Totototò nel dizionario dei tatatà di Stefano Bartezzaghi

Totototò nel dizionario dei tatatà Continua la caccia dei lettori alle parole con sillabe ripetute tre, quattro volte di seguito Totototò nel dizionario dei tatatà STO sfogliando un dizionario che non c'è, e dato che non c'è posso permettermi di intitolarlo come voglio: sarà il Dizionario dei tatatà. Tatatà è voce riportata dallo Zingarelli: esiste in italiano e la si usa nella locuzione «tatati tatatà» per «indicare il parlare fitto e monotono di chi dice cose senza interesse». Se ne sono accorti Fabio Borsani (Verbania, NO) e Roberto Morraglia (Sanremo, IM). Sto chiamando «dizionario dei tatatà» un catalogo di parole in cui sia ripetuta per tre volte di seguito la stessa sillaba io lo stesso gruppo di due. o magari più lettere). I tatatà possono essere riportati dallo Zingarelli, come nel caso eponimo di tatatà. In questi casi si parlerà di «tatatà storico». Molti tatatà non sono storici, ma risultano da costruzioni artificiose, assemblaggi, fantasticherie lessicali. Inoltre, la ricerca di parole tatatà genera la ricerca di parole blablabla (a gruppi di tre lettere ripetuti tre volte) ; o di parole tatatatà (quadruplice ripetizione). H Dizionario dei tatatà registra alcune tra queste ipotesi estensive, ma sostanzialmente ne rifugge, paventando un affondamento irreversibile nelle paludi dell'insensatezza pappagallesca (ciribiribin e cuccuruccuccù). La lettera A propone, innanzitutto, due parole fondate sulla stessa radice: sono acchiappapapà (di Luciano Buggio, Venezia) e acchiappapapaveri (Giuliano Giunchi, Milano). Si prosegue con un bell'ariananassico («succo di frutta senza tracce di ananas-, di Inta Bertuccioni, Chavannes, Svizzera), e con due lemmi ricorrenti tra le proposte dei lettori. Il primo è antititillanti (per Varaldo, «misure atte a prevenire U solletico e la mano morta». Gli scopritori sono lo stesso Giuseppe Varaldo, Imperia; e Mario Morello, Castiglione, TO). Il secondo è antititini, -gli oppositori politici del maresciallo Tito» (Buggio; Loredana Gea, Chiavari (GEI; Morello; Pier Antonio Parisotto, Schio [VI! ). Altro termine molto frequente è arcicicisbeo (Gian Guido Caratti, Volpegno, [AL]; Buggio; Giunchi; Morello; Varaldo), che i più associano immediatamente a megagagà (Morello; Varaldo). Silvio Sinesio (Roma) propone assisti («messisi a sedere»): più un'intera serie di participi passati seguiti da particella pronominale. Altri lettori hanno proposto termini così, e in più diminutivi di parole come bagnini (bagninini) o isernìni (iserninini). Se la patatata (Guido Iazzetta, Milano; in un tatatà storico) è il colpo dato da una patata, quando la patata è americana si avrà una batataia (Gea). Sempre nello stesso ordine di idee, siamo nel regno vegetale, preferisco il cececeo di Bertuccioni (la definizione è in rima: «dove i greci tenevano i ceci»). Non male neppure il co-cocomero di Alessandro Coda (Torre d'Isola, PV). Li a Pavia si studia molto il «testo», il «contesto» è anche il «co-testo»: ci sarà interdisciplinarità tra le cattedre semiologiche e quelle di Agraria (sezione cucurbitacee). Chiuderei la lettera C su un lemma storico: -candididi» (Varaldo), che è il plurale di candidide (in dermatologia, -la reazione allergica cutanea dovuta a sensibilizzazione verso un focolaio di Candida». Se ne impara sempre una nuova). Tra alcune voci scatologiche di Morello, salverei decisa¬ mente 11 dopopopò (linea di prodotti cosmetico-farmaceutici per l'igiene intima del bambino). Registro il Fafafa che mi segnala Varaldo (dallo scrittore brasiliano Guimaraes Rosa: è un personaggio del Grande sertào); aborrisco alla Filotteteca e alla ghiaiaiatria («scienza che cura chi ha moltissimi calcoli») proposti da Bertuccioni. All'ultimo tatatà citato, oppongo l'acciaiata di Morello («venditrice al minuto di prodotti inossidabili»). Alla lettera I si trova una raffica si -ipo-»: ipopopone (Morraglia), ipopopolato (Giunchi), ipopopolaglia (Morello: sarebbe 11 «sotto-sottoproletariato», il peggio del peggio), ipopopò (Morello). Avanti. Liscia-Sciascia (Morraglia) ha una sua attualità: si dice così di un critico troppo benevolo nei confronti dell'Autore siciliano. Lo spazio stringe, e allora salto fino a rubababà (Buggio, Morraglia: «scugnizzo specializzato in furti dal pasticciere»). E' un lemma quasi-storico, poiché mi ricordo benissimo di una mia cara amica a cui era successo, a Napoli, di subire lo scippo dei pasticcini che stava consumando con una sua parente, al tavolino di una pasticceria, n furto era opera di un rapido e scaltro ragazzino, alla cui azione ben si addice, mi pare, la sveltezza del neologismo rubababà. Esistendo la cosa, non si vede perché non dovrebbe esistere anche la parola. Semimimico è in Bertuccioni, Giunchi, Morraglia; invece Morello propone semimimicry (parziale mimetismo animale; mimicry è registrato dallo Zingarelli). Sorbibibita è di Giunchi, e mi sembra una buona trovata, n perpero è un'antica moneta, da cui Varaldo trae il superperpero. E' la prima parola a gruppi di tre lettere triripetuti (gli va accostato il chachacha di Varaldo; il rabarbarbarbera di Parisotto: sarebbe un vino aromatizzato, e io prego il cielo che Gianni Mura, anagrammista enologo, non mi stia meggendo). Siamo alle pagine finali. Troviamo qui il termine eponimo: tatatà. Ma troviamo anche una sua versione priva di accento: tatata (Alessandro Coda): azione maldestra, tipica di una baby-sitter poco professionale. Ricordando vagamente 11 titolo di una trasmissione televisiva, tra me e me avevo ipotizzato tuttototò: Aldo Michelis (Ormea, CN) mi ha superato, traendo dalla memoria un gioco a premi di anni fa, svolto sulla base dei film del Principe De Curtis: ni intitolava totototò. Ragazzi, sono quattro sillabe ripetute, e mi sembra che siano surclassate in partenza le pur notevoli prove di altri lettori (tototopo, totoTorino, tototombola: cito alla rinfusa da varie lettere). A ultrarara sono arrivati assieme Buggio, Andrea Delvò (Milano), Gela, Morello. Morello, sempre stravagante, ha aggiunto un suo strarara. Gli ultimi due lemmi, i due tatatà finali, li fornisce una lettera di Emilio Curtoni (Castel San Giovanni, PC). Da Didimio (un miscuglio che è stato ritenuto, in un certo periodo, un elemento chimico delle terre rare) si arriva a vendididimio. Ma con analoga costruzione, da didimi si può arrivare a vendididimi: lo nota spiritosamente Curtoni, e se ho capito bene il significato di questo ultimo, e definitivo, tatatà, devo solo sperare che i vendididimi non pratichino prezzi stracciati. Scrivete a Tuttolibri, redazione Giochi, via Marenco 32, 10126 Torino. Stefano Bartezzaghi