Nell'Urss della perestrojka quanti libri ancora proibiti

Nell'Urss della perestrojka quanti libri ancora proibiti Intervista con Anatoli Shikman, autore di uno studio suir«indice sovietico» Nell'Urss della perestrojka quanti libri ancora proibiti MOSCA — Nell'aprile delV87, il tribunale della Repubblica autonoma di Ciuvascia condannò un uomo per -aver diffuso opere che calunniavano la realtà sovietica-, cioè «Katlavan» di Platonov e «Cuore di cane» di Bulgakov. L'imputato chiese il riesame del processo, perché quelle opere non erano più proibite, ma la risposta del tribunale fu che «nonostante tutto non c'erano motivi sufficienti» per accontentarlo. Solo una violentissima denuncia della rivista «Znamia» portò alla riapertura del caso. La condanna fu cancellata: ma l'episodio, secondo Anatoli Pavlovich Shikman. testimonia una situazione ancora non chiara, affidata spesso alle improvvisazioni o ai rancori dei burocrati di rango più o meno elevato. Shikman è autore di un brillante saggio sull'Indice dei libri proibiti in Unione Sovietica, pubblicalo dalla rivista «Sovietskala Bibliografia». La ricognizione nell'universo della censura e degli «spezkhran', i 'fondi speciali' delle biblioteche pubbliche, gli ha dato una conferma dolente, i libri maledetti esistono ancora: «Una grande quantità sono stati "liberati", ma nessuno sa quanti ancota restano nei fondi. Alla Biblioteca Lenin di Mosca, per esempio, hanno preparato il catalogo delle pubblicazioni in lingue straniere conservate negli "spezkhran". L'affidabilità di questo catalogo è però dubbia: c'è un solo libro di Roy Medvedev, pubblicato in Inghilterra, ma in Occidente sono uscite una ventina di opere sue e non posso credere che la Lenin ne abbia una sola. Un altro esempio: alla Lenin c'è il catalogo per tutti ma c'è anche il cosiddetto catalogo generale, accessibile soltanto a chi ci lavora. Nel catalogo generale c'è il 40 per cento di libri in più». — Ma cosa resta nei fondi chiusi? «E' difficile dirlo: di certo gli "spczkhraji" sono alimentati anche adesso. 1 criteri, piuttosto, sembrano cambiati: — Per esempio? -Per esempio, ministeri e organizzazioni pubblicano molte opere interessanti che finiscono però nei fondi chiusi con il timbro "per uso di servizio". Poi c'è la lette¬ ratura che rientra in una definizione molto confusa, "pornografia". Molte persone sono state condannate per aver visto videocassette "pornografiche", che erano invece capolavori del cinema mondiale. Quali garanzie abbiamo che lo stesso non succeda con i libri ?.. — Che cosa decide la sorte di un libro? "Tutto si fa secondo regole segrete, che non ho mai visto. Non sono sicuro che nei fondi chiusi non entri un numero di libri pari a quello "liberato": la politica di democratizzazione incontra molte resistenze. Nella commissione che decide quali libri far uscire dagli "spezkhran" ci sono i rappresentanti delle organizzazioni che in passato hanno condannato i libri, ma non c'è nemmeno uno studioso, nemmeno uno scrittore. nemmeno un rappresentante dell'opinione pubblica. Dove sono le garanzie che il processo è democratico?". — Quando nacquero, gli «Spezkhran»? -Al tempo di Lenin non si pubblicavano i libri sulle guardie bianche. Il Glavpolitprosvet, un'organizzazione impegnata nell 'educazione politica delle masse, tolse dalle biblioteche popolari la letteratura monarchica, fra il '18 e l'inizio degli Anni Venti. Venivano eliminati anche i libri pubblicati dopo il '17 dai partiti proibiti, dai menscevichi per esempio. Ma nelle grandi biblioteche si trovava ancora tutto. La censura vera e propria, il Glavlit, comparve nel '22». — Da quel momento le cose cambiarono radicalmente, dunque. •Non ancora: fino alla metà degli Anni Trenta nelle grandi biblioteche si poteva leggere di tutto. Fu Stalin, più tardi, a cambiare davvero le cose. Gli elenchi proibiti comparvero allora-. — Chi li preparava? •Polizia politica e Glavlit; i libri venivano distrutti e due copie finivano negli "Spezkhran", per la "storia": per poterli leggere occorreva un permesso, riservato agli studiosi; ma era molto rischioso anche per loro, spesso, cercare di ottenerlo'. — Con quali regole le si preparava, quelle liste? •Quando si arrestava qualcuno, tutto quello che aveva scritto finiva automaticamente negli elenchi speciali perché consideralo "nocivo". Spesso i libri ci finivano non perché fossero "controrivoluzionari", ma perché stampati in tipografie dal nome sospetto, per esempio intitolate a Trotzki. Ma bastava che un lettore qualunque scrivesse al Glavlit e dicesse che un certo libro era "sbaglialo". Ci furono casi ridicoli, come quello del famoso comandante militare Scrghei Kamenev, che aveva il solo torto di chiamarsi come il politico "nemico del popolo". Ma lo slogan degli "Spezkhran" era: "Meglio vigilare troppo che poco"-. — Come sono andate le cose via via negli anni? •Fino alla metà degli Anni Trenta ai fondi venivano inviati relativamente pochi libri. Poi arrivò la massa principale, fino alla "primavera" di Krusciov, quando molti furono "liberati": per quanto riguarda le opere pubblicate in Urss, rimasero proibite soltanto quelle di 33 persone, convolte nei grandi processi politici. Dopo la ca¬ duta di Krusciov una buona metà dei libri liberati tornarono nei fondi e tutto è ricominciato. Ma cifre precise non ce ne sono. Il responsabile dei fondi chiusi della biblioteca di Leningrado, Baidina, mi ha detto: "Siamo sempre un'organizzazione in cui vale il regime della segretezza"». — Tutto questo valeva anche per I periodici? •Al tempo di Stalin no. li si censurava prima, ma non li si metteva negli "spezkhran". Con Breznev le cose cambiarono, ma continuò la censura: le riviste occidentali arivavano alle biblioteche con le pagine strappate, se per esempio parlavano d'Afghanistan o dei dirigenti del Paese'. — Furono anni di particolare rigore, quelli di Breznev? • E' stato una specie di pendolo, per la censura. Ma l'essenza era sempre la stessa, mancanza di democrazia. Perfino alla biblioteca di Leningrado, dove ogni libro alleva una, due o tre stellette a seconda del rischio che rappresentava, veniva impedito di conservare opere di cremlinologia, che dovevano restare a Mosca. E' La satira della burocrazia in una scena dalla cnmmc

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