«Jonathan», l'esotico viaggia anche nel tempo di Ugo Buzzolan

«Jonathan», l'esotico viaggia anche nel tempo Affianca ai documentari di oggi quelli da cineteca «Jonathan», l'esotico viaggia anche nel tempo Dopo l'Africa tocca all'Ecuador • La nuova fortuna dei reportage Spacciato in cinema, rilanciato dalla tv, e decaduto poi pure in tv, il documentario classico di viaggio sembra acquistare nuova fortuna; tutta la produzione televisiva europea tende a valorizzare un genere che pareva superato, tra l'altro, dal turismo di massa. Da noi l'uso di questo tipo di documentario non è mai morto: però — salvo memorabili eccezioni, per lo più riguardanti viaggi ragionati in America — sono solitamente cose brevi inserite nei rotocalchi, o in inchieste-dibattito, o in rubriche pomeridiane (-Il mondo di Quark-, 'Geo-,), o nei programmi del Dipartimento Scuola Educazione (dove ieri, a Raiuno, si è avviato un documentario su aspetti sconosciuti della Sardegna che pure tanti, ormai, presumono di conoscere). Ma la regola della Rai è quella di non considerare il documentario in sé come pezzo importante di serata. Da qualche settimana invece Italia 1 con 'Jonathan» s'avvale proprio del documentario di viaggio cui dedica la seconda parte della serata di giovedì. Ha già visitato l'Africa affiancando alle immagini girate nei mesi scorsi quelle di un filmato francese del 1924 realizzato per la spedizione automobilistica Citroen; e stasera ci porta nella foresta amazzonica dell'Ecuador in cui sopravvive una tribù di Waorani allo stato primitivo. Anche qui al reportage 1988 fa riscontro uno splendido reportage britannico dell'inizio Anni 30, con esploratori abbigliati alla Hollywood che vanno sulle tracce del colonnello Fawcett scomparso alla ricerca di una mitica città d'oro, e che s'imbattono in schiere di tagliatori e riduttori di teste: a parte che cinquantanni fa gli indigeni avevano un'aria assai più arzilla e aitante, il documentario di allora — che ha curiose pretese e trucchi di fiction — batte di alcune lunghezze quello attuale per cui una troupe di Italia 2 s'è trasferita appositamente armi e bagagli da Milano all'Ecuador. Perché lo batte? Perché allora ad un documentario si chiedeva solo di mostrare il lato esotico, stupefacente e abnorme di un luogo e di una popolazione: si esaltava lo spirito d'avventura e si faceva toccare con mano, a sollievo degli spettatori, il gran salto tra civiltà e inciviltà. Oggi il discorso va completamente cambiato. Fare appena un accenno al fatto che queste tribù amazzoniche hanno ammazzato di recente un vescovo che tentava una mediazione tra loro e le multinazionali del petrolio non basta. Sappiamo tutti cosa sta succedendo in Brasile, con la distruzione della foresta a scopo bassamente speculativo e con lo sterminio feroce degli indios che si sono ribellati e chiedono aiuto al mondo. Valida dunque l'iniziativa di "Jonathan», e attraenti (pur con il fastidio di spot e sponsor) le sue trasmissioni. Ma oggi il documentario di viaggio per avere un senso maggiore e un ruolo più preciso non può puntare principalmente sul giro turistico d'effetto — qualsiasi agenzia lo garantisce alle comitive — ma dovrebbe avere il compito di cogliere più a fondo, al di là del pittoresco (la preparazione del curaro, i piedi con sei dita), anche la realtà di aborigeni assediati e massacrati dalla "Civiltà». Ugo Buzzolan

Persone citate: Fawcett

Luoghi citati: Africa, America, Brasile, Ecuador, Italia, Milano, Sardegna