è altrettanto certo che ne fanno parte anche il Rinascimento. Galileo, l'illuminismo del Settecento, la lolla risorgimentale contro il potere temporale del Papato, il primo socialismo di l'ine Ottocento, e così via. Frasi esornative, fumose e un tatuino retoriche non possono scuotere il rigore dei patti stipulati in buona fede. Il guaio è che esse si prestavano ad essere scaltramente utilizzate per dilatare o alterare il significato originario dei patti. IZ ciò. come avevamo previsto fin dall'inizio su queste colonne, è puntualmente avvenuto: e. duole dirlo, per iniziativa di alcuni organi statali, sino alla infelicissima sentenza del Consiglio di Stato. Naturalmente, la slessa Conferenza Episcopale Italiana, all'inizio piuttosto prudente, non rifiutò quanto le veniva offerto su un piallo d'argento. L: cosi si è giunti dove lutti sanno. A questo deplorevole orientamento ha poslo fine la Corte Costituzionale. Quali le conseguenze di questa decisiva svolta'.' Se l'insegnamento della religione cattolica non è più obbligatorio nella scuola di Stato, bensì assicurato a coloro che dichiarino di avvalersene, con facoltà per gli altri cittadini di non avvalersene, su un piede di parità, se ne deve dedurre che le materie alternative, «offerte», si badi, non possono diventare obbligatorie; e neanche possono essere surrogate da altre attività, come lo «studio individuale», o le letture in appositi locali, o la deambulazione oziosa nei corridoi, o gli altri infiniti modi escogitati o escogitabili dalla fertile fantasia di un ministro o provveditore o,preside. Si dovrebbe, insomma, fare in modo che gli allievi possano liberamente scegliere quello che, a seconda dell'età, loro stessi, o i loro genitori, decidono di fare. Se così non fosse, se gli orari scolastici non fossero predisposti in modo da consentire, in concreto, questa libera scelta di chi non si avvale dell'insegnamento cattolico, e se, in concreto, ai non awalentisi fosse impedito di allontanarsi da scuola, si creerebbe una di quelle «discriminazioni» che lo stesso nuovo Concordato ha esplicitamente voluto escludere, perché alla facoltà degli uni si accompagnerebbe l'obbligo degli altri. Non starò a indicare qui le tortuose argomentazioni, al limite del grottesco, della sentenza del Consiglio di Stato, intese a dimostrare che, al contrario, una siffatta libertà dei non awalentisi comporterebbe una discriminazione a danno degli studenti cattolici. Quel che stupisce, è che la Cei giun- ga al punto di dire che se ai non awalentisi fosse consentito di allontanarsi da scuola, gli alunni awalentisi sarebbero per ciò solo «discriminati», con palese violazione del Concordalo. Ma è chiaro che la diversità fra gli uni e gli altri e in re ipso, creata e voluta da chi intende awalcrsi. Se di discriminazione si potesse parlare, sarebbe soltanto un'autodiscriminazionc, adottata per propria libera elezione. Sembrano invece apprezzabili, per il loro prudente realismo, le prime dichiarazioni fatte dall'on. Bodrato. Egli ha detto: «I cattolici debbono essere intransigenti sui loro valori, ma anche saper distinguere e scegliere. Sarà un'amara constatazione, ma è la realtà». Questo è il punto: distinguere i valori dai privilegi mondani e istituzionali. Sentivo ieri mattina, nella ottima rubrica radiofonica di Prima Pagina, le assennate parole di una madre cattolica praticante, contraria all'insegnamento statale della sua religione. Non sono pochi, per fortuna, i cattolici che così la pensano. Mediti bene il ministro Galloni, prima di appigliarsi a qualche altro espediente, a qualche circolaregherminella per vanificare la piena facoltatività riconosciuta dalla Corte Costituzionale. Se questi artificiosi espedienti dovessero prolungarsi, e la Costituzione fosse così seriamente beffata, non resterebbe che battersi per l'abolizione del Concordato. A. Galante Garrone

Persone citate: Bodrato, Galloni