Filosofo per scandagliare la vita

Filosofo per scandagliare la vita ALLA RISCOPERTA DI ENZO PACI: DIBATTITO A MILANO SULLA SCENA DEL PIER LOMBARDO Filosofo per scandagliare la vita MILANO — Sulla scena del Pier Lombardo, l'altra sera, c'erano tre filosofi (Umberto Eco, Pier Aldo Rovatti, Salvatore Veca), un critico d'arte (Gillo Dorfles), uno psichiatra (Lorenzo Calvi) e un moderatore (Furio Colombo). Seduti a un tavolo e su un divano, davanti a molti giovani tutti insieme evocavano un altro filosofo, Enzo Paci, di cui ora Bompiani ripubblica due volumi introvabili. Due titoli ardui, tecnici, ma che poi rappresentano un'idea generosa, quasi romantica, della filosofia, tale da caratterizzare più o meno occultamente alcuni dei trascorsi decenni, il primo è II significato- del 'Parmenide' ■nella filosofìa di Platone (del '38), il secondo II nulla e il problema dell'uomo (del'50). »Il "Parmenide"di Platone mi ha segnato la vita, ha raccontato Eco, cosi come l'ha 'segnata a Paci. Lo lessi al liceo e non ci capii nulla. Ma ero in buona compagnia: l'intera storia del pensiero occidentale non ha ancora finito di capirlo. E se non si comincia di lì, non si fa filosofia. Al primo anno d'Uni- versità lessi poi il libro di Paci, e non capii nulla neanche lì. E'più difficile di Platone». 'Ma una cosa l'ho capita, leggendo Paci, ha concluso Eco. E' la passione per il pensiero. E se oggi dovessi affrontare le nove ipotesi sull'essere e il non essere che avanza Parmenide, nove ipolesi maledette perché incomprensibili, ricorrerei a un passo di Aristotele e le interpreterei come fenomeno di linguaggio-. I sei attori in scena non erano dei reduci, del nostalgici. Non invocavano nessun «ritorno a Paci». Semplicemente dicevano che da Enzo Paci vien' fuori ancora uno stile di pensiero, una «passione» per la vita che vale la pena dì condividere. «Una filosofia per la vita» era proprio il titolo della serata. L'ha voluto Pier Aldo Rovatti, deus ex machina dell'operazione editoriale e culturale. Rovatti ha fatto vedere come l'esperien¬ za che l'uomo compie nei suoi anni, e cioè l'immersione nella finitezza, nell'angustia e nell'angoscia, In Paci non si riduce mai al culto del nulla, alla rinuncia, alla sofferenza sterile. Al contrario diviene impegno, tensione per sbloccare i vecchi lìmiti e per affrontarne di nuovi, evitando così sia la fuga consolatoria nella metafisica, in un'entità che ci trascende e ci guida, sia l'abbattimento compiaciuto nel nichilismo. Per questo il suo iniziale esistenzialismo è stato chiamato «positivo». Un attaccamento alla concretezza del qui e ora che Paci non lascerà più. Anche il suo marxismo, alla fine, ne sarà segnato. Sulla scena del Pier Lombardo si rappresentavano diversi significati. Innanzi tutto, 'Paci è un invito a pensare grande, come ha detto Furio Colombo. Senza che la filosofia sia asservita alla scienza, come invece ho visto nei programmi dell'Università di Harvard». Ma poi dietro Paci affiorava un'intera tradizione. Quella di una filosofia — ha detto Veca — che 'prende sul serio solo le domande per le quali si sa che non ci sarà mai una risposta». E' proprio questo interrogare continuo che il filosofo deve avere il coraggio di assumere, senza farsi tentare da risposte «forti», legate per esempio alla ragione scientifica. Una filosofia come problema sempre aperto. «Non dimentico le lezioni di Paci nell'aula 110 della Statale, ha detto ancora Veca. Come non dimentico le sue conversazioni con noi studenti fino a sera tardi o gli aperitivi al sabato da Panarello-, Ancora. Sulla scena del Pier Lombardo si riscopriva un'Intera cultura, un filone che parte abbastanza da lontano, da Piero Martinetti, il filosofo di Torino che introI dusse da noi, nei primi de¬ cenni del Novecento, una certa filosofia tedesca, non hegeliana. Un insegnamento prezioso per un suo allievo milanese, Antonio Banfi. E da Banfi è sorta una scuola che non cessa di stupire per la sua ricchezza. Paci, appunto, fu suo allievo. Insieme con Remo Cantoni, Giulio Preti, Luciano Anceschi, Luigi Rognoni, Paolo Rossi. Dice Amedeo Vigorelli, autore di uno studio su Paci: -Oggi si. capisce sempre meglio che non c'è stata solo la Napoli di Croce e Gentile, nella storia recente della nostra filosofia». Una caratteristica di questa scuola banfiana è l'apertura della filosofia verso le arti e le scienze umane. Proprio Paci ha interpretato forse al massimo livello questa molteplicità di interessi. E non era eclettismo, ma ricerca di un senso unitario. Paci si occupava di musica: era amico di Maderna, Beno, Castiglioni. Di arti! chitettura, di letteratura e pittura, di filosofia del linguaggio. Di psicoanalisi: 'Ricordo le discussioni che aveva con Musatti, Fornari, Fachinelli», dice Paolo Caruso, suo ex assistente, ora alla Mondadori. Testimonianza di questa attività interdisciplinare era aut aut. la rivista che Paci fondò nel '51. "Di "aut aut" mi sono pasciuto-, ha confidato Eco. Aut aut c'è ancora. La dirige Rovatti. "Il primo numero ospitava una lettera di Thomas Mann-, ha ricordato Dorfles. -Ci scrìssero poeti come Gottfried Benn e studiosi come Gombrich, Bense, Arnheim». Perché era, perché è importante, per la nostra cultura, una rivista come aut aut di Paci o come II Verri di Anceschi? Perché arrivarono da noi voci europee che l'egemonia crociana aveva compresso, allontanato, rimosso. Gli Anni Cinquanta videro quasi un'esplosione di curiosità, un'ansia di nuove esperienze, nuovi confronti e stimoli. Paci interpretò questo clima. Era poroso, reattivo, vorace. E comunicava le sue letture. "Fu un grande impollinatore-, dice ancora Caruso. "Impollinatore-. Paci consigliò la traduzione di numerosi autori. Prima alla Bompiani, dove precedette Eco nella direzione della collana «Idee nuove-. Vi fece pubblicare Husserl, Sartre, MerleauPonty, Whitehead. Poi al Saggiatore di Alberto Mondadori, dove era insieme con Argan, Cantoni, Mila. Vi apparvero Husserl ancora, e ancora Sartre e Merleau-Ponty, ma anche Lévi-Strauss e Ricoeur. La riedizione di queste due opere di Enzo Paci. Pochi mesi fa un convegno su Remo Cantoni, l'anno scorso un convegno su Preti. La riapparizione recentissima degli Scritti esistenzialisti di Nicola Abbagnano (Utet). Sì riannodano i fili di questo fronte culturale, che ha sempre lottato contro ogni verità definita una volta per tutte, in cerca di un senso per chi vive. Claudio Al tarocca

Luoghi citati: Milano, Torino