Hollywood vede nero

Hollywood vede nero Successo per i divi di colore, da Murphy a Jackson Hollywood vede nero Difficile capire, nell'entusiasmo montante da Hollywood per i divi dal colore nero, le esatte componenti della miscela di anticonformismo e di banalità. I due poli di queste concezioni si chiamano Eddie Murphy e Michael Jackson. Eddie Murphy, comico da milioni di dollari, non perde un colpo sotto la maschera sghignazzante e la mimica aggressiva. Uscito dalla televisione dove ha imposto il tipo della propria bellezza fisica, da sempre scrive personalmente i caratteri e le battute che lo riguardano. In Nudo e crudo ha rinunciato ai fondamentali del cinema per rendere testimonianza d'un linguaggio e d'una schermaglia che soli gli competono. Non era più il bonaccione di Una poltrona per due o il castigamatti di Un piedipiatti a Beverly Hills. Si comportava a modo suo da semiologo dando lezioni di struttura dello spettacolo e di spezzettamento degli ef¬ fetti. Qual era il rischio di una simile impuntata? Il rischio di tornare indietro di mezzo secolo, quando ai negri si assegnavano le parti di menestrello. In Via col vento un Oscar premiava per la prima volta un interprete di colore attraverso il riconoscimento alla -Mammy- di Hattie McDaniel, pittoresca e cara ai bianchi. Nel dopoguerra Sidney Poitier denunciava il razzismo scontrandosi in epici combattimenti d'attore con divi quali Tony Curtis o Rod Steiger. Da un'eternità il jazz offriva a musical e drammi il colore della sua colonna sonora (Louis Armstrong, Duke Ellington, Miles Davis). Eddie Murphy pretende di essere diverso affrontando criticamente la propria gente e le altrui convenzioni. In Nudo e crudo dileggia chi ipocritamente riconosce al negro un aspetto piacente — e i labbroni, non sono labbroni questi? — e soprattutto si avventa contro quanti subiscono un processo d'impallidimento pur di piacere, li trattamento va inteso alla lettera per Michael Jackson, il quale in Moonwalker aspira alla carica di Peter Pan ex negro. E si estende addirittura alla sorella La Toya Jackson, non giovanissima ma splendida, capace d'investire i fraterni capitali in una serie di operazioni e di scoloriture che la rendono uguale a Michael. Sull'onda del fantasioso -piedipiatti» suo principale, il regista di Nudo e crudo Peter Townsend ha girato con Hollywood Shuffle la maligna vicenda di un entertainer, da alcuni accusato di essere troppo negro e troppo spinto, da altri di essere troppo poco negro e troppo poco spinto. Finirà con l'accettare un impegno da travet a differenza del suo creatore Townsend, il quale ha ricevuto da Samuel Goldwyn jr un incredibile assegno da un milione di dollari per terminare le riprese. Queste e altre intramon- tabili considerazioni (contrasti d'uso tra bianchi violenti e neri cafoni, da II colore viola a Mississippi Burning) lasciano la via aperta a un dubbio. Forse all'interno della grande industria dello spettacolo anche le stars di colore occupano un posto prestabilito dagl'interessi della produzione. C'è infatti spazio per ognuno a Hollywood, purché «faccia» e non «sia» un vero rivoluzionario, un vero malparlante, un vero tiratardi. Così Danny Glover in Arma letale propone un classico padre di famiglia integrato nella polizia e nella mentalità. Richard Pryor, bruciato dagl'incidenti e dalle droghe, preferisce i modesti rischi della tv e non ha più fatto niente dopo Chi più spende... più guadagna. Whoopi Goldberg, al di là di Il colore viola, dileggia la propria corporatura robusta e in seguito recita, né più né meno che Velma Middleton negli Anni 60 in duo con l'ultimo stanco Armstrong. Forse solo le regìe di Spike Lee, poche per ora, si pongono al di fuori del sistema. Attenzione perché tra il classico personaggio bianco di Rambo e il tradizionale personaggio nero di Sambo esiste non solo la rima ma un'identificazione commerciale. Piero Perona Eddic Murphy in «Il principe cerca moglie»

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