Altri 3 arresti per il piano di evasione di Giovanni Bianconi

Altri 3 arresti per il piano di evasione Confermati i contatti con i «neri» processati al Foro italico, dove doveva attuarsi la fuga Altri 3 arresti per il piano di evasione Sono giovani neofascisti - Avevano lasciato armi e divise da carabinieri al deposito bagagli della stazione Tiburtina di Roma - Le visite nell'aula-bunker a Concutelli, Vallanzasca, Cavallini ROMA — Con sguardi e parole sottratte all'orecchio dei sorveglianti, qualche dettaglio sul progetto d'evasione se l'erano comunicato addirittura nell'aula-bunker del Foro Italico. Al processo bis contro -Ordine Nuovo» i complici sono andati più di una volta per incontrare Concutelli. Vallanzasca, Cavallini e gli altri aspiranti evasori. Ma non passavano inosservati, era gente già conosciuta agli investigatori, militanti neofascisti dei primi Anni Ottanta. Le intercettazioni telefoniche e i pedinamenti hanno fatto il resto. Altri tre complici della -grande fuga» da Rebibbia sventata due settimane fa, sono stati arrestati giovedì scorso dopo giorni di controlli e appostamenti. E una parte delle armi che dovevano servire ad appoggiare dall'esterno l'evasione è stata recuperata. Antonio D'Inzillo e Gianluca Ponzio, ambedue di 26 anni ciascuno, un passato nelle file della destra eversiva (accuse di omicidio, rapina e banda armata), sono stati arrestati dai carabinieri di Roma dopo che avevano lasciato al deposito della stazione Tiburtina una mitragliatrice M12, una pistola Browning 7, 65e due uniformi dell'Arma. Giorgio De Angelis, stessa età degli altri due, fratello del neofascista Nanni suicidatosi nel carcere di Rebibbia nel 1980, ex militante di «Terza Posizione», l'hanno bloccato vicino a casa, al quartiere Parioli. I tre erano in contatto tra loro. D. giudice Giovanni Salvi, che conduce le indagini sulla tentata evasione dal carcere romano, dopo averli interrogati ha firmato altrettanti ordini di arresto per associazione per delinquere e concorso in detenzione e porto abusivo di armi. Secondo gli investigatori, i tre — D'Inzillo, Ponzio e De Angelis — dovevano organizzare l'evasione insieme con Luca Onesti, il neofascista arrestato quindici giorni fa con addosso 400 grammi di esplosivo provenienti dalla Sardegna, da recapitare in carcere dentro la finta torta profilerai. Braccato dai carabinieri il giovane ingoiò un foglio di carta che fu possìbile recuperare attraverso la lavanda gastrica: c'erano scritti molti particolari sulla progettata fuga dal carcere. Caduto in trappola il primo complice, gli altri tre sono stati seguiti finché non si è arrivati alle armi. Due giorni dopo l'arresto di Onesti, quando ancora la notizia non era stata divulgata, De Angelis s'è presentato nell'aula processuale del Foro Italico. Nella gabbia degli imputati, oltre ai big Concutelli, Vallanzasca e Cavallini, c'era anche suo cugino Emanuele Macchi, arrestato circa un mese fa. E' molto probabile che, mentre era ancora in libertà, Macchi partecipasse all'organizzazione dell'evasione, e una volta finito in carcere dovesse invece approfittarne. L'elenco dei detenuti che, secondo il piano, dovevano fuggire sarà completato nei prossimi giorni dal magistrato, che firmerà altri ordini di arresto per neofascisti e detenuti comuni coinvolti nella vicenda. D'Inzillo e Ponzio, poco prima dell'arresto, erano andati alla stazione Tiburtina, dove da qualche giorno era stata depositata (probabilmente da altri complici) la borsa con le armi. L'hanno ritirata, infilata in un'altra borsa più grande e poi riconsegnata al deposito bagagli. Un modo per tenere nascosto quel piccolo arsenale, lontano dalle case che potevano essere perquisite da un momento all'altro visto che ormai il piano d'evasione era stato scoperto. Dopo il secondo «deposito», i carabinieri sono andati a vedere che cosa conteneva la borsa: oltre alle armi e alle divise c'erano un lampeggiatore calamitato blu che si applica alle macchine e due targhe false dell'Esercito. Qualche ora più tardi i due giovani erano in cella, e la stessa sorte toccava a-De Angelis. E' bastato un rapido accertamento perché la mitraglietta M12 «firmasse», se ancora ce n'era bisogno, la tentata evasione. L'arma fu sottratta nel 1981 a due poliziotti in servizio davanti all'ambasciata dell'Arabia Saudita, a Roma. I «Nuclei armati rivoluzionari» rivendicarono l'azione fornendo il numero di matricola dell'M12. La stessa mitraglietta è stata probabilmente usata in alcune rapine compiute dai neofascisti lo scorso anno a Roma. Con quel denaro è stato finanziato il plano di evasione. Secondo gli investigatori, i due sardi «corrieri» dell'esplosivo, Francesco Tamponi e Anna Casu, arrestati insieme con Luca Onesti, avrebbero partecipato all'operazione per soldi e non per far evadere Giovanni Tamponi, fratello di Stefano, ergastolano, anch'egli detenuto a Rebìbbia. Tutta l'inchiesta partì proprio dalla Sardegna, nell'ambito delle indagini sul traffico della pentrite fra l'isola e il contintente. Quando il magistrato di Tempio Pausania si accorse dei contatti fra Tamponi e Onesti trasmise gli atti a Roma, e le indagini hanno portato a Individuare il piano per l'evasione. Giovanni Bianconi

Luoghi citati: Arabia Saudita, Roma, Sardegna, Tempio Pausania