Come resistere allo stress da ufficio

Una ricerca finlandese di psicologia del lavoro Una ricerca finlandese di psicologia del lavoro Come resistere allo stress da ufficio Spesso inserirsi è diffìcile sorveglianza di quel reparto o gruppo di malati sono tentati di dedurre ch'è colpa loro, che hanno sbagliato, che non sanno fare il proprio mestiere. Un'angoscia da esaminare subito: se da un lato infatti un'analisi approfondita può dimostrare il contrario (con ciò tranquillizzando la coscienza, anche professionale), dall'altro può confermare determinati errori di comportamento e servire a correggerli. Un accorgimento pratico per evitare la rigidità ripetitiva è non adagiarsi negli stessi orari, non trascorrere regolarmente le festività nel medesimo periodo. I «turni» possono essere vantaggiosi, fornire stimoli diversi, creare nuove esigenze e nuove soddisfazioni; ma portano diritti all'alienazione un identico orario per tutto l'anno, identiche vacanze nei giorni comandati, e identici amici di uno stesso ambiente. tudinale attento al momento dell'assunzione e della scelta del lavoro. Molte richieste di cambio di attività in seguito a stress sono dovute a cattivo inserimento. Chi organizza il lavoro può creare un disagio al dipendente, sia sopravvalutandolo e caricandolo di troppe incombenze, sia sottostimandolo e chiedendogli quindi un impegno esiguo. Esistono accorgimenti nell'utilizzo del tempo libero che possono aiutare a alleviare la tensione: l'esercizio fisico (se tollerato ) in quanto il lavoro muscolare è diminuito, ed in generale, tutte quelle attività che possano distrarre e provocare un -benessere mentale». Ma è fondamentale imparare a conoscersi e capire quale carico di lavoro si è in grado di reggere. In conclusione, risulta però difficile individuare, oltre a! buon senso, sicuri punti di riferimento nella prevenzione dello stress, senza correre il rischio di cadere nel superficiale. Forse è più saggio incominciare a convincersi che -il lavoro», come suggerisce il prof. Pettinati -da sempre costa sudore e fatica, da sempre stanca, anche se oggi spesso al sudore si sostituisce la noia». SE si decidesse di stilare una graduatoria dei termini più abusati dei nostri tempi, ai primi posti troveremmo la parola stress. Inventata da un canadese, il Selye, per designare lo -stato di reazione fisiologica e psico-comportamentale a stimoli di natura fisica od emozionali», è però entrata nel senso comune col sinonimo di affaticamento, tensione mentale, logorio. Numerosi fattori che possono impegnare in maniera stressante il lavoratore. Un recente studio del prof. Lacquaniti, della Clinica del lavoro di Torino, ne ha evidenziati alcuni: si va dalla consapevolezza dei rischi potenziali (malattie professionali, infortuni) all'obbligo di sottostare ad accertamenti sanitari, ai turni regolari, alle trasferte, agli spazi ristretti, alla rumorosità. Che cosa fare per prevenire lo stress ripetuto? Anzitutto individuare le cause ed eliminarle. Sovente sono sufficienti interventi minimi per rimuovere l'origine dei parziali disadattamenti. Ma non è tutto cosi facile. Secondo il professor Pettinati, direttore della prima cattedra di Medicina del lavoro dell'Università di Torino, è necessario un esame psicoatti¬ tensioni sono destinate ad esplodere, con il peggiore dei risultati. Non buttarsi nulla dietro alle spalle, non rimuginare in solitudine, ma esaminare subito e in modo approfondito — con uno o più amici, tanto meglio se esperti — ogni ragione ed occasione di frustrazione: questo il consiglio Altro accorgimento fondamentale, cercare nella propria attività anche una fonte di soddisfazione di tipo emotivo, e non limitarsi a considerarla solamente il mezzo per sopravvivere o per aumentare il tenore di vita. In questo modo, si finisce per detestare l'ambiente di lavoro, gradatamente quest'insoddisfazione contagia anche la vita persona¬ inevitabile. C'è, invece, chi di fronte a un ostacolo scappa e cerca subito un rifugio: le persone più soggette allo stress sono proprio queste. Lo sforzo costante di adattarsi a esigenze e fatiche è all'origine più frequente degli esaurimenti nervosi; ciò vale principalmente per le donne, che, in genere, temono di perdere ogni attrattiva femminile se appena decidono di difendere con energia i loro diritti. Esistono d'altronde lavori considerati tipicamente femminili, come quello dell'infermiera, nei quali la passività viene esplicitamente richiesta ed elogiata. Ma l'atteggiamento rassegnato finisce prima o poi con il rivelarsi dannoso: le le, poi l'amarezza si ripercuote sui compiti da svolgere, e così avanti: un meccanismo che si autoalimenta. Nessun lavoro è così rigido, ripetitivo e abbruttente da non consentire — direttamente o indirettamente — un minimo di partecipazione, di interesse umano. Ma, come sempre, il presupposto per cercare di cambiare è credere che ciò sia possibile. Persino di fronte a situazioni irreversibili, un lato costruttivo c'è sempre, ed è questo che bisogna sforzarsi di trovare. Lo studio di Poyhonen esamina per esempio la situazione in un ospedale psichiatrico, quando un paziente si uccide; medici, collaboratori, addetti alla modificarle, rinunciano a farlo. Le ragioni sono sostanzialmente due: paura delle reazioni della direzione nel sentirsi esporre motivi di scontento e incapacità di valutare correttamente la situazione. Cosi, troppi dipendenti continuano a subire in silenzio, a volte addirittura incolpando se stessi di fragilità nervosa, visto che — argomentano — -ci sono tante persone che riescono egregiamente a far fronte a stress eguali se non maggiori». In realta il grado di resistenza è direttamente proporzionale alla consapevolezza che i problemi bisogna risolverli, e che, per farlo, una certa dose di difficolta è Gabriele Lanzarotti Ornella Rota

Persone citate: Gabriele Lanzarotti, Lacquaniti, Ornella Rota, Selye

Luoghi citati: Torino