Le sirene di Maria Corti non cantano più nella terra desolata di Lorenzo Mondo

Le sirene di Maria Corti non cantano più nella terra desolata II romanzo della scrittrice, dal mito alla realtà di oggi Le sirene di Maria Corti non cantano più nella terra desolata NON è la prima volta che Maria Corti ha sentito cantare le sirene della narrativa, aveva già alle sue spalle tre libri variamente atteggiati, in forma di oratorio sacro ("L'ora di tutti»), di grottesco referto di costume (-11 ballo dei sapienti»), di viaggio alla scoperta dell'America e del moderno («Voci dal Nord Est-). Ma ora, con maggiore ambizione e più forte coinvolgimento personale, affronta il tema della seduzione intellettuale e della stessa creatività, sviluppando da una metafora incrostata di madrepore culturali una narrazione acuminata e polivalente, -Il canto delle sirene». Parlo di polivalenza pensando, prima ancora che ai contenuti, alla struttura e ai diversi registri stilistici del libro. Si parte con un largo movimento che introduce al mito attraverso una ricostruzione storicofilologica dalla quale affiorano, insieme alle interpretazioni, impertinenti e ironiche sottolineature, come se l'autrice esitasse e volesse cautelarsi contro una fascinazione così possessiva applicandosi alle orecchie metaforici tappi di cera. Ecco allora !'origine delle sirene, che sono le giovani compagne di Proserpina: ma quando la dea viene rapita da Plutone si trasformano — per subitaneo incantamento — in uccelli rapaci dalla testa di donna, ai quali viene concesso il aono funesto della conoscenza. Gli arditi naviganti che passeranno sotto le rocce del capo Peloro dove stanno appollaiate, saranno trascinati negli abissi del mare, realizzando nella morte il massimo della conoscenza. -Si, perché se per caso un uomo intende per un momento solo un pensiero divino. così com'è, non gli resta che precipitarsi in un eremo o fuggire lontano in luoghi sconosciuti o andare afondo, per l'appunto, sotto gli occhi di una o più sirene». n messaggio archetipico connesso alle sirene è proprio quello dell'insostenibile presenza di Dio, di fronte alla quale l'uomo si impietra e perde le sue sembianze come le ninfe all'apparizione improvvisa di Pluto- ne, rapitore di Proserpina. Solo Orfeo riesce a scampare, con la forza diversiva della sua cetra, solo Ulisse, che però serberà nostalgia di quel canto e andrà a morire, non più legato all'albero della sua nave, oltre le colonne d'Ercole. Sulla iniziale disposizione Uluministica a controllare il mito, a corroderlo, vince alla fine, nelle pagine di Maria Corti, un più pensoso e severo abbandono: «...t piaceri della mente vengono da zone di ombre oscure, sono come lucide sinfonie con echi sinistri, hanno il dono di uccidere sema ricorso alle armi»; -...l'intuizione della verità non dura più di un attimo; il resto è postilla, commento». Questo ronzio inquieto trova maggiore accentuazione nei brani in cui le sirene prendono a dialogare tra di loro, senza più mediazioni. Simili alle parche, posano sui roccioni siculi, discorrono dei misteriosi poteri ricevuti dal Fato, compatiscono e irridono il destino dell'uomo, rimpiangono le primitive fattezze e già sentono in sé i fremiti del mutamento che le porterà, in altri evi, a sci¬ volare tra le onde con la coda di pesce. Vengono in mente le -Operette morali» di Leopardi, e anche i -Dialoghi con Leucò» di Pavese, là dove sono più soffusi di umano struggimento nell'apprensione del divino. L'idea è davvero splendida, e si impone con forza suggestiva anche nei successivi snodi. Con l'ingresso nei tempi storici infatti, le sirene assumono spoglie sempre più «secolarizzate» e rarefatte, diventano creazioni della mente. Anche se tornano rivestite di classicità in capitoli alterni che istituiscono una specie di reticolo, di viluppo unificante. Intanto, eccoci trapassare, in un episodio del romanzo, al Medioevo della penisola salentina dove il pittore Basilio cerca invano di incontrare le sirene: spingendosi in barca sotto le rocce del Malpasso riesce appena a cogliere un'eco di melodie perdute. La seduzione nascerà allora in Basilio, attraverso le opere di chi ha fatto in tempo a sentire le donne del mare, attraverso la lunga catena di artisti in cui si realizza per tentativi e accrescimenti il cammino della conoscenza: 1 pittori dell'Haghia Sofia nei cenobi bizantini, i ceramisti della Orecia classica e, più giù, i crittogrammi lasciati dai primitivi nelle grotte visitate dalle acque. Non è un caso che, per ammirarli, Basilio incontri il destino di Ulisse. * * Del racconti incastonati nel romanzo, questo sulle sirene perdute è forse il più complesso e seducente. Poi precipitiamo nell'Ottocento, in una luce delicata di favola nordica, dove la sirenetta imprigionata dai ghiacci in un fiordo versa nell'animo di un giovane flautista il desiderio dell'arte, del successo, dell'avventura nel vasto mondo. Ma anche nella Lombardia più prosaica dei nostri giorni, inquinata di fumi e rumori, può scoccare l'antico richiamo. Sazia delle carte aride e dei nomi morti rimossi in biblioteca, una giovane filologa che, tra l'altro, si è ridotta a riempire di citazioni colte i discorsi più ordinari, scopre con allegria che in lei comincia a soffiare lo spirito della creazione letteraria. Quasi a confronto e sfida con il suo uomo, che è un fisico. Mi pare che qui si annunci in modo allusivo il timbro dell'ultimo capitolo. Dove le sirene, che sono ormai demoni invisibili, registrano e commentano il nuovissimo travaglio del mondo: con il livellamento degli uomini verso il basso, la natura avvelenata nell'intero pianeta, la presunzione degli scienziati che non sembrano in grado di scongiurare future catastrofi, il tramonto della poesia e delle sue inattaccabili verità. Con tratto ancora una volta leopardiano, le tre sirene allacciano le loro mani per danzare intomo al mondo la «danza dell'insignificanza», la sola che si convenga a una resa ironica e mimica della terra desolata, di una umanità per la quale forse non vale più la pena cantare. Olà lo sapeva, lo temeva Eliot: -Ho udito le sirene cantare l'uno all'altra. - Non credo che canteranno per me. Le ho viste al largo cavalcare l'onde...». Lorenzo Mondo Maria Corti: «Il canto delle sirene», Bompiani, 188 pagine, 20.000 lire. Mi Magritte: «L'invention Collectivc».(1935), part Magritte: «L'invention Collectivc».(1935), part

Persone citate: Fato, Magritte, Maria Corti, Pavese

Luoghi citati: America, Lombardia