«Un albo per i lobbisti» di Andrea Di Robilant

«Un albo per i lobbisti» Maccanico vuole disciplinare Fattività dei mediatori di interessi «Un albo per i lobbisti» «Rappresentare i punti di vista di aziende o associazioni non è reato, si può fare alla luce del sole» Ora invece per avere accesso a Montecitorio gli uomini delle «lobby» si spacciano per giornalisti ROMA — Il ministro per le Riforme istituzionali Antonio Maccanico ha dato un nuovo impulso ieri alla sua campagna per la regolamentazione delle lobby, intese come rappresentanti di interessi legittimi presso il potere politico, proponendo che venga istituito al più presto un albo di categoria al quale chi pratica questa attività dovrà iscriversi. L'iniziativa, sostiene Maccanico, mira a rendere «più trasparente' un mestiere che si diffonde rapidamente nel Paese, ma continua a vivere in -semi-clandestinità'. Le lobby non vanno 'demonizzate-, ha aggiunto. -Il loro moltiplicarsi è semplicemente una conseguenza fisiologica dell'articolazione della vita produttiva-. Il ministro, che parlava ieri ad una conferenza stampa organizzata dal Censis, ritiene che la legge dovrà anche fissare regole di comportamento e assicurare un sistema di monitoraggio. -E' necessario che si sappia da chi sono avanzate certe proposte e perché vengono prese certe decisioni. Il "lobbista" deve agire allo scoperto, favorito da una legislazione idonea-. Alla conferenza stampa, il direttore del'Censis Giuseppe De Rita ha presentato uno studio sull'evoluzione dei gruppi di pressione che mette in risalto come una regolamentazione del "lobbismo», e dunque una maggior limpidezza nei rapporti tra imprese e istituzioni, faciliterebbe il contenimento della spesa pubblica. La liberalizzazione del '92 all'interno della Cee rende ancora più urgente una normativa. Operatori stranieri rìschierebbero altrimenti di trovarsi in difficoltà in un sistema vischioso com'è quello italiano. Ancora non esiste una direttiva Cee sulla regolamentazione delle lobby, •ma è chiaro che le regole nei Paesi comunitari dovranno essere armonizzate-, ha detto Maccanico. La proposta del ministro si ispira all'esperienza negli Stati Uniti, dove l'attività delle lobby è da tempo regolamentata e non ha quel connotato negativo che ha invece in Italia. Una normativa sulle lobby, ha aggiunto De Rita, servirebbe anche a -pulire l'im¬ magine- di questa attività. In passato la pressione sul governo, il Parlamento, le autorità politiche locali veniva esercitata da gruppi d'interesse istituzionali, come la Confindustria, la Confagricoltura e le altre importanti associazioni economiche. Solo di recente — secondo De Rita — il legislatore ha cominciato ad essere tempestato da 'tante formichine e tanti leprotti che lo inseguono fino alle porte del Parlamento». E a volte anche dentro: alcuni «lobbisti» circolano tranquillamente nel Transatlantico di Montecitorio spacciandosi per giornalisti. •In passato i grandi interessi economici erano rappresentali da associazioni che dialogavano direttamen¬ te con i vertici del governo — spiega De Rita —. Ma per difendere interessi specifici, questa o quella azienda era costretta a cercare strade più segrete e farsi avanti con tangenti». L'immagine del termine lobby ne ha indubbiamento sofferto. «Afa in realtà — dice il sociologo — non si è malfatto "lobbismo" vero nel nostro Paese». De Rita sostiene che oggi convivono in Italia due «culture»: una è rappresentata dal «lobbismo» di tipo internazionale, portato dalle multinazionali, e che si trova evidentemente a disagio in un contesto non regolamentato. L'altra è rappresentata dai gruppi di pressione italiani, •i quali praticano un "lobbismo " decisamente più pesan- te-. Secondo il direttore del Censis, la coesistenza di queste due culture ha contribuito a creare -confusione e una certa ambiguità» attorno a questa attività. Maccanico ha precisato ieri che l'albo di categoria da lui proposto dovrebbe essere limitato ai professionisti del «lobbismo», cioè da indivìdui o da imprese che rappresentano gli interessi dei loro clienti, piuttosto che da associazioni come la Confindustria, -che tra l'altro — sostiene il ministro — è sempre stata contraria all'istituzione di un albo». Proposte di legge per regolamentare il «lobbismo» sono state presentate senza successo in Parlamento sin dal 1976. Le ultime sono quelle dell'on. Cristofori (de) e dell'on. Francese (pei), che adesso sono state unificate. -Sono d'accordo con Maccanico sull'urgenza di una normativa — dice l'on. Cristofori — ma in Parlamento non tutti la pensano così». In passato il senatore Pasquino, della sinistra indipendente, ha sostenuto che le forme degenerative del «lobbismo» sono principalmente dovute alla permeabilità, alla vulnerabilità ed alla scarsa autonomia delle istituzioni italiane. Secondo Pasquino, invece di fare l'albo dei «lobbisti» sarebbe più opportuno attuare le riforme istituzionali che rendano più trasparenti i processi decisionali, soprattutto all'interno delle commissioni. Andrea di Robilant

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