Torino negli anni spietati
Torino negli anni spietati UN LIBRO DI DINO SANLORENZO: TERRORISMO E RETROSCENA Torino negli anni spietati TORINO — Mercoledì, ore 18, Palazzo Lascaris, il libro Gli anni spietati di Dino Sanlorenzo sarà presentato da Adriano Bianchi, Luigi Cattaneo, Giorgio La Malfa, Maurizio Laudi, Luciano Marengo, Maurizio Puddu, Angelo Rossa e Giancarlo Caselli. Un rapido sguardo alla storia più recente delle democrazie industriali consente di rilevare come il terrorismo politico di sinistra non sia un fenomeno soprattutto italiano. Ma è proprio nel nostro Paese che si sono avute le capacità offensive di maggiore entità e più durature nel tempo. Per anni, sulle vicende delle organizzazioni clandestine vi è stato (se si eccettua la cronaca dei fatti di sangue e delle operazioni di polizia) un silenzio imbarazzato o negligente. Poi, ecco concentrarsi l'attenzione dei media e degli intellettuali sugli «anni di piombo». Si è così formata una prima bibliografia sul terrorismo rosso in Italia, con vari saggi su oggetti specifici: in particolare le radici ideologiche della lotta armata; le vite dei militanti delle diverse formazioni clandestine; ma anche le condizioni istituzionali che possono facilitare l'emergere della violenza e le interazioni politiche nelle città in cui il fenomeno si è più sviluppato. Questa bibliografia si arricchisce ora di un rilevante contributo: Dino Sanlorenzo ha scritto (con la collaborazione di Ezio Rondolini) una ricostruzione documentata ed efficace degli anni del terrorismo a Torino, intrecciandovi riflessioni etico-politiche assai importanti per comprendere i fatti e i loro protagonisti. Soprattutto quelli, spesso oscuri ma essenziali, che consentirono alla democrazia di continuare a reggere nonostante l'incalzare dell'attacco eversivo: decidendo «di fare qualcosa contro il terrorismo nelle fabbriche, nelle scuole, nelle case, nelle strade». Il libro Gli anni spietati 1972/1982 (Edizioni Associate) non è però una storia soltanto locale. Torino fu una delle città-laboratorio per l'incubazione delle «Brigate rosse» e segnò poi anche le prime irreversibili sconfitte delle Br e il crollo verticale di «Prima linea», divenute frattanto emergenze nazionali. Anche per questi motivi (come scrive nella prefazione Luciano Violante) dal libro di Sanlorenzo «emerge un pezzo di storia nazionale, con tutte le sue contraddizioni, i suoi coraggi, le sue debolezze». Storia sulla quale «è necessario oggi riflettere a mente fredda perché la rimozione non aiuta e' anzi può favorire, come qualche volta è avvenuto, micidiali confusioni». H racconto di Sanlorenzo si snoda interessante e completo, con una speciale attenzione a quel che accadde alla Fiat, «perché lì fu portato un attacco che se avesse avuto successo avrebbe provocato conseguenze ancor più tragiche di quelle che abbiamo conosciuto». La drammatica rievocazione delle più gravi azioni terroristiche, culminate — sul finire del 1977 — con l'assassinio del vicedirettore di La Stampa Carlo Casalegno, s'intreccia con la denunzia degli iniziali ritardi che avevano caratterizzato certa sinistra e anche alcuni settori del pei: fermi a una visione schematica delle vicende degli Anni Settanta «che portava a identificare un solo nemico della democrazia nella slrate- già della tensione», mentre «i terroristi rossi, ammesso che fossero veramente tali», erano sottovalutati come «gruppetti marginali». Attenta è l'analisi delle deficienze a volta a volta riscontrabili negli apparati dello Stato (specie quando si collochi sullo sfondo l'assenza di una reale strategia di intervento). Rievocate con particolare intensità (Sanlorenzo ne fu diretto protagonista) sono le successive fasi della mobilitazione popolare che portò all'isolamento dei terroristi: fino a quando, dopo «anni dì lotta, di dibattiti laceranti, di sacrifici», riuscì a dispiegarsi «una reazione politica e pratica, efficace e adeguata». Nel momento stesso in cui «non mancarono feroci calcoli e manovre politiche di cui i terroristi furono lo strumento più o meno consapevole». Così il libro si inserisce nelle ricorrenti polemiche sul cosiddetto uso politico del terrorismo: argomento che Sanlorenzo affronta, come del resto è sua abitudine da sempre, in ogni circostanza, con voce alta e chiara. Sorprendenti e di straordinario interesse sono infine : capitoli dedicati ai viaggi dei politici torinesi a Roma, per suggerire misure concrete, basate su analisi precise, al «distratto mondo della capitale», che ancora sembrava considerare il brigatismo come una specie di nebulosa lontana. Insomma: un libro davvero da segnalare. Anche per chi quei tempi non li visse e voglia oggi capire come nacque, come si sviluppò e come fu combattuta «la più grave minaccia che la democrazia italiana abbia conosciuto dopo la Liberazione». Gian Carlo Caselli
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