Purché vincano le colombe dell'Armata Rossa di Aldo Rizzo
Purché vincano le colombe dell'Armata Rossa Purché vincano le colombe dell'Armata Rossa DAL NOSTRO INVIATO VIENNA — Ora che il prologo politico della conferenza sul disarmo convenzionale in Europa si è chiuso, per dare il posto alle trattative vere e proprie, affidate alle delegazioni tecniche, si ha la sensazione che qualcosa di nuovo sia davvero cominciato, nel Vecchio Continente. La gente sente parlare di conferenze sul disarmo e può avere un moto di noia; ma questa volta è diverso. Per la prima volta, Nato e Patto di Varsavia, le due più grandi alleanze della storia, sono di fronte al gran completo. E non per misurarsi con problemi circoscritti, ma col proposito di eliminare lo squilibrio delle forze, da cui nasce di fatto la «minaccia sovietica»: insomma il nucleo duro della guerra fredda. E c'è il fatto nuovo di un'Urss disposta a rivedere i fondamenti della sua stessa potenza. Lo hanno ammesso tutti i maggiori ministri occidentali, dall'americano Baker all'inglese Howe, per non parlare del tedesco Genscher. Gorbaciov ha avuto il riconoscimento che gli spettava. Bisogna chiedersi fin dove si può arrivare, se siano già leciti scenari di un'Europa senza armi e tendenzialmente riunificata sul piano politico («La nostra ambizione ultima è di riassorbire la divisione dell'Europa», ha detto Andreotti). Per rispondere a questa domanda bisognerebbe sapere anzitutto qual e la forza reale di Gorbaciov nel Cremlino e la sua capacità di andare avanti. La sensazione è che non tutto sia così semplice in Urss. Lo stesso discorso di Shcvardnadzc, nel giorno inaugurale della conferenza, pur così aperto sul piano generale, mostrava, nell'articolazione delle proposte concrete, echi notevoli dell'antico tatticismo sovietico, probabilmente ispirato dagli ambienti militari. Non ci sarà, a Mosca, una vera minaccia dei militari alla perestrojka, ma una lobby militare sicuramente ' c'è. Perche rinunciare a un vantaggio strategico, è quanto devono chiedersi generali e marescialli, come ha rivelato l'intervento di Akhromeyev sulla Pravda alla vigilia della conferenza. E non è certamente la sola lobby con la quale la perestrojka deve fare i conti, come dimostrano in questi giorni i contrasti sull'agricoltura e le pole¬ miche sull'ideologia ufficiale. I dubbi su Gorbaciov hanno aleggiato a Vienna, insieme a forti speranze. Baker, nel discorso pubblicò, lo'' ha dettò "esplicitamente, a nome dell'amministrazione Bush: aspettiamo di vedere che il nuovo corso duri. A Shcvardnadzc, nell'incontro a due di martedì, ha detto: il vostro successo è importante per voi e per tutti; ma dipende da voi, noi non possiamo aiutarvi più che tanto. Un'affermazione che vale anche per queste trattative di Vienna, in cui fondamentalmente spetta ai sovietici tenere fede alle promesse. Se, come tutti ci auguriamo, il nuovo corso dcll'Urss resiste e si sviluppa, e il negoziato di Vienna procede con successo, bisogna comunque guardare con prudenza allo scenario possibile di un'Europa senza armi, o quasi, e senza più frontiere, o quasi, tra l'Ovest e l'Est. L'Europa deve aprirsi, ristabilire i più ampi e liberi rapporti tra Occidente e Oriente, ma non può ridursi a una grande arca grigia, a ridosso di quella che resterebbe la superpotenza sovietica. Mentre per l'Europa orientale bisogna aspettarsi e augurarsi un sempre maggiore grado di autonomia dall'Urss, l'unificazione dell'Europa occidentale, con tutte le sue implicazioni politiche e domani anche strategiche, deve proseguire senza esitazioni. L'Europa occidentale deve restare, anzi deve essere sempre di più, un polo di attrazione, di riferimento nei cambiamenti del Vecchio Continente. Aldo Rizzo
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