«Dobbiamo ritirarci e trattare con l'Olp»

«Dobbiamo ritirarci e trattare con l'Olp» Un rapporto del Centro studi strategici di Tel Aviv «Dobbiamo ritirarci e trattare con l'Olp» In discussione la politica d'Israele - «Nel Likud c'è chi è d'accordo con noi» NOSTRO SERVIZIO TEL AVIV — Alla vigilia dei primi incontri a Washington del premier Yitzhak Shamir e del ministro degli Esteri Moshe Arens con l'amministrazione Bush, l'autorevole «Centro di studi strategici» dell'Università di Tel Aviv ha ieri messo in discussione i principali assiomi della politica israeliana in Cisgiordania e a Gaza e sollecitato il governo a ridefinire gli interessi nazionali vitali. «// persistere dell'occupazione militare in questi territori comporta importanti rischi strategici — ha ammonito il generale (riserva) Aharon Yariv (direttore'dell'istituto ed ex capo dell'Intelligence militare) presentando i risultati di un'approfondita ricerca —. Non c'è altra strada che avviare un dialogo di pace con l'Olp per la creazione, dopo un lungo periodo di transizione, di un'entità palestinese indipendente ma smilitarizzata". Nel corso di una ricerca avviata sei mesi fa gli studiosi del Centro hanno esaminato e scartato alcune possibili soluzioni del conflitto israelo-palestinese definendole o irrealizzabili o inaccettabili a una delle due parti in questione. Nella prima categoria hanno incluso l'annessione a Israele dei territori occupati, la loro alternativa evacuazione unilaterale e la concessione di un regime di autonomia limitata agli abitanti palestinesi (quest'ultimo progetto fa parte della piattaforma del Likud, il partito di Shamir). Nella seconda categorìa hanno incluso invece la continuazione dello statu quo e la creazione immediata di uno Stato palestinese. Criticando indirettamente Shamir, gli autori dello studio hanno affermato che la continuazione dello statu quo nei territori potrebbe condurre all'intensificazione della rivolta e alla radicalizzazione degli 800 mila arabi israeliani, nonché alla polarizzazione all'interno della società israeliana e a un'accresciuta tensione nelle relazioni fra lo Stato ebraico da una parte e i Paesi occidentali dall'altro. «Ciò rischia ovviamente di erodere il nostro deterrente militare" hanno notato gli esperti. 'Gli israeliani vedono nelle aspirazioni dei palestinesi una minaccia alla sopravvi■ verna fisica del loro Paese — ha spiegato Yariv — ma noi siamo giunti alla conclusione che, con adeguati accorgimenti, ciò non dovrebbe obbligatoriamente avvenire-. Ya., riv ha proposto che il governo .^tratti con 'esponenti palestinesi che godono di prestigio e di autorità, cioè con l'Olp- la creazione di un regime di autonomia allargata in Cisgiordania e Gaza che diventi, dopo un lungo periodo di transi¬ zione necessario per creare la fiducia reciproca, un'entità palestinese autonoma. Per poter avanzare nel processo di pace i palestinesi dovranno riconoscere l'immutabilità del carattere ebraico d'Israele e rinunciare cosi al ritorno dei profughi entro 1 suoi confini. 'Il loro assorbimento nei Paesi vicini o in Cisgiordania e a Gaza costituirà per noi un test circa le reali intenzioni di pace degli arabi" ha affermato Yariv, ricordando che qualora la questione dei profughi fosse lasciata irrisolta potrebbe creare fenomeni di irredentismo e destabilizzare l'intera regione. Gli autori della ricerca hanno assegnato un ruolo privilegiato agli Stati Uniti. Da un lato essi mantengono con Israele speciali rapporti di cooperazione strategica; dall'altro sono visti dai palestinesi come coloro i quali potrebbero operare pressioni decisive per ammorbidire le posizioni di Gerusalemme. Il Centro di studi strategici ritiene infine necessario uno sforzo economico da parte delle due superpotenze, dei Paesi occidentali e del mondo arabo, per un totale di «vari miliardi di dollari», per creare le necessarie infrastrutture nella futura entità palestinese e garantire la stabilità della regione. Il generale Yariv si è dispiaciuto perché il premier Shamir non ha in questi giorni trovato il tempo per ascoltare le proposte del suo istituto. Ma un altro ricercatore, Yossef Alpher, ha rivelato che durante l'elaborazione del materiale ci sono stati scambi di opinioni con esponenti del Likud: -Anche da loro qualcosa sta cambiando—ha detto—e in conversazioni private non hanno respinto del tutto le nostre analisi". Alpher ha aggiunto di ritenere che se l'Intifada palestinese si farà più acuta "un numero sempre maggiore di israeliani sarà disposto ad accogliere le nostre idee». f.a.