«Imparate da noi, felici pagani d'Islanda» di Enrico Benedetto
«Imparate da noi, felici pagani d'Islanda» A colloquio con Svenbjòrn Beinteinsson, che ha reintrodotto il culto di Odino e Thor «Imparate da noi, felici pagani d'Islanda» REYKJAVIK — Difficilmente, a giugno, incontrerà il Papa, anche se giura di non aver nulla contro la sua visita in Islanda e lo trova, anzi, simpatico, n fatto è che lui — Svenbjòrn Beinteinsson — e come lui qualche centinaio d'islandesi — sono pagani. Non Zeus, Afrodite, Dioniso ma Odino, Thor, Freia, Valchirie sparse. Insomma, i personaggi fascinosi, belli e terribili, echeggiati nel drammi wagneriani, quelli che all'etereo Paradiso preferivano un corposo Walhalla di sbornie e lussuria. n Crepuscolo degli Dei, per Svenbjòrn, non è tuttavia mai giunto. Quella di cui è gran sacerdote pare, anzi, una «religione ritrovata», quasi una sfida al Paese più luterano del mondo, con appena duemila cattolici su 250.000 abitanti. La racconta nella sua casa-tempio a una sessantina di chilometri da Reykjavik. Niente abiti da cerimonia — le tuniche indossate per i culti solari — ma jeans, pipa e una polo. A 65 anni, malgrado la carica religiosa, tiene ancora il suo bravo gregge di pecore, come molti islandesi, e alterna l'attività «sacerdotale» con robuste tosature. — Signor Beinteinsson, a molti sembrerà un po' naif il suo paganesimo di ritorno. Come le è venuta questa idea? Maturava da molto, da quando — nel 1945 — pubblicai le mie prime liriche. Vedevo gli altri «colleglli» tentare strade nuove, quella che allora si chiamava poesia atomica, basata sul disincanto dell'era nucleare. Io, invece, ero attratto dalle rune, l'Edda, le saghe che racchiudono la più antica I sapienza dell'Europa me¬ dioevale. Quegli dei, quelle cosmogonie non sono frutto d'importazione, come la Bibbia. La gente, qui, ne ha grande rispetto. Hanno fatto un sondaggio, qualche anno fa: molti buoni cristiani d'Islanda — si è scoperto — credono a troll, coboldi, divinità intermedie. Così, nel '72, mi sono fatto coraggio e ho ripristinato l'Asatru o religione degli Asi, i nostri dei. Culti e cerimonie venivano illustrati con ampiezza nei vecchi testi, non ho dovuto inventare nulla. — E la sua comunità? Alcune centinaia di membri, più chi ci frequenta senza regolare adesione, magari per evadere le tasse. Qui è lo Stato a raccogliere i tributi per ogni confessione. Ricordo gli incontri con 11 ministro degli Affari religiosi, quando dovevamo farci omologare matrimoni ed esequie nel nome di Wotan: era imbarazzatissimo. All'inizio qualcuno temeva che facessimo sacrifici umani: certo, crediamo nel sangue come vincolo rituale, ma io immolo animali, simbolicamente. Vede, la nostra, a ben guardare, è una religione di natura: l'uomo non ha bisogno d'una qualsivoglia rivelazione ultraterrena, basta che guardi intorno per scoprirsi tutt'uno con l'ambiente. La grande festa che teniamo ogni anno per il solstizio d'estate è proprio un'affondare le radici in queste origini. Beviamo, certo, anche molto: o che l'idromele non pervade le pagine più belle dell'Edda? E i cristiani possono evitare di scandalizzarsi per la nostra fede «barbara». Pensino, semmai, che in questo cristianissimo Paese solo due o tre persone su cento frequentano il culto dome¬ nicale. — Pensa che il paganesimo possa rappresentare una soluzione per le tante società post-cristiane? Rifiuto il proselitismo: questo culto non richiede conversione ma appartenenza, si tiene prudentemente lontano dalle promesse, rende terrestre la vita. Forse è per questo grande buon senso che qualcuno ci chiama pazzi. Nell'84 ho inciso un disco. Cantavo alcune fra le stanze più antiche dei nostri poemi, come facevano una volta i kvaedamadur, menestrelli di villaggio. Non c'è accompagnamento musicale, solo la voce che s'innalza e cade come il ritmo della vita. Per i tanti giovani che si avvicinano al nostro gruppo, questa «fluidità» ritrovata è il dono più bello che Odino possa fare. Enrico Benedetto
Persone citate: Beinteinsson, Crepuscolo, Dei, Svenbjòrn Beinteinsson
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