Il nuovo DDT? Veleno di ragno

Il nuovo DDT? Veleno di ragno Il nuovo DDT? Veleno di ragno SONO anni che ci si lambicca 11 cervello per cercar di trovare insetticidi che riescano a debellare i minuscoli distruttori dei nostri raccolti, ma le nostre armi finiscono quasi sempre per spuntarsi contro la diabolica resistenza degli insetti. Quando si scopre il DDT si grida al miracolo. Sembra di aver trovato finalmente la soluzione di tutti i nostri problemi agricoli. E invece non tardano a manifestarsi le nefaste conseguenze sugli animali e sulla salute dell'uomo. E assistiamo con sgomento alla nascita di generazioni di insetti completamente immuni al DDT. Così in tutti i Paesi industrializzati lo si mette al bando in gran fretta. Eppure l'insetticida infallibile ce l'avevamo sotto gli occhi da sempre e non ci avevamo mai fatto caso. Solo a un bel momento, com'è, come non è, tre scienziati in tre diversi Paesi del mondo hanno simultaneamente una improvvisa folgorazione. Come non averci pensato prima? Il più potente insetticida di questo mondo è il veleno del ragno, con il quale questi artropodi a otto zampe fulminano ogni giorno miliardi di insetti. I tre scienziati sono: N. Kawai dell'Istituto Metropolitano di Neuroscienze di Tokyo, B.A. Tashmukhame- I tossici poco co dov dell'Accademia delle Scienze Uzbek di Tashkent e Peter Usherwood dell'Università di Nottingham. Di ragni ne esitono circa trentamila specie, ma gli zoologi ritengono che molte altre siano ancora da scoprire e questa categoria di artropodi debba contare almeno centoventimila specie. Tutte hanno l'arma del veleno, ma solo pochissime sono pericolose per l'uomo. Vi è anzitutto la famigerata Vedova nera (Latrodectus mactans) che non conosciamo, diciamo così, di persona, dato che vive solo nel continente americano. La sua pericolosità è accresciuta dal fatto che ama vivere nei luoghi abitati e più particolarmente nelle case. Spesso nelle case di campagna o nei motel poco frequentati e poco curati dal punto di vista igienico, tesse la sua ragnatela proprto sotto l'orlo della tazza del closet. Nulla più facile che, disturbata nella sua tranquillità, punga le natiche o le cosce degli ignari molestatori. Pur essendo una bestiola grossa come un pisello, ha un veleno micidiale più di quello dei serpenti a sonagli, i terribili crotali, per cui fino a una cinquantina di anni fa, si registravano ogni anno , centinaia di casi mortali. Ma dagli Anni Quaranta è in commercio un vaccino particolarmente efficace che fa nosciuti che deriva da antidoto. Un altro Latrodectus ci interessa più da vicino, perché vive nel nostro Paese. E' il Latrodectus tredecimguttatus o Vedova dalle tredici gocce rosse. Non è una immigrata di recente, né una turista di passaggio e nemmeno una specie che abbia subito negli ultimi tempi una sorta di «boom» demografico. E' una vecchia conoscenza, meglio nota con il nome di «malmignatta». La si chiama anche «ragno di Volterra» perché è più abbondante in quella zona. Tesse la sua ragnatela irregolare e punto artistica Le sostanze velenose con cui gli artropodi immobilizzano le loro vittime potrebbero diventare ottimi insetticidi naturali, senza rischi per l'ambiente tra gli arbusti o le sterpale dei luoghi aridi, dove capita di tanto in tano, ma piuttosto raramente, che qualche contadino rimanga accidentalmente vittima della sua puntura. Una puntura che non si avverte immediatamente, perché li per lì non dà né bruciore, né gonfiore. Dopo breve tempo però fa sentire un dolore acutissimo che si estende alle altre parti del corpo. Sopravvengono disturbi respiratori, sudora- no dalla combusti zione diffusa e vomito. In generale i sintomi regrediscono nel giro delle 24 ore e soltanto in soggetti particolarmente deboli o delicati la puntura riesce mortale. La maggior parte dei ragni velenosi però è innocua nei riguardi dell'uomo e usa il veleno solo per catturare le prede, per la massima parte insetti. Le ricerche degli studiosi giapponesi si sono polarizzate non sul veleno della micidiale Vedova nera o su quello delle altre poche specie pericolose per l'uomo, bensì su quello dei comunissimi ragni di giardino della famiglia Araneidae, che fabbricano le bellissime tele circolari, capolavori architettonici. Applicando le tossine di questi ragni a nervi e muscoli degli insetti, si sono accorti che il veleno dei ragni bloccava la trasmissione degli impulsi nervosi ai muscoli. Mentre il veleno della Vedova nera ha un effetto irreversibile, quello dei ragni di giardino paralizza le prede solo temporaneamente, non permanentemente. one del petrolio ali scarafaggi a cui sia stata iniettata una dose di veleno di Araneus o di Argìope, ad esempio, restano immobilizzati per meno di un minuto. Se l'insetto viene stimolato di nuovo da venti minuti a un'ora dopo, riesce a muovere pochi passi, dopo di che rimane di nuovo paralizzato. Chick Kristensen dà un'ingegnosa spiegazione di questo comportamento: poiché i ragni araneidl approfittano della paralisi iniziale per avvolgere la preda nella ragnatela, hanno bisogno di ricordarsi di quel che contiene la loro dispensa. E quando l'insetto comincia a riprendersi dalla paralisi e si agita per liberarsi dalla ragnatela, agisce come il «gong» che chiama a pranzo. Gli esperimenti di Usherwood hanno dimostrato che il veleno degli araneidi rimane attivo negli scarafaggi per giorni e giorni. Gli insetti possono riprendersi di tanto in tanto dalla paralisi, ma la loro attività è rapidamente accorciata dal veleno Comunque, le ricerche in corso sono promettenti. I ricercatori hanno già scoperto la struttura di parecchie tossine del veleno dei ragni e c'è da augurarsi che questa sia la strada giusta per scoprire insetticidi finalmente efficaci. I. Lattes Coifmann sicità del primo non è alta, anche se in genere è sottovalutata soprattutto per quanto riguarda la salvaguardia ambientale. n vanadio, invece, viene del tutto ignorato: non si sa ad esempio che è, seppur debolmente, radioattivo, che è altamente nocivo essendo genotossico nonché critico per le vie respiratorie. La legge ne fissa (sotto forma di ossido) una concentrazione massima ammissibile di 0,1 microgrammo per litro d'aria, che è sicuramente superata nei pressi dei grandi impianti di combustione, dove si trova depositato sul' suòlo e sulla vegetazione in qualità mi-, gliaia di volte superiore. Non è tuttavia solo il vanadio a porre questi problemi; altri elementi come cromo, zirconio, mobildeno, si accumulano in un largo raggio attorno agli impianti che bruciano combustibili fossili. uranti tradizionali

Persone citate: Chick Kristensen, Lattes Coifmann, Peter Usherwood

Luoghi citati: Tokyo