Un Novecento tutto tricolore di Alberto Sinigaglia

Un Novecento tutto tricolore PONTUS HULTEN PARLA DELLA PROSSIMA MOSTRA A PALAZZO GRASSI: 280 OPERE Un Novecento tutto tricolore ROMA — Dopo il trionfo del Fenici, a Venezia Palazzo Orassi mette In scena l'invenzione: «Arte italiana: presenze 1900-1945». Personaggi e interpreti d'una stagione straordinaria, gremita di movimenti, gruppi, tendenze. Duecentottanta quadri e sculture di ogni parte d'Europa e d'America scelti da Pontus Hulten, con la collaborazione di Germano Celant e l'allestimento di Oae Aulenti. Si apre il 30 aprile. Si chiuderà il 5 novembre. Ieri la grande esposizione è stata presentata a Roma, nell'Aula Magna del Palazzo della Cancelleria. Oggi viene presentata a Parigi. «Da Fiumana di Pellizza da Volpedo a Roma città aperta di Rossellini», racconta Pontus Hulten, svedese, sessantacinque anni, direttore artistico di Palazzo Orassi e consigliere del Beaubourg. '"I Fenici" erano speciali, e sono diventati un fenomeno, una moda, una necessità. "Futurismo & Futurismi" erano una sorpresa: cercammo di rivisitare quel movimento e le sue sfide, il successo che ebbero e te tracce che lasciarono nel mondo. La nuova mostra ha un soggetto colossale: dimostrare che, dal punto di vista artistico, se il XIX Secolo è francese, il XX Secolo può dirsi italiano». Non è un modo di vedere che semplifica troppo la complessità del Novecento? 'Lo riaffermo, pur non essendo italiano, per varie ragioni. Per esempio, sotto certi aspetti il Futurismo è stato molto più efficace del Cubiamo, è penetrato più profondamente. Per esempio, de Chirico ha influenzato enormemente Max Ernst, Malevic e uno sterminato numero di altri artisti importanti: anzi, è forse il pittore che più abbia ispirato persone tanto diverse. Per esempio, gli astrattisti italiani hanno avuto un ruolo pilota. Pensi a Fontana...». Lei dice che la rassegna si apre con un dipinto e si chiude con un film. Perché? 'Sono due società, due collettività. Tra l'uno e l'altra incontriamo l'individuo, i solitari personaggi-manichini dei pittori metafisici o di Ossessione, film dell'esordiente Luchino Visconti, dramma dell'amore e della separazione. Un gioco incessante di affinità, differenze, contrasti, non soltanto tra artisti diversi ma anche tra arti diverse. Si potrà andare alla mostra semplicemente per vedere dei capolavori mai prima d'ora insieme. Oppure si potranno mettere a confronto de Chirico col fratello Alberto Savinio o Modigliani con altri artisti italiani a Parigi. Oppure si cercheranno itinerari molteplici tra "l'arte per l'idea" di Pellizza, gli ambienti smembrati di Boccioni e Severini, il fervore avanguardistico del Futurismo, gli oggetti silenziosi di Morandi, il modernismo aggressivo di Balla e quello enigmatico di Carro, la tragicità di Quttuso, l'astrazione di Santomaso, Afro, Vedova. O ancora si coglieranno ifili che legano quei vari momenti pittorici con l'architettura, l'urbanistica, la fotografia, la letteratura, il cinema. Quarantacinque anni di cultura raccontati, oltre che dalle opere, da fotografie, film, libri, riviste, lettere, oggetti, computer». Un grande fenomeno culturale che si ferma proprio al 1945? 'E' enorme, totale il rinnovamento che l'Italia vive immediatamente dopo la guerra. Allora faceva da locomotiva all'intera Europa: design, cinema, architettura, stile di vita ottimista. La maggior pc.te delle altre nazioni erano depresse, pessi¬ miste o distrutte. Persino l'Inghilterra vittoriosa era un paese triste. La Francia si era ripiegata su se stessa. Invece qui c'era vitalità, ottimismo e una volontà di creazione, d'invenzione che diedero luogo a fenomeni come la trasparenza, l'apertura, l'eleganza che distinsero l'architettura soprattutto a Milano, e un po'a Roma e a Torino. E poi c'era l'esplosione della moda, la voglia di praticità, con la Vespa, la Lambretta.-». Dalla mostra «Arte italiana del XX Secolo» alla Royal Academy di Londra Palazzo Orassi rischia di importare, con le opere, anche qualche polemica? 'Arriveranno a Venezia un centinaio di opere. Le polemiche su certe assenze non ci riguardano. Quella mostra non è figlia mia, ma voglio difenderla: per un tema cosi vasto, tra tanti movimenti, correnti, protagonisti, comunque si sarebbero rischiate assenze. Per questo noi abbiamo diviso il soggetto in due...». Alla seconda metà sarà dedicata un'altra rassegna in Palazzo Grassi? 'Sarebbe un buon soggetto, ma bisogna prepararsi molto e comunque seguire criteri diversi da quelli adottati a Londra». Allora, le prossime mostre? 'La prima, nel febbraio 1990, sarà nel nome di Constantin Brancusi, scultore romeno di Parigi. Nessuno gli ha mai dedicato una grande mostra: né in Italia né altrove. Ed è un gigante: non ci si può immaginare l'arte minimal senza di lui. Poi. nel "91, l Celti, i padri dell'Europa». E' vero che in segreto Pontus Hulten sta scrìvendo un libro? «Ebbene sì. Forse s'intitolerà La morte dell'avanguardia Abbiamo ucciso una madre e non sappiamo come sostituirla. Mi pu.ee indagare, studiare, cercar di capire se l'abbiamo perduta per sempre o se ritornerà avvolta in un nuovo mantello». Alberto Sinigaglia Carlo Carrà: «Le figlie di Lotti» (1919, olio su (eia)