E dal Marocco altro romanzo proibito di Giovanni Bogliolo

E dal Marocco altro romanzo proibito «Il pane nudo» di Choukri, racconto «troppo realistico» E dal Marocco altro romanzo proibito «e e un solo mondo, e quel mondo è squilibrato», scriveva la settimana scorsa su Tuttolibri Furio Colombo, commentando a caldo e con la consueta lucidità il caso Rushdie: -Basta un libro a Londra per mettere a fuoco il Pakistan». Non un libro qualsiasi, naturalmente, ma un libro che né a Islamabad, né a Teheran, né a Tripoli, né in nessun altro dei quartieri musulmani di questa nostra Beirut a dimensione planetaria avrebbe mai visto la luce. Ne sa qualcosa lo scrittore marocchino Mohamed Choukri, che col manoscritto del suo primo libro sotto il braccio ha bussato a lungo alla porta degli editori di Rabat e delle altre capitali arabe ricevendo da tutti lo stesso rifiuto. E chissà quante altre e più amare testimonianze si potrebbero raccogliere da chi non ha avuto, come lui, la ventura di conoscere a Tangeri negli Anni 60 Tennessee Williams e i santoni della beat generation e di trovare la strada della grande editoria americana ed europea grazie a traduttori come Paul Bowles e Tahar Ben Jelloun. Nel suo libro non c'erano interpretazioni dissacranti del Corano né illazioni blasfeme sulla vita del Profeta, ma c'era qualcosa di non meno esplosivo e passibile di quella censura automatica e preventiva che, secondo Ben Jelloun, nel mondo islamico «è già insediata nelle menti»; la realtà di un'infanzia e di un'adolescenza di miseria e di emarginazione raccontata senza attenuazioni, senza pudori e senza nessuno di quegli orpelli a cui si ricorre di consueto per rendere accettabili, almeno esteticamente, le testimonianze più crude. Perché di una testimonianza si tratta: quelli che Mohamed Choukri racconta ne II pane nudo sono i primi vent'anni della sua esistenza, e sono anni così insostenibilmente segnati dalla fame, dalla solitudine, dall'efferatezza, dal vizio, da far sembrare, al confronto, delicati e idilliaci Pel di carota, Jacques Vingtras, Padre padrone e tutte le altre storie di infanzie infelici su cui ci siamo inteneriti. Il romanzo-verità di Choukri si apre su una scena atroce — il pìccolo Mohamed che vede il padre ubriaco torcere il collo «come si fa con i polli- all'altro suo figlio Abdel Kader — e prosegue raccontando le tappe di una lunga, disperata fuga dalla miseria del Rif desolato, dall'odio per il padre assassino, dai manganelli delle guardie, dalle oscene carezze di adulti viziosi. Una fuga alla cieca, che trova ristoro negli immondezzai dove si raccatta di che mangiare, nei cimiteri dove si può dormire al riparo dai borsaioli e dai violentatori, nei caffè dove si beve vino e si fuma kif su un albero di fico da cui si possono spiare le nudità di una vicina, nei bordelli di Tangeri, di Orano, di Tetuan dove si può sempre trovare un nascondiglio e soddisfare i precoci e assillanti bisogni sessuali. Come stupirsi se lo scrittore non filtra attraverso alcun espediente retorico la sua materia incandescente, se non la riscatta con speranze, con progetti, con rivìncite come un Jules Vallès o un Gavino Ledda, se dà immediata espressione al suo odio («Se c'era qualcuno di cui desideravo la morte, quello era naturalmente mio padre») e non l'imbriglia nell'ineffabile, ironica rassegnazione («Non tutti possono essere orfani»; di un Jules Renard? Le cose della sua vita sono troppo grondanti di violenza, di scandalo, di indignazione, di amarezza, di rabbia perché le parole possano ingentilirle o debbano strumentalizzarle. Basta che le trascrivano nude e crude, ed è un miracolo che il diseredato Mohamed abbia trovato a vent'anni qualcuno — uno sbandato cacciato dal collegio perché sorpreso a bere e a fumare kif nella moschea — che gliene ha dato gli strumenti, insegnandogli a leggere e a scrivere senza insegnargli te mistificazioni e gli inganni della scrittura. Giovanni Bogliolo Mohamed Choukri, «Il pane nudo», a cura di Mario Fortunato, Edizioni Theoria, 186 pagine, 20.000 lire.