Il pianista che scolpisce il jazz

Il pianista che scolpisce il jazz «Notes», album di Paul Bley in coppia con Paul Motian Il pianista che scolpisce il jazz SONO un anti-compositore per eccellenza: buona parte dei brani di questo disco sono improvvisati e incisi al primo "take"»: così Paul Bley, uno dei maggiori pianisti sulla scena del jazz, commenta il suo recente album «Notes» (Soul Note). Lo ha realizzato in coppia con il batterista e percussionista Paul Motian, tornando a rinverdire un sodalizio che risale agli anni Sessanta. In copertina i due musicisti sono raffigurati da Carol Goss, attuale compagna di Bley, con poche e scarne pennellate, come per rappresentare graficamente l'essenzialità del loro universo sonoro, dove non c'è posto per il virtuo-. sismo fine a se stesso. Come uno scultore che dalla pietra grezza fa emergere l'opera, così il pianista canadese — nato a Montreal 56 anni fa, da genitori di origine europea — lavora per sottrazione alla ricerca di sonorità pure, libere da vincoli ritmici ma dotate di una sottile felicità armonica. Un'arte del «levare', che condensa in chiave minimal la grande lezione dei pianisti bianchi, da Lennie Tristano a Bill Evans — con quest'ultimo, Bley suonò in un paio di brani di «Jazz in the Space Age» di George Russell (Affinity, 1960). E' sufficiente un solo accordo per rico¬ noscere il tocco del musicista canadese, come avranno potuto verificare i suoi spettatori in occasione del recente tour italiano con Kent Carter al basso e Barry Altschul alla batteria. Una dimensione quella del trio che Bley ha sempre privilegiato, sin dall'esordio su vinile nel lontano 1953 in compagnia di due partners d'eccezione quali Charles Mingus e Art Blakey («Introducing Paul Bley», Debuti. Negli anni a seguire, il pianista lavora con il quintetto di Omette Coleman e con altri uomini del «free» (John Gilmore e Marshall Alien, entrambi sassofonisti alla corte di Sun Re), alternando questa esperienza al trio del multistrumenlista Jimmy Giuffre. Sposa Carla Bley, collaborando con lei alla fondazione della Jazz Composero Orchestra, e poi inizia una relazione con Annette Peacock, ex moglie del bassista Gary. E' il perìodo della sperimentazione elettrica insieme alla nuova compagna, dei concerti e delle registrazioni con i vari sintetizzatori («Scorpio- della Milestone è un signijicativo documento discografico di quella fase). La notorietà di Bley ad un pubblico più ampio giunge però nel 1973 quando, passato all'Ecm, incide il toccante «Open to Love» per piano solo, lavoro che segna il ritorno alla musica acustica. Fonda anche una propria casa discografica, la Improvising Artiste, con un catalogo di circa venti album. Chi volesse avvicinarsi al pianista può ascoltare, oltre al già citato «Notes», «Turns» (Savoy, 1964, ora anche in Cd), «Diane» con Chst Baker (Steeplechase, 1985), «Tango Palace» (Soul Note, 1986), -My Standard» in trio (Steeplechase, 1986) e «The Paul Bley Quartet» (Ecm, 1988) con un supergruppo comprendente John Surman, Bill Frìsell e Paul Motian. Ivo Franchi

Luoghi citati: Montreal