Patto Berlusconi-Cecchi Gori di Maria Grazia Bruzzone

Patto Berlusconi-Cecchi Gori I due gruppi hanno firmato un'intesa per la produzione e la distribuzione dei film Patto Berlusconi-Cecchi Gori Insieme creeranno una società cinematografica che realizzerà una dozzina di pellicole - Non è ancora una «Major» perché i due partner non si sono legati in esclusiva, ma è l'embrione di un nuovo colosso europeo C'è però un precedente accordo con la Rai - A Viale Mazzini ora dicono «Aspettiamo chiarimenti» ROMA — Berlusconi e Cecchi Gori danno vita a una società di produzione cinematografica comune. Il maggior imprenditore televisivo italiano e il maggior produttore di film hanno deciso di mettere insieme le loro energie per costituire un «polo forte» del cinema, in un mercato sempre più proteso nella dimensione internazionale. Non è ancora una Major all'italiana, perché l'accordo non comporta vincoli di esclusiva. Ma forse è l'embrione di un colosso capace di stare al passo con le iniziative che stanno maturando in Europa o addirittura di proporsi come punto di riferimento continentale. A casa Berlusconi non possono che essere soddisfatti. •Da tempo stavamo lavorando al progetto che aspetta ancora di essere prefezionatO', dichiara l'amministratore delegato di Fininvest Comunicazioni. Fedele Confalonieri. -Sicuramente si tratta di una grossa novità che offre opportunità nuove a un cinema italiano oggi più che mai bisognoso di ordine e di strutture fortù, è il commento di Riccardo Tozzi, da poco nominato responsabile della produzione cinematografica, oltre che televisiva, del gruppo. Silenzio assoluto invece da parte Rai. Neppure una battuta trapela dal capo di Raiuno Carlo Fuscagni, tanto meno dal direttore generale Biagio Agnes che due anni fa ha stretto con i Cecchi Gori il famoso contratto oggetto di tante polemiche. -L'azienda si pronuncerà solo quando saranno più chiarì i dettagli dell'operazione' è la risposta ufficiale che arriva attraverso l'ufficio stampa. Della nuova società effettivamente non è noto ancora tutto. Non si conosce il nome, per esempio. Ma si sa che assocerà al 50 per cento Reteltalia, il braccio operativp Fininvest, e il gruppo dei fiorentini Gori, Mario e Vittorio (reduci dal loro più grande successo di stagione con Caruso Pascoski di Francesco Nuti). Si sa anche che si occuperà di produzione, forte dei legami dei due partners con le case di distribuzione Medusa (la Fininvest) e Co¬ lumbia (i Gori) e del circuito di sale che Berlusconi ha messo in piedi negli ultimi due anni. Al momento, l'obiettivo è mettere in cantiere una dozzina di film l'anno, prevalentemente produzioni internazionali. La nuova firma opererà anche nel campo degli acquisti, acquisendo film dai produttori indipendenti per i tre networks di Berlusconi, ma lasciando libera Reteltalia di trattare i megapacchetti di celluloide con i grandi di Hollywood. Il comunicato del gruppo parla anche di 'ricerca di nuovi talenti, di impostazione di una strategia industriale per la distribuzione, l'esercizio, la commercializzazione dei diritti cinematografici, televisivi e di videocassettte». Progetti ancora vaghi, ma facilmente immaginabili sullo sfondo di un' Europa sempre più protagonista in uno scenario cine-teIevisivo-editoriale sempre più dominato da pochi grandi. E' di ieri la notizia di un accordo fra i due giganti americani Warner e Time Inc., motivato dalla volontà di «tener dietro a un Giappone ma soprattutto a un'Europa in forte movimento». L'allusione è alle grandi manovre dei maxi-editori Rupert Murdoch e Robert Maxwell. Ma nella trama di iniziative che si vanno delineando ci sono anche l'alleanza fra la prima rete televisiva privata francese Tfl e il colosso audiovisivo tedesco Beta Taurus, i potenziali accordi fra Maxwell, Tfl e lo stesso Berlusconi per il satellite, l'espansione negli Stati Uniti della nuova Pathè Cinema di Carlo Parretti, nel cui consiglio di amministrazione siedono due uomini Fininvest, uno dei quali è lo stesso direttore di Retelta¬ lia, Carlo Bernasconi, che definisce la nuova società -un'impresa a dimensione-: europea». >'. L'integrazione avanza nel: Continente quanto in Italia; Ma questa concentrazione di, potere non sembra spaventare i produttori nazionali. -Abbiamo Fiat, Alfa, Lancia e Ferrari sotto lo stesso tetto per far fronte alle sfide mondiali: perché non deve succedere lo stesso per il cinema?», domanda rilanciando il presidente dei produttori italiani Silvio Clementelli. E aggiunge: «L'Europa deve o non deve diventare un mercato comune? Continuare a muoversi nel piccolo sarebbe come se dieci o vent'anni fa qualcuno si fosse limitato a operare nell'Italia del Nord». Paura di restare schiacciati dal monopolio? -A priori non lo direi proprio. Ben vengano anzi i denari di cui il cinema ha bisogno, e la forza necessaria per imporre i prodotti sui mercati internazionali. Intanto una cosa è certa: al di là di ogni accordo, è dei prodotti, di buoni prodotti; che chiunque avrà bisogno. E i film continueranno sempre a girarli i registi, a fotografarli gli operatori e a produrli i produttori. E meglio li faranno, più diventeranno preziosi e ambiti». Maria Grazia Bruzzone

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