«E' l'Occidente che affama il Venezuela» di Mimmo Candito

«E l'Occidente che affama il Venezuela» Il presidente Perez accusa i Paesi creditori e plaude alla «normalità ritrovata», ma continuano i violenti scontri nella capitale «E l'Occidente che affama il Venezuela» «I nostri morti, ma anche la crisi argentina e messicana, devono servirci come lezione» - «Se il sistema economico internazionale non viene modificato entro l'anno, finirà la democrazia in molti Paesi dell'America Latina» DAL NOSTRO INVIATO CARACAS — Ieri si è ancora sparato per tutto il giorno e la notte. Tiri rapidi, improvvisi, ma anche le raffiche sonore della mitraglia che si portano dietro subito il silenzio della paura. Sparano i soldati, sparano i cecchini; sparano talvolta anche i tanks, per liberare le zone dove gli assalti si fanno battaglia. E sale costante il numero dei morti e dei feriti. Questi ultimi sono già tremila, e più dì trecento era il conto dei morti; sono conti ufficiali, ma c'è chi giura che la gente ammazzata sia molta di più, forse addirittura un migliaio. In mattinata, piccolo gruppo di giornalisti, siamo stati a colazione dal presidente Carlos Andrés Perez, nella residenza di Miraflores. Era in forma, soddisfatto di quella che chiama «la normalità ritrovata». La mia impressione, dopo un lungo giro della città, è che «la normalità» non sia stata affatto ritrovata; ma forse la soddisfazione nasceva anche dalla grande opportunità politica che gli stanno dando questi amari giorni di guerra («però non è una guerra civile, è solo la protesta della disperazione»). La colazione era molto semplice, un piatto di frutta, un'omelette. Erano le otto e mezzo del mattino, a meno di cento metri da noi si è sparato a lungo, e i colpi soffocati passavano attraverso i vetri delle finestre. Perez ha parlato con forza, con durezza anche, alternando toni bassi e brusche impennate di orgoglio; è stato uno show tenuto con l'equilibrio e il vigore di quel leader continentale, portavoce dei Paesi indebitati del Terzo Mondo, che Carlos Andrés Perez vuole comunque apparire. Alla fine, l'atto d'accusa contro "i Paesi ricchi» è stato durissimo: «Quanto è accaduto, tutti questi morti, le migliaia di feriti, i saccheggi, la disperazione, non sono responsabilità di questo o quel governo; la responsabilità è del sistema economico internazionale, che strangola i Paesi poveri e bada solo agli interessi delle banche e delle economie più forti. Ma il sistema economico internazionale non è una realtà astratta, è un meccanismo creato e guidato dai grandi Paesi dell'Occidente; e quando ci sono nelle nostre strade le battaglie della miseria e della fame, i governi dei Paesi ricchi non possono credere di sentirsene estranei». Gli avevo appena chiesto se nello scontro tra Mondo Ricco e Mondo Povero i trecento morti, ma soprattutto il minaccioso campanello d'allarme che è suonato in questi giorni dalla democrazia venezuelana in pericolo, siano un peso sufficiente a compensare l'incapacità che hanno i Paesi debitori di farsi ascoltare come un compatto Club dei Debitori. Lui ha colto al volo l'occasione di riprendere il tema che aveva proclamato a piena voce il giorno dell'investi¬ tura, e che già gli Stati Uniti gli hanno subito respinto: «Il Mondo Ricco ci ha dato lo zuccherino del "caso per caso", del problema da affrontare solo a livello bilaterale; e noi, Mondo Povero, quello zuccherino l'abbiamo ingoiato, alimentando ancor più la nostra debolezza contrattuale, facendo esplodere i nostri egoismi nazionali invece di renderci conto del nostro interesse comune. Il problema non è fare o non fare un Club dei Debitori: forse che noi abbiamo mai detto ai Paesi Ricchi che loro hanno formato un Club degli Usurai? Il problema è di concertare una politica comune, di coordinare le nostre comuni esigenze proprio come hanno fatto i membri dell'Ocde, e nessuno li ha mai accusati di nulla. Le lezioni amare che arrivano dai nostri morti, ma anche dalla crisi argentina, da quella brasiliana, da quella messicana, mi hanno convinto che l'S9 sarà l'anno della nuova organizzazione del sistema economico inter¬ nazionale o l'anno della fine della democrazia in molte terre dell'America Latina». •Noi Paesi poveri abbiamo le nostre colpe, per aver accettato con troppa leggerezza le offerte di indebitamento facile che ci arrivavano dalle banche straniere piene di petrodollari, e per non essere stati capaci di investire questo fiume di denaro in una prospettiva di profonde riforme strutturali delle nostre economie. Però 'i governi e le banche straniere non hanno fatto nulla per aiutarci a uscire da questa tragica crisi, né hanno apprezzato ì nostri sforzi e il nostro impegno: il Venezuela, per esempio, negli ultimi cinque anni ha pagato di soli interessi 25 miliardi di dollari, cioè l'equivalente del suo debito pubblico, che invece è rimasto intatto. Noi, ma anche tutta l'America Latina, siamo stati in pratica generosi esportatori di capitali: questo continente povero ha dato al mondo ricco, dall'SO all'84, più di 100 miliardi di dollari. Tuttavia non chiediamo di essere compatiti, non vogliamo regali: domandiamo solo che si discuta tutti insieme una materia che ci tocca tutti allo stesso modo, poveri e ricchi. Se non lo faremo, le opportunità nate a Santiago, quelle nate ad Asuncion, tutti i processi di democratizzazione che ci sono in ogni angolo del mondo, si inaridiranno definitivamente». Perez ha definito la guerra di questi giorni «un'esplosione sociale». La politica c'entra poco, ha detto, non una delle tante sedi del partiti è stata attaccata, solo i negozi con roba da portare vìa. «E' stata una protesta contro la ricchezza, da parte dì chi è povero e non riesce più ad accettare che lui soltanto debba fare sacrifici. Per questo ora ho chiesto sacrifici a tutti con il piano di austerità dettato dal nuovo governo. La bonanza del petrolio è finita, dobbiamo saperlo imparare». Mimmo Candito Caracas. Un soldato della Guardia Nazionale interroga un giovane, dopo averlo fermato e fatto stendere a terra, sospettato di aver fomentato i disordini dei giorni scorsi (Tel. Associated Press)

Persone citate: Carlos Andrés Perez, Mondo Povero, Mondo Ricco, Perez

Luoghi citati: America Latina, Asuncion, Caracas, Santiago, Stati Uniti, Venezuela