Tower astemio non convince

Tower astemio non convince Il giuramento in tv non basta a fermare lo scandalo Tower astemio non convince La Casa Bianca: «E' stata una sua iniziativa, non siamo stati avvisati» - C'è chi ha interpretato la spettacolare promessa come un gesto d'arroganza ■ Cinque senatori repubblicani: «Voteremo contro» NOSTRO SERVIZIO WASHINGTON — -Prometto e giuro che, se confermato, durante il mio incarico di ministro della Difesa non consumerò bevande alcoliche di nessun tipo, compresi vino, birra e qualsiasi altra cosa». La dichiarazione solenne di John Tower, letta domenica mattina negli studi della Abc, davanti ai tre sorpresi giornalisti che si accingevano a intervistarlo (c'era anche il «cattivissimo» Sam Donaldson), ha suscitato qualche dubbio ai commentatori americani. Per alcuni, infatti, si è trattato di un gesto che nasconde una pretesa di umorismo, quasi un modo di irridere al fatto che il «problema alcol» sia così moralisticamente diventato la questione principale di una cosa ben più importante come la nomina del ministro della Difesa. In definitiva, quindi, una prova ulteriore dell'arroganza di Tower. Per altri, invece, si è trattato dell'estremo tentativo di aggiustare le cose, in vista del voto con cui l'intero Senato, domani o giovedì, dovrà confermare o rovesciare la decisione della Commissione Difesa, che venerdì scorso ha detto «no» a Tower. U «lavoro» per conquistare la maggioranza dei senatori, infatti, va piuttosto male. Secondo i calcoli che lo stesso Tower, il vicepresidente Dan Quayle e il capo dei senatori repubblicani Robert Dole avevano fatto, l'obiettivo da raggiungere era quello di trovare almeno cinque democratici disposti a votare diversamente dai loro colleghi di partito. Aggiunto a quello dei quarantacinque repubblicani, dato per sicuro, il loro voto avrebbe decretato una situazione di parità e a quel punto il parere decisivo sarebbe stato quello del vicepresidente Quayle, che di diritto è presidente del Senato. Ma era un calcolo sbagliato. I repubblicani sicuri, infatti, non sono più quarantacinque ma quaranta. Cinque di loro, fra domenica e ieri, hanno fatto sapere che non intendono votare in favore della nomina di Tower. Ed essendo state, le loro dichiarazioni, pubbliche e motivate, è estremamente difficile che possano rimangiarsele. I democratici «traditori» da trovare, a questo punto, non sono più cinque ma dieci, e la possibilità di ottenere un risultato del genere è considerata estremamente problematica. Oggi, primo giorno in cui George Bush sarà di nuovo a Washington, è previsto un incontro alla Casa Bianca con nove senatori democratici considerati «incerti». Sono tutti conservatori, più un «liberal», Christopher Dodd, che ha un vecchio debito di riconoscenza nei confronti di Tower. Nessuno sperava che il colloquio con Bush riuscisse a portarli tutti dalla parte di Tower, ma la speranza di convincere almeno cinque di loro era tutt'altro che campata in aria. Ora invece, con i cinque repubblicani che lo hanno abbandonato, Tower non potrà contare su un voto favorevole neppure se Bush, impreve¬ dibilmente, dovesse convincere tutti i nove democratici con cui discuterà oggi. Di fronte a questa oscura prospettiva, Tower ha deciso di giocare la carta del giuramento solenne. -E' stata una sua idea», ha detto al New York Times un funzionario della Casa Bianca. «JVot non glielo abbiamo consigliato". E quanto a Fred McClure, l'uomo incaricato dal presidente Bush di mantenere i rapporti con il Congresso, ha detto di non essere stato informato dell'intenzione di Tower di fare il pubblico giuramento e di non averlo neanche visto alla televisione domenica mattina. «In quel momento ero a Messa», ha detto un po' sornione. Poi, una volta vista la trasmissione registrata, si è compiaciuto con Tower per la sua autodifesa «piuttosto vigorosa". In pratica, gli unici a conoscere in anticipo il giuramento che Tower si accingeva a fare davanti alle telecamere della Abc sono stati il ministro dei Trasporti Samuel Skinner e il medi¬ co del Congresso William Narva. Ma non perché Tower si sia rivolto a loro per chiedere consiglio, bensì perché essendo le sole due persone che conosceva al Jefferson Hotel di Washington, dove alloggia, li ha chiamati come testimoni ed ha firmato il documento davanti a loro. Difficile dire se questo significhi che alla Casa Bianca non si vede di buon occhio l'iniziativa, quasi un inizio di «separazione dei destini». Certo è che alcuni dei senatori repubblicani «dissidenti», nell'annunciare il loro voto contrario, hanno anche detto che a questo punto Tower dovrebbe rinunciare alla propria candidatura per togliere il presidente Bush dall'imbai^izo. Nella sua intervista televisiva Tower non ha escluso la possibilità di ritirarsi, ma soltanto nel caso in cui «mi convincessi di costituire un serio imbarazzo per l'amministrazione". E' il presidente, insomma, che deve dirgli di ritirarsi, e non altri. e. st.

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