Tanti anni col Toro per vincere

Tanti anni col Toro, per vincere Il nuovo presidente Gian Mauro Borsano espone un programma ambizioso Tanti anni col Toro, per vincere «Non sono qui per vendere Graverò, non ho subito condizionamenti» - «Mi preoccupa il mercato, ma i miliardi che ho promesso basteranno» «La squadra ha cuore, non parliamo di B» TORINO — 'Non sono entrato nel Torino per vendere Crocerò, non ho ricevuto pressioni. Delle trenta aziende del gruppo solo tre fanno parte dell'indotto auto: non mi faccio condizionare, condizionamenti non li avrei accettati, e le aziende stesse non sono condizionabili. Ho letto cose strane, di spinte esterne. Forse perché Franzo Grande Stevens, legato agli ambienti bianconeri, è legale del nostro gruppo da quattro anni... Io voglio essere un presidente che dura per portare il Torino a traguardi importanti. Nell'interesse della società, della città e mio». Cosi Gian Mauro Borsano nella prima conferenza stampa da presidente. Ore 14,30, salone grande della stupenda sede della Gima spa (capogruppo) in corso Trento, hostess graziose e fasciate in rosso-granata, brindisi augurale con champagne e succhi di frutta. Per ognuno una cartellina con tutto: foto della sede Gima, organigramma del gruppo folto di nomi con consistenze da verificare, profilo del presidente. In grìgio, con il distintivo del Toro all'occhiello, Gian Mauro Borsano ha spiegato tutto di sé, dei suoi programmi, della sua visione del calcio e del Torino. L'impressione a caldo? Un giovane manager che sa cosa vuole, e soprattutto (la cosa più importante) cosciente di quanto deve imparare in un mondo del quale ha già captato i rischi principali: «Jtft affascina e mi preoccupa l'irregolarità di questo tipo di società, non mi piace che tutti si sentano professori senza vivere all'interno della struttura, senza conoscere a fondo i problemi'. Vorrebbe essere più vicino a Berlusconi «per la sua capacità manageriale', più vicino a Boniperti «per te sue qualità tecniche, la sua conoscenza dell'ambiente'. — Ci spieghi il suo Torino, adesso. 'Sarò presidente e amministratore delegalo (comanderà uno solo, buon segno, ndr), offro alla società il massimo impegno personale e dei miei collaboratori. Al Toro serviva un padrone, brutta parola ma significativa, che si facesse sentire. Primo obbiettivo la salvezza, logico. Domenica mi hanno impressionato la grinta e la gioventù della squadra. Nei giocatori e in Sala la mia piena fiducia. Domattina (stamane, ndr) andrò ad Asti a presentarmi, a salutarli. Domenica sarò vicino a loro a Bergamo. In B non andremo, anche perché io porto fortuna alle aziende che compro. Lo staff sociale del Torino Calcio? Non sono qui per stravolgere un organigramma. Conoscerò tutti e vedremo. Sono uno che vuol ragionare e decidere di testa sua, ma senza tagliare delle teste. Soprattutto non sono qui per svendere, sia chiaro: — Le difficoltà immediate, il dubbio sulla permanenza in A e un mercato che già entra nel vivo. Come si muoverà Gian Mauro Bersano che ammette di essere un novizio nel turbolento e «sommerso» mondo del calcio? 'Il calcio-mercato è in mano a pochi, e questo mi spaventa. Nelle aziende prendo le mie responsabilità nella scelta dei tecnici, e poi li lascio lavorare. Vedremo, la¬ sciatemi qualche settimana. Certo, dopo dieci anni di presidenza del Torino ne capirò molto di più... Ma già ora bisogna lavorare sul concreto. Mi rendo conto. Soprattutto dopo aver visto la curva Maratona. I tifosi meritano le massime soddisfazioni'. —Lei, a parte gli 8-9 miliar¬ di necessari all'acquisto delle azioni di Gerbi e De Finis, ne ha promessi altri 10 per società e squadra. Basteranno? 'Sull'entità della cifra d'acquisto consentitemi un comprensibile riserbo. Per quanto concerne la squadra, dieci miliardi più i sei del credito in Lega sono sicura- mente sufficienti». — Cosa l'ha spinto a conquistare la presidenza del Torino? •Alla base la passione di famìglia. Mio padre era così granata da costringermi a sposarmi a Superga. Gerbi mi aveva parlato a novembre. Dissi di no soprattutto per le implicazioni famigliari. Il mio giorno libero era la domenica, adesso non lo sarà più. Mio figlio Giovanni è entusiasta, mia moglie Paola ha dei dubbi. Mi hanno convinto la mia voglia di cose nuove e le affettuose pressioni di Pianelli. Per lui il Toro è sempre una passione'. —Perché il suo nome è stato l'ultimo a comparire nella lunga trafila di pretendenti e il primo al traguardo. 'La voglia di segretezza, intanto. Ma l'ultima giornata è stata dura. C'erano altri in corsa. Verso sera, una specie d'asta. Le offerte erano simili, ha vinto la mia torinesità. Ringrazio Mario Gerbi, aveva detto da sempre di essere un presidente di transizione ed è stato di parola. Il suo riportare al Torino il Filadelfia è un merito. Dico grazie anche a Giacomo Zunino per la pazienza e l'impegno in quel pomeriggio di trattative davvero anomale. Forse ho sbagliato, lo ammetto, a non trattare subito anche con De Finis. Uomo concreto, ha saputo solo in extremis del mio intento. E' umano che desiderasse sapere prima a chi vendeva'. Bruno Perucca

Luoghi citati: Asti, Bergamo, Filadelfia, Torino