Legge marziale a Lhasa

Legge marziale a Lhasa Pechino non riesce a frenare la protesta indipendentista tibetana Legge marziale a Lhasa E' la prima volta che la Cina ricorre a questa misura dopo la Rivoluzione Culturale - Terzo giorno di scontri e saccheggi - Brutalità da parte di poliziotti e dimostranti - Le vittime sarebbero una settantina PECHINO — n governo di Pechino ha imposto la legge marziale a Lhasa, la capitale 'del Tibet teatro da tre giorni di violente proteste anticinesi, nelle quali hanno perso la vita, secondo il bilancio ufficiale, 12 persone. Nel dare la notizia l'agenzia Xinhua ha precisato che alcune zone della città saranno chiuse, che tutti i raduni, le manifestazioni, gli scioperi e gli incontri pubblici saranno vietati e che le forze dell'ordine saranno autorizzate a controllare tutti i veicoli e le persone circolanti nelle aree presidiate da poliziotti e militari. Il decreto del Consiglio di Stato, firmato dal primo ministro Li Peng, è entrato in vigore dalle 17 di ieri; Nel motivare la decisione l'agenzia ha precisato che è stata presa per porre fine -ai disordini provocati nei giorni scorsi da alcuni nazionalisti'. La televisione ha reso noto inoltre che le autorità locali sono autorizzate a varare «tutte le misure necessarie per restaurare l'ordine'. E' la prima volta che il governo cinese proclama la legge marziale dall'epoca della Rivoluzione culturale (19661976 ), quando in diverse città si verificarono violenti incidenti. La gravità della situazione è apparsa chiara fin dall'inizio della giornata, quando il ••Quotidiano del popolo», organo ufficiale del partito comunista, nel commentare gli avvenimenti ha sostenuto che si è trattato dei più gravi disordini mai verificatisi in Tibet negli ultimi anni, ammettendo che i partecipanti sono stati numerosissimi, che i rivoltosi sono in possesso di armi e che si rende necessaria una mobilitazione generale per riuscire a mantenere l'ordine. Secondo alcuni osservatori, il governo centrale ha deciso di ricorrere alla misura estrema della legge marziale anche a causa della virtuale impossibilità di mediazione con le migliaia di religiosi dei monasteri tibetani, che sono i veri animatori del movimento indipendentista. Perii terzo giorno consecutivo si sono susseguite ieri a Lhasa le manifestazioni di proteste contro l'occupazione cinese. La polizia ha aperto di nuovo il fuoco contro i dimostranti mentre un piccolo corteo sfilava per le strade del centro sventolando la bandiera nazionale del Tibet e facendo falò delle merci asportate dai negozi di proprietà dei cinesi. I tibetani, secondo quanto hanno riferito i turisti presenti a Lhasa, hanno continuato a lanciar sassi ed aggredire i cinesi che si avven¬ turano nella parte della città da essi controllata. Sul bilancio dei cruenti disordini scoppiati domenica e lunedi continuano' a circolare cifre contrastanti. Le autorità di Pechino parlano di dodici morti mentre gli stranieri, che citano fonti locali, sostengono che i caduti sarebbero addirittura 75 ed i feriti circa trecento. Ieri mattina una cinquantina di persone, in gran parte ragazze, hanno iniziato a sfilare in corteo partendo dalla piazza principale della capitale per raggiungere via Pechino. Dal corteo sono volati sassi. Dopo aver raggiunto l'albergo frequentato dai turisti stranieri i manifestanti sono ritornati verso la piazza principale ed hanno iniziato a bruciare le merci asportate dai negozi dei cinesi. Un'ora più tardi sono intervenuti una sessantina di agenti che hanno disperso la folla. n corrispondente del quotidiano inglese Guardian ha riferito scene di atrocità cui si sarebbero abbandonati sia i poliziotti cinesi che hanno percosso brutalmente innocenti passanti tibetani sia i dimostranti che hanno preso a sassate inermi cinesi. Negozi e ristoranti sono stati presi d'assalto e dati alle fiamme. Le strade sono ingombre di biciclette contorte e tutto quello che non è tibetano è stato dato alle fiamme. La furia dei tibetani è scoppiata domenica quando la polizia ha sparato contro un gruppo di persone che manifestavano pacificamente vicino a un tempio. La protesta si è così trasformata in rivolta. Venerdì cade il trentesimo anniversario di una rivolta nazionalista soffocata nel sangue. (Ansa-Agi-Ap)

Persone citate: Xinhua

Luoghi citati: Cina, Pechino, Tibet