«Troppo sangue importato Ci vuole una legge subito»

«Troppo sangue importato Ci vuole una legge subito» La denuncia delle associazioni dei donatori «Troppo sangue importato Ci vuole una legge subito» gge subito«Se ci fosse una seria regolamentazione l'Italia sarebbe autosufficiente» TORINO — I donatori di sangue sono sul piede di guerra. Dopo aver atteso per dieci anni una normativa che disciplinasse le attività trasfusionali e la produzione di plasmaderivati, hanno deciso di denunciare all'opinione pubblica l'inerzia delle forze politiche e la paradossale situazione in cui si trova l'«azienda sangue-. Il presidente nazionale della Fidas, il professor Dario Cravero, denuncia che «la proposta dì legge, approvala all'unanimità dalla Camera il 1S maggio scorso, è inspiegabilmente ferma al Senato. Nel frattempo la mancanza di direttive ci costringe ad importare l'80 per cento degli emoderivati necessari con una spesa stimata attorno ai 180-200 miliardi l'anno-. Una cifra enorme «a lutto vantaggio delle multinazionali», perché se l'Italia avesse una seria regolamentazione «sarebbe del tutto autosufficiente. con un risparmio fra l'altro di una cinquantina di miliardi». Infatti nel nostro Paese ogni anno possono essere raccolti, attraverso le varie organizzazioni di volontari (circa un milione di donatori), quasi 700 mila litri di san¬ gue intero, da cui si possono ricavare circa 300 mila litri di plasma da trattare nei laboratori. Inoltre con la tecnica della «plasmaferesi produttiva» (al donatore viene prelevata solo la parte liquida) si possono ricavare altri 300 mila litri di plasma che, sommati ai precedenti, «ci danno quei 600 mila litri necessari per soddisfare le necessità di emoderivati»: albumina (170 tonnellate), Fattore Vili per gli emofilici (oltre 60 milioni di unità), le «immunoglobuline-vena» (700 chili) e le «immunoglobuline-tetano» (un milione e mezzo di unità). «Ma senza una legge che coordina la raccolta e la produzione dei plasmaderivati — aggiunge il vicepresidente della Fidas, Pietro Bottino — l'obiettivo diventa irraggiungibile, anche se uno stabilimento toscano dell'Eni per la produzione dì emoderivati sarebbe in grado di far fronte a tutte le richieste. Ma ora lavora a regime ridotto: gli manca la materia prima». In pratica i responsabili della Fidas affermano che, in mancanza di un coordinamento nazionale, non sappiamo sfruttare le nostre potenzialità: non esistono strutture di compensazione fra le regioni, mentre i centri trasfusionali sono sparpagliati sul territorio in modo irrazionale. Il risultato è drammatico. Alcune regioni fanno fatica ad approvvigionarsi di sangue, mentre altre sono costrette a ridurre la raccolta perché altrimenti non saprebbero come distribuirlo. Il caso più emblematico è quello del Friuli che «disponendo di 45 mila donatori non sa mai dove collocare le eccedenze». n professor Cravero insiste: anche l'Avis e tutte le altre organizzazioni vogliono sapere perché la legge si è «arenata in Senato». La stessa domanda se la pongono il 39 per cento degli 8000 politrasfusi italiani (emofiliaci, talassemici e coloro che soffrono di malattie legate alle coagulazione) che fra l'81 e i'84 hanno contratto il virus dell'Aids con trasfusioni di sangue infetto importato dall'estero. Angelo Magrini, presidente nazionale dei politrasfusi, spiega che «se la normativa fosse stata approvata alla fine degli anni Settanta ora l'incidenza dei sieropositivi fra i politrasfusi sarebbe attestata sulle medie europee: il 10 per cento». Emanuele Monta

Persone citate: Angelo Magrini, Cravero, Dario Cravero, Fattore, Pietro Bottino

Luoghi citati: Friuli, Italia, Torino