Tobey, arte come fantastica dolcezza totale

Tobey, arte come fantastica dolcezza totale PITTURA E GRAFICA A MENDRISIO RILANCIANO UNA FIGURA TRA LE PIÙ' ALTE DEL SECOLO Tobey, arte come fantastica dolcezza totale MENDRISIO — NegU ultimi decenni, il Canton Ticino luganese e locarnese ha assistito, in parallelo con l'arricchimento degli spazi museali ed espositivi d'una Lugano già ricca di una solida tradizione, a una bella fioritura di strutture e iniziative anche negli altri centri maggiori, come Locamo, e minori, come Ascona e Mendrisio. Questa fioritura si è basata da un lato su ricognizioni molto serie e ben strutturate di figure e fenomeni delle avanguardie del nostro secolo — indubbiamente legate a ricche presenze e spesso rifugi fra le due guerre e oltre in queste terre, sentite e vissute come libere e ricche finestre aperte verso il calore meridionale — e dall'altro su ottimi recuperi funzionali di edifici ricchi di dignità storico-artistica locale. Questa «politica culturale» reca ovunque l'impronta del connubio fra la ricchezza e l'indipendenza, l'apertura intellettuale «laica» dello spirito civico e comunitario elvetico e l'orgogliosa ricerca di una identità culturale sovrannazionale fra il Nord tedesco e i grandi centri dell'Italia settentrionale. In concreto, se noi scorriamo le iniziative espositive di questi centri ticinesi, ci colpisce, accanto alla loro serietà scientifica, la loro indipendenza dall'affannoso spirito saturnino, autodivoratore delle «mode» dell'arte contemporanea. In questo senso, mi appa- re esemplare la mostra organizzata nel Museo d'arte Mendrisio, allocato in un vecchio convento, dedicata fino al 2 aprile allo statunitense Mark Tobey (18901976), vissuto a Basilea negli ultimi sedici anni, mostra che sarà poi trasferita al Folkwang di Essen, uno dei più prestigiosi musei di arte contemporanea: una settantina di dipinti nelle raffinatissime tecniche predilette da Tobey, rivaleggianti con quelle di Klee, e una cinquantina di incisioni, altrettanto raffinate, da collezioni private svizzere e tedesche, fra cui la Thysscn, e dalla Galleria e collezione Beyeler di Basilea (con Ernst e Hildy Beyeler Tobey ebbe un rapporto amicale ben al di là di quello fra artista e mercante). E' un caso tipico di superamento di mode e fortune transeunti: Tobey, gran premio alla Biennale del 1958, per l'immediato dopoguerra europeo (a sessant'anni, con trent'anni di attività di pittore e docente a Seattle sul Pacifico, con il fondamentale viaggio nel 1934 in Cina e Giappone dove scopre la filosofia, la cultura, l'arte Zen, avendo già aderito da anni alla comunità Baha'i) apparve, per disinformazione, uno dei massimi esponenti dell'«action painting» accanto a Pollock, Rothko, Kllne. In realtà, accanto alla sua peculiare consonanza e amore per l'arte-scrittura» Zen, affine, già fra le due guerre, al grande tedesco Bissier, la sua arte era assai più vicina al ceppo europeo di Klee, di Feininger — di cui fu amico dagli Anni 40 —, poi anche di Wols e di Dubuffet, pur nel contrasto radicale fra la sua armonia spirituale, nello stesso tempo intima e sublime, e la materia di angoscia esistenziale degli ultimi due. Proprio per questo, il suo influsso suir«informale» eu¬ ropeo degli Anni 50 e 60 fu profondo e fondamentale: e sempre per questo, le nuove mode di linguaggio e di cultura lo allontanarono nel tempo e quasi nel silenzio. Nella recente Pittura contemporanea di Flavio Caroli, Tobey non esiste. Salvo una mostra nel 1984 alla National Gallery di Washington, le ultime grandi antologiche europee (Amsterdam-BernaDusseldorf) e americane (New York, Whitney; Cincinnati; Washington), ancora lui vivente, sono scalate fra la fine degli Anni 60 e i primi Anni 70. Dalla mostra, pur centrata fondamentalmente sull'ultima fase della pittura 19501970 e sulla tarda, fantastica attività grafica sempre più «orientale» del 1970-75, emerge una delle figure più alte in assoluto del nostro secolo, sia formalmente sia, e ancor più, spiritualmente. La fantastica dolcezza «totale», cosmica del suo spazio cromatico, lentamente pulsante dai margini della finestra visiva fino ad una profondità illimitata, indefinitamente cangiante nei toni solari o notturni, è vibrata e vitalizzata dall'intrico segnico e gestuale della sua tipica microscrittura. Essa racchiude in sé una straordinaria, incomparabile coscienza dell'indistinzione universale fra vita dei sensi umani e vita organica della natura: coscienza intellettiva, estetica, musicale e intuizione spiri¬ tuale sono veramente tutt'uno in Tobey. Il bel catalogo trilingue, italiano, tedesco, inglese, presenta anche Pensieri pubblicati in più occasioni dal pittore: il rapporto con l'opera, quale ci si presenta all'occhio e allo spirito, è in genere metaforico, ma profondo e non fittizio o intellettualistico. "Io so molto poco di quella che in generale viene chiamata arte "astratta". L'astrazione pura comporterebbe uno stile di pittura che non ha niente a che fare con la vita, cosa die io non posso accettare-. -Sempre in movimento — i filosofi greci ritenevano che fosse la cosa essenziale per l'anima — ho tentato di strappare dalle meraviglie del cosmo alcuni frammenti di quella bellezza che troviamo nella sterminata varietà della vita». E ancora: -La dimensione significativa per chi è attivo artisticamente è il suo spazio interiore. Questo spazio dentro di noi è mollo più vicino all'infinito che non lo spazio intorno a noi». -Il nostro spirito è un cielo notturno: -Tutti noi siamo onde dello stesso mare». -Ho cercato allora di vivere, tramite la pittura, le sensazioni dell'erba mossa dal vento, del grano ondeggiante. Per ottenere gli impulsi ritmici ho dovuto dar forma al dipinto servendomi di un fitto intreccio di linee». -E' la natura che va a caccia dell'artista, non il contrario». Marco Rosei Mark Tobey: «La danse» (1962), in mostra a Mendrisio