Togliatti e Berlinguer questi biografi vi voglion troppo bene di Giuseppe Fiori

Togliatti e Berlinguer questi biografi vi voglion troppo bene I due segretari del pei rimessi sul piedistallo nei libri di Luciano Canfora e Giuseppe Fiori. Fa da controcanto un polemico pamphlet di Guarini Togliatti e Berlinguer questi biografi vi voglion troppo bene FORSE perché favoriti dall'immagine di ripresa che Achille Occhetto, anche abbattendo alcuni totem cari al culto storico del partito, ha dato al pei negli ultimi tempi, alcuni intellettuali d'area comunista hanno ritenuto che fosse giunto il momento di regolare i conti sui due più importanti segretari presi di mira dalle offensive socialiste dei mesi scorsi: Enrico Berlinguer e Palmiro Togliatti. Regolare i conti? Sì, ma non in senso revisionista. Tutt'altro. La vis polemica dei loro libri è interamente indirizzata contro i detrattori dei due segretari; dalla lettura di questi testi si capisce che è in atto un tentativo di reissare a forza sui piedistalli delle Botteghe Oscure i monumenti dei due leader storici del pei. Giuseppe Fiori che ventitré anni fa scrisse una biografia di Gramsci nella quale per la prima volta si poterono leggere pagine assai ben documentate sul difficile rapporto tra il partito e il dirigente sardo, adesso, alle prese con la "Vita di Enrico Berlinguer', punta decisamente più sulle luci che sulle ombre del personaggio. Non manca, neppure nel nuovo libro, un accurato lavoro di ricerca e la produzione di interessanti documenti inediti, ma la visione del mondo e la linea politica di questo secondo (dopo Gramsci) dirigente sardo sono fatte proprie dall'autore con uno spirito di identificazione che lascia ben poco spazio alla problematicità. Tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta, Fiori aderì con tutto sé stesso al berlinguerismo e questa sua adesione ha lasciato una vistosa traccia soprattutto nella seconda metà del libro dov'è una ricostruzione dell'ultimo quindicennio della vita d'Italia scritta come avrebbe potuto raccontarla Berlinguer in persona. Anche il "Togliatti e i dilemmi della politica» di Luciano Canfora è un libro interamente apologetico. Una dotta arringa di difesa che per coincidenza entra nelle librerie contemporaneamente ad un atto d'accusa («Compagni, ancora uno sforzo: dimenticare Togliatti») redatto, in chiave esplicita di autodenuncia, dall'ex comunista Ruggero Guarirli. Quello di Guarirli è in realtà un pamphlet molto particolare scritto in modo scanzonato come se fosse il verbale di un rapporto mandato da Togliatti ai suoi compagni di partito dall'aldilà, al compimento dei venticinque anni dalla morte. Nel libro si immagina un Togliatti che, in erudita conversazione con il marchese de Sade, Montaigne, Leopardi, Manzoni, Vico e Tommaseo, sant'Ottato e sant'Agostino, Flaubert, Dostoevskij, Stalin, Robespierre, Socrate e Burckhardt, fa i conti con quel che è emerso a suo carico in questo quarto di secolo. Ne vien fuori un Togliatti che ammette le proprie «prodezze di complice e di sicario di Stalin» e ingiunge ai suoi compagni di considerare i padri, a cominciare da sè stesso, «bugiardi, sleali, ipocriti, meschini, vili, ingiusti, malvagi, feroci, spietati» e perdipiù «cretini». Un Togliatti del quale (sulla scia di quel che Guarini aveva già fatto qualche anno fa nel libro «/ primi della classe», scritto assieme a Giuseppe Saltini) vengono in appendice riportati una serie di brani atti a dimostrarne soprattutto la malafede. Ma torniamo al saggio di Canfora. Il tono qui non è per nulla scanzonato eccezion fatta per le occasioni in cui l'autore vuol mettere alla berlina i denigratori di Togliatti. Per il resto, invece, si cerca con grande seriosità di reinserire Togliatti nel suo contesto storico e di relativizzarne, conseguentemente, le colpe. A demerito di Canfora va osservato che per dare le sue risposte sceglie domande di comodo (ad esempio: perché Togliatti disprezzava la democrazia?) e finge di ignorare quelle a cui rispondere sarebbe più arduo (ad esempio: perché nei vent'anni del dopoguerra in cui visse al sicuro in Italia non raccontò nulla dei crimini staliniani?). E, sempre a demerito del saggio, va notato il modo in cui Canfora liquida spinosissime questioni come il patto Molotov-Ribbentrop del '39 giustificato senza neanche il beneficio del dubbio con tanto di stigmatizzazione per chi i dubbi ce li ha. Interrogarsi su quel patto sarebbe nient'altro che ricorrere a un «locus classicus della polemica anticomunista» e intonare il «refrain furbesco della combutta dei due dittatori». n libro ha, però, anche dei meriti. Primo tra tutti quello di ricordare, sulla scia di una notazione di Norberto Bobbio, come negli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta ci fu una buona fetta dell'intellettualità liberal-democratica che sull'Urss e sulle insufficienze della democrazia scrisse e pensò cose non dissimili da quelle che scriveva e pensava Togliatti. Ma il fatto è che Canfora considera tutto ciò qualcosa di più che un'attenuante. Tant'è che conclude in modo stupefacente esortando il pei a non considerare «eterna» l'opzione per la democrazia parlamentare dal momento che «nessuno può escludere a priori future eventuali degenerazioni strutturali del sistema democratico-parlamentare, soprattutto sotto il peso dello sviluppo delle forze economiche multinazionali». Fra i meriti del libro va annoverata anche l'appendice dove, con un'eccellente disamina filologica e acute notazioni di carattere storico, Canfora cerca di dimostrare come le lettere di Grieco, che Gramsci ricevette a Turi e considerò una delazione staliniana a suo danno, furono un falso fabbricato dall'Ovra. Il tutto, però, accompagnato da pesanti insinuazioni contro Paolo Spriano, lo storico comunista scomparso qualche mese fa che nel 1968 portò alla luce quelle lettere. Spriano è accusato, neanche troppo velatamente, d'aver trovato anche lui le foto di quelle lettere tra gli incartamenti dell'Ovra e d'aver taciuto la circostanza. Circostanza che avrebbe potuto indurre a dubitare dell'autenticità di quelle lettere. Un rilievo assai grave al quale stupisce che nessuno studioso comunista, tra i numerosi amici di Spriano, abbia ancora dato risposta. Paolo Mieli Luciano Canfora, «Togliatti e i dilemmi della politica», Laterza, 165 pagine, 12000 lire. Giuseppe Fiori, «Vita di Enrico Berlinguer», Laterza, 532 pagine, 30.000 lire. Ruggero Guarini, «Compagni, ancora uno sforzo: dimenticare Togliatti», Rizzoli, 209 pagine, 25.000 lire. C Courmayeur, agosto 1952: Togliatti e Berlinguer, fra Pccchioli e Pajetta

Luoghi citati: Courmayeur, Italia, Urss