Nella storia dell'uomo poco pepe troppa stupidità

Nella storia dell'uomo poco pepe troppa stupidità Due istruttivi «divertimenti» di Carlo Cipolla Nella storia dell'uomo poco pepe troppa stupidità CARLO M. Cipolla, uno dei maggiori esperti di storia economica e sociale, cattedratico nel vecchio e nel nuovo continente (cito a memoria Le avventure della lira, Il fiorino e il quattrino. Storia economica dell'Europa preindustriale, I pidocchi e il Granduca...), ha voluto estendere a un'ampia cerchia di lettori due brevi saggi del 1973 e del 1976 pubblicati in lingua inglese «per soli amici». Sotto spinta della casa editrice elettiva, il Mulino, e anche perché quei testi circolavano ormai in copie xerografiche e perfino manoscritte, il capricco fabulatorio di uno scienziato intriso di humour è uscito felicemente dalla semiclandestinità e ci trasmette per direttìssima la sua allegrìa. Si comincia col ruolo delle spezie, in particolare del pepe, nello sviluppo complessivo del Medioevo, si strìglia di passata Edoardo d'Inghilterra che nel 1340 dichiara bancarotta e getta nel panico i creditori fiorentini, non trascurando però le generose conseguenze del crac («/ Fiorentini piantarono il commercio e la banca e si diedero alla pittura, alla scultura e alla poesia» lanciando sul mercato il look della Rinascenza), e si conclude a gloria delle leggi e dei meccanismi impalpabili che regolano la stupidità universale. n punto di connessione non viene indicato, ma potrebbe essere questo: senza un pizzico di sale nella zucca e senza un pizzico di pepe dove che sia, come spingerci a invocare la misericordia di Dio? E' il pepe dunque — il pepe più del caffè, del cacao, del tabacco—a identificarsi con quel che Marx chiamava il «motore della Storia», e ben lo dimostra il corso «speziale» dell'ultimo millennio. L'autore, in verità, è piuttosto parco nelle semplificazioni, ma gli basta mandare in pista un Pietro l'Eremita per legittimare tutt'insieme cause temporali e concause spirituali delle Crociate, traffici e fasti delle Repubbliche marinare, la gagliarda impennata demografica nei borghi e nelle campagne, nonostante il capillare diffondersi della cintura di castità, gli immensi tesori accumulati da vescovi e abati che avevano sottoposto l'economia europea a una pesante pressione deflazionistica e che d'incanto si traducono in superbe committenze artistiche, in massicci investimenti culturali. Virtù esclusiva del pepe? Parrebbe di sì, a sentir Cipolla. Quel pepe che era tornato a euforizzare le nostre contrade dopo che per decenni l'onesto capofamiglia e la proba consorte avevano sofferto della sua mancanza o erano stati costretti ad acquistarlo a prezzi proibitivi dai contrabbandieri di terra e di mare. Pietro l'Eremita (spetta a lui il merito di una rifondazione sensoriale e volentieri ci associamo nelle onoranze) mangiava scarso pane e viveva di pesci e vino, stando a Guilberto di Nogent, e Cipolla chiosa in margine: -Non aveva quindi problemi di colesterolo-; in compenso l'ottimo Pietro aveva un debole per i cibi pepati, pativa in silenzio e pregava il Signore per un po' di pepe da aggiungere alle scondite pietanze quotidiane. Come allora soddisfare gli aneliti della carne evitando di cadere in peccato mortale? Non intendo defraudare chi ci legge rivelando le strategie elaborate dall'Eremita nelle notti di veglia. Anticipo soltanto che l'afrodisiaca spezie aguzza a tal punto l'ingegno di Pietro, che la soddisfazione personale diventa d'un tratto prodigiosa soddisfazione collettiva, l'Occidente cristiano si prende solenni rivincite sui favoriti musulmani (vogliamo in¬ cluderci, professor Cipolla, le battaglie di Lepanto e di Vienna, la pepaiola di don Giovanni d'Austria ed%anos Sobieski?) e l'Ei >-opa, da regione tetra qual era. si trasforma in un luogo traboccante di energia \ 'tale. Quasi un miracolo. Nessun miracolo, invece, nessun grano di piper ni» grum interviene a correggere il trend della stupidità umana; nessuna speranza che in avvenire si possa espungere la sentenza biblica: stultorum infinitus est numerus. «Infinitus» rappresenta magari un moto di stizza delle Sacre Scritture, ma il «numerus» continua ad essere terribilmente rilevante. Non resta perciò che accettarla come frutto di «mene biogenetiche» e tenerla sotto controllo giovandosi delle ricerche antropiche e della sperimentazione immunologica che l'autore si premura di segnalarci, a parte ovviamente lo studio coscienzioso delle forze in campo. Per dirne una: «La persona intelligente sa di essere intelligente. Il bandito è consapevole di essere un bandito. Lo sprovveduto è penosamente pervaso dal senso della propria sprovvedutezza. Lo stupido, al contrario, non sa di essere stupido...». E inoltre-col sorriso sulle labbra, come se compisse la cosa più naturale del mondo, egli compare improvvisamente a distruggere la tua pace, a complicarti la vita e il lavoro, a farti perdere denaro, tempo, buonumore, appetito, produttività — e tutto questo senza malizia, senza rimorso e senza ragione. Stupidamente-. Ciò spiega forse l'alto potere della categoria in ogni ambito: politico economico amministrativo; ma non spiegherebbe, a mio avviso, perché mai l'indiziato scivoli indenne sotto il tiro dell'avversario, se noi; si aggiungesse che un'arma segreta in fondo la possiede: solitario e consorziato, riuscire a pieno titolo disarmante. Giuseppe Cassieri Carlo M. Cipolla, «Allegro ma non troppo», Il Mulino, 81 pagine, 15.000 lire. Salterio di Canterbury, XIII secolo (dal volume «Costruttori di cattedrali», Jaca Book)

Persone citate: Carlo Cipolla, Cipolla, Edoardo D'inghilterra, Eremita, Giuseppe Cassieri Carlo, Lepanto, Marx, Sobieski

Luoghi citati: Austria, Europa, Vienna