Highsmith: guardo le mosche cadere nella tela del ragno

Highsmith: guardo le mosche cadere nella tela del ragno Incontro con la giallista di «Quella dolce follia» Highsmith: guardo le mosche cadere nella tela del ragno MILANO — E allora eccola qua, il ragno che scrive delle mo-1 sche intrappolate, la misogina, la solitaria, la misantropa, la avara di sé, insomma la orgogliosissima e inafferrabile Patricia Highsmith. L'ultimo dei suoi romanzi, «Quella dolce follia" è uscito ad ottobre e la brava Paola Brambilla della Bompiani è adesso riuscita a convincerla ad apparire, a lasciarsi intervistare, a calare dalla svizzera Valle Maggia a Milano. Siede in un angolo tra muro e vetrata in un albergo del centro, vestita rigorosamente da villa in campagna o da maschietto, come volete: scarpe da tennis, calzoni bleu, camicia bianca e foulard al collo, un gilet di pelle nera coi bottoni d'argento. Sono le undici di mattina e perciò beve solo birra leggera; è snella, ha mani usate e attente, capelli corti, un bel viso da brutta intelligente. E'nata in Texas nel 1921, 6 andata ad un College per ragazze bene, poi a New York; quando uscì il suo primo libro «Sconosciuti in un treno» aveva ventotto anni e Alfred Hitchcock le telefonò per chiederle i diritti. Sceneggiatore fu Raymond Chandler ma «lui stava sulla Costa Occidentale e non l'ho mai incontrato'. Le piacciono i suoi libri? «Sì, ha scritto qualche divertente dialogo'. E di Hammett? «Ho letto qualcosa; quella sua di Los Angeles non è certo la mia atmosfera". E le donne, Ruth Rendell per esempio? «Avrò letto un paio di libri. Ha buone idee, ma forse non dovrebbe scrivere cosi tanto: il critico Julian Symonds raccomanda sempre di non scrivere troppo, e questo riguarda anche me. Ma data la differenza d'età, la Rendell ha già scritto tantissimo...». Venticinque romanzi finora (sette tradotti in film da Hitchcock, Wenders, Chabrol, Clément, Millet, Sparr; proprio sabato prossimo ce n'è uno sulla Terza Rete Rai), tanto isolamento e tanti traslochi. Dal 1963, dopo New York, il Messico, l'Inghilterra, sei mesi a Positano e tre a Roma, poi per undici anni Francia in due diversi villaggi nel folto di Fontainebleau. Adesso Aurigeno, quindici chilometri da Locamo, due gatti, una antica macchina da scrivere: «Preferisco far tutto da sola, far la spesa e lavare i piatti'; l'anno scorso una rivista ne ha pubblicato le foto a colori: non molta lu¬ ce, un edificio abbastanza triste ma il posto le piace, «te montagne non sono opprimenti, mi costruisco un giardino». Perché ha lasciato l'America per l'Europa? «Ma perché qui i parametri del vivere sono differenti, una diversa moralità, maniere diverse, in America parlano a voce alta. Sì, anche a Positano: ma li uno se lo aspetta». E perché lasciare la Francia dopo tanti anni? •Una politica troppo instabile, per esempio era diventato difficile aver conti bancari in America e Francia contemporaneamente; tanti americani se ne sono andati. Adesso con Mitterrand è un poco meglio». Cosa chiede ad un luogo? «Che sia quieto. E la Svizzera è calma, tutto è sempre eguale. Ma suppongo anche che a me piaccia cambiare: Faulkner diceva che gli bastava un poco di cibo, un poco di tabacco, un poco di alcool. «Ma si figuri. E' strano, dev'essere una frase falsa: proprio lui, con quella villa del Sud a colonne, con portico e veranda, prato e alberi. Era un uomo molto intenso, capace di guadagnarsi un premio Nobel con una macchina da scrivere ancora più vecchia della mia. Ma quella frase mi sembra falsa. Anche la mia famiglia aveva una villa così, in Alabama». Vecchia storia, questa dell'espatrio, per gli scrittori americani; si comincia con Henry James. E si re¬ sta sempre americani, dopotutto? «Emozionalmente è difficile cambiare, non lo si dà via quel passaporto. Un mio bisnonno, sa, ha combattuto fianco a fianco con Washington. E anche se è difficile, io da qui riesco a votare per le elezioni americane». Con l'editore americano, Patricia Highsmith ha rotto, dopo che aveva rifiutato un suo libro di racconti -di ordinaria misoginia». •Rendono meno, in America, i libri di novelle». Comunque la maggioranza dei suoi lettori sono europei, moltissimi in Germania, Austria, Svizzera, la sua artigiana minuzia accurata piace ai lettori di lingua tedesca. Ma adesso comincia a vender bene anche nei Paesi «inglesi», anche in Australia, in Canada. In Italia 'Quella dolce follia» è già alla seconda edizione, il suo nome è conosciuto, non c'è giornalista donna che non abbia scritto su di lei. Cos'ha letto, di italiano? •Mi pare Moravia, Malaparte...». Legge Dùrrenmatt in tedesco, «abbiamo lo stesso compleanno, lo stesso giorno in gennaio, siamo due Capncorno». Le piace seguire i suoi libri quando entrano al cinema? «Chiedo solo il primo trattamento: voglio sapere se ho.n capito la storia. Mi è capitato di dover dire di no, malgrado i soldi». Le dà noia esser stata paragonata (Graham Greene) ad un ragno che scrive delle sue mosche? • Ma no. Il ragno si costruisce la sua tela; a me interessa capire perché qualcuno si impigli, perché cade in trappola-. Qual è il proprio libro che preferisce? «La spiaggia del dubbio». A cosa lavora adesso9 •A sistemare la nuova casa. A un nuovo romanzo con Ripley-. Ripley, bisogna spiegare, è un suo personaggio famoso, un simpatico mascalzone e assassino, imbroglione e trasformista, che ha avuto molto successo. Forse è il «divino fanciullo» per la Highsmith, il suo Mercurio, l'anticapricorno, un solare, un essere del tutto libero, disinibito, senza frustrazioni né sensi di colpa, senza solitudine né avarizia, senza delusioni o rimorsi. Certo anche lui, come dice Baudelaire, ha •son gouffre, avec lui se mouvant». E' d'accordo la Highsmith che la vita è così, che il circo, lo spettacolo che cambia luogo ogni giorno recita poi ogni volta la stessa rappresentazione? La signora Patricia Highsmith pare non capire il verso di Baudelaire ma è d'accordo sul circo, la rappresentazione, lo spettacolo. Bisognerebbe osservarla con calma, con comodo e senza le domande di una rapida intervista: Ma chi potrebbe essere il ragno di un ragno, almeno senza pericolo? Claudio Savonuzzi Patricia Highsmith